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Un fallimento che vogliono in molti

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Sabato 13 Settembre 2008 – 14:44 – Andrea Angelini stampa
Un fallimento che vogliono in molti



Il dubbio che sorge dopo aver esaminato gli ultimi sviluppi del caso Alitalia, con la rottura ieri mattina della trattative tra i sindacati, i vertici di Alitalia e quelli di Cai, è che si sia trattato di una sceneggiata. Se infatti i sindacati avevano dovuto accettare i cinquemila esuberi previsti (tra licenziamenti e prepensionamenti) non potevano però ingoiare le nuove condizioni contrattuali offerte ai potenziali dipendenti dalla nuova Compagnia aerea italiana che si era impegnata a prendere in mano la parte sana di Alitalia e rilanciare il traffico aereo nel nostro Paese. Infatti i nuovi contratti proposti da Cai prevedevano l’azzeramento di tutti i vecchi contratti, l’introduzione della mobilità territoriale per il personale, l’introduzione del salario di prestazione, l’eliminazione dei servizi di trasporto per il personale, l’eliminazione della quattordicesima e del servizio di mensa. La sceneggiata sta quindi nel fatto che i 16 soci della Cai, amici della politica, che per adesso hanno versato 10 mila euro a testa, per poi investire complessivamente un miliardo, puntavano probabilmente fin dall’inizio al fallimento di Alitalia per il quale ci sono tutte le condizioni, sia quelle di fatto che quelle richieste dalle normativa specifica. Infatti la dichiarazione dello stato di insolvenza, la premessa del fallimento, è già stata ratificata dal tribunale di Roma con il deposito della relativa sentenza in cancelleria. Una richiesta di fallimento da parte del commissario straordinario, Augusto Fantozzi, verrebbe accolta in pochi giorni. Fantozzi allo stesso tempo impugnerebbe tutti i contratti di lavoro in essere e avvierebbe le procedure per la mobilità, ossia per i licenziamenti. E a quel punto circa 18 mila dipendenti di Alitalia si troverebbero per strada. Fantozzi dovrebbe poi mettere in vendita, per fare cassa e pagare i creditori, tutte le attività di Alitalia, immobili e aerei compresi. E dovrebbe soprattutto restituire all’Enac (Ente nazionale aviazione civile) i diritti di volo (gli slot) attualmente assegnati alla nostra ex compagnia di bandiera. L’Enac li metterebbe all’asta e chiunque, la nuova Cai o anche Air France-Klm o Lufthansa, potrebbe comprarli. Se tanto ci dà tanto, è più logico che siano comprati da Cai che, dopo la rottura delle trattative, avrebbe maggiori se non immensi spazi di manovra. La nuova società, che ingloberà le parti sane di AirOne, potrebbe infatti assumere una buona parte degli ex dipendenti Alitalia alle proprie condizioni e imporre contratti di lavoro decisamente meno onerosi per lei rispetto a quelli della ex compagnia di bandiera. In tal modo la Cai potrebbe coprire una fetta del mercato interno decisamente superiore al 60% mentre per le rotte internazionali tornerà utile una integrazione con un grande gruppo estero che potrebbe essere Lufthansa. O addirittura Air France-Klm sulla quale però Berlusconi aveva posto il veto perché Parigi voleva trasformare Alitalia in una sua propaggine regionali e alimentare i propri voli intercontinentali con i voli di “feederaggio” provenienti dall’Italia. Con il risultato che il nostro Paese non sarebbe stato teatro di collegamenti intercontinentali diretti con i prevedibili catastrofici effetti per il nostro traffico turistico e per quello commerciale. A tutto vantaggio delle località e delle merci francesi. C’è da chiedersi quindi che senso ha avuto l’inclusione di Air France-Klm tra i potenziali nuovi soci di Cai, seppure con una quota di minoranza. La rottura delle trattative e il pericolo di un fallimento con i circa 18 mila dipendenti licenziati ha spinto in serata i nove sindacati coinvolti a cercare un accordo condiviso in extremis per evitare il peggio. E questo aver ottenuto dal governo “l’impegno a tenere le bocce ferme” ossia a bloccare Fantozzi e impedirgli di recarsi in tribunale per compiere l’irreparabile. Resta la realtà di una trattativa difficile da gestire e da risolvere in quanto investe tre diverse categorie, piloti, assistenti di volo e personale di terra, ognuno con le proprie specificità e con i propri diritti acquisiti e ben poco disposte a rinunciarvi, sia pure andando a lavorare in una nuova società. “Non ci si rende conto della drammaticità della situazione Alitalia e della necessità di una profonda discontinuità rispetto al passato che il piano di salvataggio richiede”, avevano ammonito, o minacciato che sia, i dirigenti di Cai. L’azienda aveva chiesto di ripartire dal contratto proposto, mentre i sindacati avevano replicato di voler far riferimento solamente al contratto nazionale.

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