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Le tre carte di Berlusconi

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Venerdi 5 Settembre 2008 – 14:46 – Paolo Emiliani stampa
Le tre carte di Berlusconi

Tra le tante promesse elettorali di Berlusconi c’era pure il salvataggio di Alitalia, sottratta in extremis al forse mortale abbraccio di Air France. La compagnia di bandiera italiana deve restare in mani italiane, sosteneva allora il Cavaliere, facendo intendere di avere tra le mani una cordata di imprenditori, ovviamente tricolore, pronta a rilevare l’azienda in crisi e rilanciarla nel mercato del trasporto aereo mondiale. La soluzione infine trovata da Berlusconi non è però così brillante e risolutiva come promesso; in compenso è però giunta quasi fuori tempo massimo, a pochi giorni dalla bancarotta ed in pratica con pochissimi margini di trattativa. Intanto la cordata è diretta da quel ragionier Colaninno (padre del rampantissimo neo deputato Pd) che ha già dato pessima prova di sé nell’acquisizione e poi nella disgregazione di Telecom, altra perla italiana sacrificata sull’altare ultraliberista. Insomma non un industriale vero e proprio ma più un finanziere pronto a rilevare, spacchettare e rivendere secondo la regola del profitto, altro che pubblica utilità. Inoltre prevede che gli “eletti”, ovvero gli imprenditori facenti parte della famosa cordata, rilevino solo la parte “sana” di Alitalia, quella che cioè fa utile, trasferendo tutto il resto in una “bad company” da avviare al macero insieme ai lavoratori. Dieci, forse quindicimila “esuberi” che verranno di fatto prepensionati utilizzando tre anni di Cig e quattro di mobilità, in pratica aggravando i conti dell’Inps, proprio quando si chiede ai lavoratori di rimanere in servizio oltre i 65 anni. Travisando poi il senso stesso dell’istituto della mobilità che non nasce certo per questo scopo, ma questa non è una novità: proprio Colaninno usò lo stesso strumento in modo analogo in Telecom.
Un gruppo di imprenditori, di fatto apolidi come tutti i manovratori del mercato globale, ed una verniciatina di bianco rosso e verde sugli aerei non potranno mai trasformare una compagnia privata in compagnia di bandiera, non potranno sostituire la logica del profitto con quella della pubblica utilità, ma il fatto è che probabilmente non potranno nemmeno bastare a se stessi ed alla fine rientrerà in ballo quel famoso “operatore straniero” che potrebbe in ultima analisi essere proprio il binomio Air France-KLM.
Lo Stato doveva intervenire direttamente, senza coinvolgere affaristi di qualsiasi genere, ma questo è vietato dalle regole dell’Europa delle banche. Quantomeno però Berlusconi doveva imporre a Colaninno e company di acquisire l’intera Alitalia e senza possibilità di futuri spacchettamenti. Ora sarebbe fin troppo facile cedere tratte internazionali importanti, facendo cassa, per poi magari rivendere il giocattolo, ridotto a vettore locale, ad un altro soggetto interessato ad un piccolo mercato.
La speranza è che i sindacati non si facciano prendere troppo in giro, certo è che sono chiamati a trattare con una pistola puntata alla testa. Non si capisce poi l’opposizione del Pd a questa soluzione: lo stile è quello loro e Colaninno non è certo estraneo a D’Alema e compagni. Speriamo poi di non dover vedere presto anche campagne di rottamazione in favore dei motorini, ulteriore premio per Colaninno, che è anche il signor Piaggio.
Dopo il danno sarebbe anche la beffa.

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