Il federalismo fiscale resterà fuori dall’ordine del gionro del CdM di oggi, ma si parlerà ugulamente dell’argomento a Palazzo Chigi; un primo giro di tavolo, come si suol dire, tanto per permettere a Bossi di presentarsi davanti al popolo leghista, venerdì sul Monviso e domenica a Venezia, con l'ulteriore rassicurazione in tasca che "il federalismo si farà". Il leader del Carroccio è del resto tornato a fare la voce grossa affermando, ieri mattina, che “il presidente del Consiglio sa bene che l'unica alternativa al federalismo è la secessione”. Secessione, una parola grossa che Bossi non pronunciava da tempo, almeno dalla formazione del nuovo governo. Una parola talmente grossa da essere generalmente considerata esagerata, assurda e per questo non pericolosa, insomma una “bossata” e niente più, come il milione di doppiette che il senatur sarebbe pronto a schierare ed altra roba del genere. Invece bisogna aver paura di questa parola, soprattutto se pronunciata in relazione ad una riforma, il federalismo fiscale, che potrebbe rappresentare proprio l’anticamera della disgregazione dello Stato nazionale. Da oltre sessanta anni hanno fatto di tutto per soffocare il sentimento di patria tra gli italiani ed è fatale che ora prenda il sopravvento l’egoismo rispetto alla doverosa solidarietà tra comunità dello stesso popolo. Ed è proprio l’egoismo la spinta verso il federalismo, non certo l’anelito di libertà dei “nordisti” vagheggiato dagli esponenti leghisti. Preoccupa poi il peso elettorale del Carroccio che spinge il centrodestra verso un accordo a tutti i costi ed ancor di più preoccupa l’opposizione di latta che certamente farà una sinistra che per cultura propria è del tutto priva del concetto di nazione. Per questi motivi siamo certi che alla fine il pastrocchio si farà. Ipotizziamo però, per un momento, che la ragione nazionale scenda sul parlamento e che il federalismo degli egoismi non si faccia: ci sarà veramente qualcuno capace di dichiarare unilateralmente la secessione? Continuando in questa fantapolitica (almeno speriamo che sia tale), ipotizziamo che una o più regioni dichiarino l’indipendenza da Roma: l’Italia, che ha mandato soldati un po’ dappertutto nelle missioni di democrazia export, sarà capace di reimporre, anche con la forza, la sua legittima sovranità? Oppure ci sarà qualcuno, gli stessi che da sempre operano per disgregare l’Europa, che farà sentire la sua influenza sul nostro governo, che si affretterà a chiedere referendum, magari riconoscendo subito le “nuove entità”? La parola secessione non dovrebbe nemmeno far parte del vocabolario di un ministro della repubblica e Berlusconi dovrebbe essere chiaro, una volta e per sempre, con i suoi alleati, mentre il centrosinsitra dovrebbe smettere di scherzare col fuoco nella segreta speranza di attuare un ribaltone di antica memoria: sull’Italia, una e indivisibile, non si scherza.
|