inv RICERCA 
inv
inv
rinascita.Info
inv
inv
L'EUROPA, UNA VOLONTÀ UNICA, FORMIDABILE, CAPACE DI PERSEGUIRE UNO SCOPO PER MIGLIAIA DI ANNI. NIETZSCHE
inv
inv
inv
inv
PAGINA PRINCIPALE > ACCESSO :: LIBERO
inv
Mondo
inv

La piovra delle multinazionali nei Balcani: le branch

invia
Martedì 16 Settembre 2008 – 18:01 – Michele Altamura stampa



L’ingresso nei nuovi mercati da sfruttare avviene spesso attraverso le cosiddette “branch”. Dopo aver lucrato fino al limite, quando il mercato di consumo è divenuto ormai sterile la filiale viene chiusa , gli utili vengono incassati dalla casa madre attraverso scatole cinesi, mentre le perdite restano a nome della branch che ha dichiarato il fallimento. Questo accade per le multinazionali, per gli istituti bancari, per la grande distribuzione, cioè per tutto ciò che il mercato del consumo offre. Grazie al loro forte potere economico e ad una struttura reticolare studiata per evitare il tracciamento delle transazioni, tali gruppi economici riescono a sopravvivere senza regole o principi, essendo al di sopra degli stessi organi locali, e al fianco delle istituzioni internazionali.
Come è ormai noto, il sistema economico, essendo stratificato in base alle quote di mercato possedute, è prevalentemente controllato dalle cosiddette corporation. I gruppi multinazionali riescono infatti a decidere la soglia della sostenibilità economica per le piccole e medie imprese ed interi popoli, avendo le dimensioni e le risorse per fronteggiare o addirittura a causare una crisi, se questa può tradursi in un’opportunità per conquistare un mercato o sbaragliare dei concorrenti. Questo tipo di strategie sono frequenti in mercati in via di sviluppo, tormentati da crisi politiche e spesso resi vulnerabili da conflitti e destabilizzazioni molto gravi
Un processo di “appropriazione” che ha avuto origine proprio con le pressioni sugli Stati ad effettuare le privatizzazioni, per spostare nelle mani dei privati quelle ricchezze che prima erano amministrate sulla base di un sistema economico socialista. Per tale motivo sono state create le organizzazioni non governative (Ong) finanziate da entità a loro volta collegate al Congresso americano e alle istituzioni sovranazionali economiche, che hanno insegnato ai funzionari di governo il processo di privatizzazione. Ogni evento è divenuto infatti un’ottima occasione per alimentare la propaganda, tramite media appositamente creati ex novo oppure attraverso consulenti di “fama internazionale” per dispensare lezioni su come portare avanti il capitalismo competitivo. Nel 1996, la Banca Mondiale ha varato un programma per portare la privatizzazione in Albania, in Bosnia Erzegovina, in Macedonia, in Romania e in Bulgaria, che hanno ospitato vere e proprie sedi amministrative del Fmi, i cui consulenti svolgono la funzione di controllori all’interno delle politiche del lavoro, dello sfruttamento delle risorse naturali e di selezione degli investitori esteri.
Il più delle volte l’ingresso nel nuovo mercato da sfruttare avviene attraverso le cosiddette “branch”, che vengono collocate nell’area interessata per “spremere” dal territorio quanti più utili possibili, fino all’esaurimento.
Quando il mercato è divenuto ormai sterile viene chiusa la filiale creata per tale scopo, gli utili vengono incassati dalla casa madre attraverso un giro di scatole cinesi, mentre le perdite restano a nome della branch che ha dichiarato il fallimento. Questo accade per le multinazionali, per gli istituti bancari, per la grande distribuzione, cioè per tutto ciò che il mercato del consumo offre. Basti pensare allo scandalo delle piramidi finanziarie in Albania, dove società di finanziamento e di credito raccolsero ingenti quantità di denaro presso i risparmiatori albanesi, attraverso delle semplici agenzie. Nel 1997 molte di loro cominciarono a dichiarare fallimento, disperdendo il denaro all’interno dei circuiti bancari e finanziari dei fondi di investimento che avevano alle spalle. È ovvio dunque che, grazie al loro forte potere economico e ad una struttura reticolare studiata per evitare il tracciamento delle transazioni, tali gruppi economici riescono a sopravvivere senza regole o principi, essendo al di sopra degli stessi organi locali, e al fianco delle istituzioni internazionali. Quando infatti firmano un contratto a 90 giorni è chiaro che pagheranno a 120 oppure a 160, perché con il loro apparato burocratico, riescono a prolungare a dismisura i tempi per i procedimenti e i ricorsi, la cui risoluzione appare ad un orizzonte quanto meno lontano.
La loro presenza comincia a divenire così integrata all’interno del territorio, da divenire invisibili e inarrivabili, grazie al potete filtro attuato dalla branch locale. Questa infatti riesce a creare la lobby sviando dalla casa madre ogni danneggiamento di immagine o economico, come dei veri e propri fusibili. Quando una branch fallisce, i responsabili affermando che vi è stata “un’aggressione economica”, una “sopravvalutazione del mercato”, una “ostilità da parte dei governi locali”, qualsiasi cosa pur di non nominare la parola “fallimento”.
Perché nessuno promuove delle contestazioni mirate? Ma soprattutto perché non si va alla radice del problema, in un contesto in cui tutto accade sotto la supervisione della Commissione europea e dei suoi comitati di esperti? Occorre infatti riflettere sul fatto che le negoziazioni per i processi di integrazione, i road map per la ratifica dell’Accordo di associazione e stabilizzazione, e dunque le misure da prendere, vengono decise dalla Commissione europea sulla base della consulenza dei comitati di esperti. Questi, composti da professori, consulenti privati e dirigenti di grandi società, forniscono un parere più o meno vincolante sui progetti, sulle decisioni e sulle direttive, nonché sulle strategie di politica economica. I rapporti da essi redatti hanno una forte influenza sul parere della Commissione europea, il cui potere è incontrastabile, considerando che detiene il potere esecutivo e legislativo, al contrario del Parlamento europeo che ha solo un potere consultativo e propositivo.
Come si può notare, il potere economico delle multinazionali si estende ben oltre la semplice influenza sul mercato, avendo insinuato i suoi tentacoli nelle strutture politiche che reggono il destino di quei Paesi che aspirano ad entrare in un mercato comunitario che non li riconoscerà mai come membri.

inv
inv archivio :: abbonati :: inv
inv invinv^ inv
inv
In Primo Piano :: libero
continua :: libero ::
inv
Gli ultimi 5 titoli :: libero
prima pagina ::
inv
Gli ultimi 5 titoli :: abbonati
  • Prossimamente
continua :: abbonati ::
inv inv inv
inv
inv
© rinascita soc. coop. ed. a r.l. - 2002–'07
inv
inv invinv
inv
inv
inv