Il presidente boliviano Evo Morales ha definito l’ambasciatore statunitense a La Paz, Philip Goldberg (nella foto), “persona non gradita”.
Accusato di cospirare contro il governo e di aver incoraggiato il separatismo dei prefetti della cosiddetta “Mezzaluna”, Goldberg verrà così espulso dal Paese.
“Chiedo al ministro degli Esteri (David Choquehuanca) di comunicare al diplomatico questa decisione e di invitarlo a lasciare il suo incarico al più presto: non vogliamo gente separatista, divisionista, che cospira contro l’unità e la democrazia della Bolivia”, ha dichiarato Morales.
Il rappresentante degli Usa in Bolivia, da tempo nel mirino del governo di La Paz, si era infatti incontrato con i governatori delle regioni che si oppongono a Morales, Santa Cruz, Tarija, Beni e Pando. Incontri che La Paz giudica inopportuni, visto lo stato di fortissima tensione che regna nel paese, proprio come conseguenza delle frizioni tra il governo centrale e le regioni “ribelli”.
Le proteste contro il governo negli ultimi giorni hanno fatto registrare attacchi alle infrastrutture energetiche e scontri. Il governo ha denunciato un attentato contro un gasdotto, che ha causato la diminuzione del 10 per cento nell’invio di gas al Brasile, attribuendo l’attacco a gruppi “paramilitari”, organizzati da forze dell’opposizione. Le proteste, concentrate soprattutto nella provincia di Santa Cruz, reclamano la restituzione di un’imposta sugli idrocarburi, che Morales vuole destinare a chi ha più di 60 anni. I settori sociali vicini al presidente boliviano (gli indigeni, i campesinos e i cocaleros) hanno dato avvio a una serie di misure di pressione contro le regioni autonomiste, con i blocco di una strada verso la capitale Santa Cruz che potrebbe durare - dicono i leader dei collettivi sociali – più di un mese.
Ricordando la carriera di Goldberg, Morales si è soffermato sulla partecipazione del diplomatico alla separazione del Kosovo. “Tra il 1994 e il 1996 è stato capo dell’ufficio del Dipartimento di Stato per la Bosnia durante la guerra separatista dei Balcani. Poi tra gli anni 2004 e 2006 fu mandato in Kosovo per consolidare la separazione e l’indipendenza di quella regione, lasciando migliaia di morti”, ha detto il presidente boliviano.
Washington ha subito ribattuto che le accuse nei confronti dell’ambasciatore sono “senza fondamento” definendole un errore, che rischia di provocare “seri danni” alle relazioni fra i due Paesi.
Solidarietà a Morales è giunta invece dal presidente venezuelano Hugo Chavez, il quale ha fatto sapere che l’omologo boliviano si trova “a dover contrastare un’offensiva delle forze imperialiste che utilizzano i gruppi paramilitari per mettere in moto un tentativo di golpe”, la stessa offensiva che fu adottata contro il suo governo nel 2002.
Anche il Brasile ha dato il proprio appoggio al presidente boliviano, definendo gli episodi di cui sono state protagoniste forze di opposizione al governo “atti di grave sfida delle istituzioni e dell’ordine legale”.
Ad una settimana dall’allarme lanciato dal presidente boliviano circa il tentativo di golpe messo in atto dai prefetti autonomisti, rimane ancora alta la tensione nel Paese. Malgrado la fermezza nelle decisioni di Morales, il rischio è che gli Usa possano adottare ulteriori misure di destabilizzazione, così da portare la Bolivia al collasso con tutte le conseguenze che ne deriverebbero.