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L'oro nero, dono e condanna della Nigeria

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Venerdi 12 Settembre 2008 – 14:55 – Francesca Dessì stampa
L'oro nero, dono e condanna della Nigeria

Il consiglio dei ministri della Nigeria ha riassettato l’organizzazione delle strutture di governo, attraverso la creazione di sei ministeri e in particolare un dicastero che si occuperà dello sviluppo economico del Delta del Niger, il cuore petrolifero del Paese. La manovra prevede la costituzione di ben 42 ministeri, e, soprattutto, la scissione del mistero dell’Energia in due rami diversi, uno per il petrolio e uno per l’energia. Le modifiche fanno parte di un piano si ristrutturazione voluto dal presidente Umaru Yar’Adua per garantire “una maggiore flessibilità ed efficacia politica”. Il presidente ha, infatti, più volte, sostenuto che la normalizzazione e lo sviluppo economico del Delta sono una priorità del governo. Una dichiarazione che si contrappone alla triste realtà della regione, caratterizzata da un alto tasso di disoccupazione ed estrema povertà. Sono anni, infatti, che la comunità del Delta denuncia la corruzione delle amministrazioni nigeriane e lo sfruttamento delle grandi potenze, che hanno spogliato la regione delle proprie risorse, senza offrire alcun benessere in cambio.
Di risposta, il Movimento per l’emancipazione del Delta ha accolto con “preoccupazione” l’annuncio del governo nigeriano di istituire un ministero del Delta del Niger. Lo afferma Jomo Gbomo, portavoce dell’organizzazione, in un messaggio di posta elettronica inviato ai principali organi di informazione.
Nel documento si legge che “la popolazione della regione dovrebbe ricevere quest’ultima pietanza con preoccupazione e non consentire che gli oltre cinque decenni di inedia governino le nostre emozioni, dal momento che non è la prima volta che simili offerte ‘gustose’sono servite alla regione, dalla fine degli anni Cinquanta a oggi”.
“Creare un ministero”, ha aggiunto Gbomo, “non equivale all’arrivo del tanto atteso messia. La Nigeria ha in vita ministeri di oltre 40 anni che non hanno avuto un impatto positivo sulla popolazione. Sarà ancora un’altra strada per la corruzione e i favoritismi politici”. E’, infatti, difficile che la situazione possa mutare. Troppi interessi ruotano intorno allo stato nigeriano, primo produttore di petrolio del continente africano, ma anche settimo esportatore mondiale. La Nigeria, è una delle zone del mondo più ricche di idrocarburi, con riserve di petrolio pari a 32 miliardi di barili nonché quinto fornitore di greggio degli Stati Uniti. Non solo. Negli anni, l’oro nero nigeriano ha riscosso l’interesse di molte illustri potenze.
Dopo essere stato corteggiato da Cina, India, Brasile, Russia, Europa e Usa, negli ultimi mesi, ora interessa anche all’Iran, che ha intessuto rapporti con la Nigeria promettendo cooperazione commerciale, politica e nucleare.
Un accordo siglato la scorsa settimana ad Abuja, durante gli incontri della commissione irano-nigeriana, prevede infatti la cessione alla Nigeria di tecnologia nucleare ad uso civile per la produzione di elettricità, senza alcuna implicazione militare. Nonostante ciò, la nuova “amicizia” tra il governo di Abuja e Teheran, ha suscitato l’allarmismo della Casa Bianca e del Vecchio Continente. Gli Stati Uniti non vogliono vedere la Nigeria cadere tra le braccia di Ahmadinejad. Non solo. Washington non può permettersi di perdere l’esclusiva con Abuja per non dover dipendere energeticamente dal Medio Oriente.
Gli Stati Uniti, infatti, prevedono di importare, entro la fine del prossimo decennio, il 25 percento del proprio fabbisogno petrolifero proprio dal Golfo di Guinea. Un progetto in cui la Nigeria ha un ruolo da protagonista, essendo il primo esportatore di greggio dell’Africa sub-sahariana. In cambio, l’amministrazione statunitense ha promesso di fornire mezzi e addestramento all’esercito nigeriano, impegnato nella lotta contro i guerriglieri del Delta del Niger, che chiedono la spartizione dei proventi del petrolio per migliorare le condizioni della popolazione nigeriana.
La Nigeria, purtroppo, non può permettersi di non assecondare le lusinghe internazionali.
La regione nigeriana è in grado di produrre poco più di un sesto del proprio fabbisogno di energia elettrica. Senza raffinerie per poter lavorare il petrolio, il Paese ha un disperato bisogno di elettricità per sviluppare il proprio settore industriale, finito in rovina come quello agricolo. E visto che l’assistenza dei Paesi occidentali si ferma a semplici parole, la Nigeria è costretta ad accettare le offerte, tutt’altro che disinteressate, che arrivano da più parti. Una debolezza che fa gola ma che pure preoccupa Stati Uniti ed Europa, perché la Nigeria non fa distinzione tra “buoni e i cattivi” dello scacchiere mondiale. Lo dimostra il nuovo accordo commerciale da due miliardi e mezzo di dollari siglato la scorsa settimana tra la russa Gazprom e la compagnia petrolifera nazionale nigeriana. Dopo quasi 18 anni di assenza, anche Mosca è infatti tornata alla conquista del continente, siglando una serie di accordi di fornitura energetica e militare con Marocco, Libia e Algeria.
Così gli Stati Uniti devono continuare a preoccuparsi dell’espansione economica russa, mentre l’Europa sa bene di essere dipendente da Mosca per le forniture di energia. E il recente progetto della Gazprom, la costruzione di un gasdotto che dal Delta del Niger arrivi al Mediterraneo, attraversando il Sahara scavalcherebbe il Vecchio Continente in quello che dovrebbe essere un rapporto privilegiato con l’Africa attraverso il Mediterraneo.
La Nigeria si rivela fondamentale in questo scacchiere geopolitico ed geoeconomico. E il petrolio diventa così un dono e una condanna nello stesso tempo. Perché la Nigeria è un Paese povero e debole politicamente, le cui risorse vengono e verranno depredate senza scrupoli da altre Nazioni, in cui si arricchisce una minoranza locale corrotta. Sullo sfondo la popolazione nigeriana condannata alla miseria più assoluta.

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