L’idea di costruire il Nuovo Museo Nazionale del Principato di Monaco che accoglierà le opere già esistenti e quelle che si uniranno per integrare la collezione in progress che, entro il 2008, costituirà finalmente il Museo nazionale, prevede un concorso internazionale per permettere di erigere una sede che anche nella sua forma architettonica si adegui al territorio, rispettando l’ambiente sociologico urbano ed abbia la dignità che simile ambiente esige. Con questa intenzione si è cominciato ad esporre una mostra che, in nuce, presenti al pubblico parte delle opere che attualmente costituiscono il patrimonio artistico del Principato che con quelle che saranno acquisite, realizzerà al progetto di costruire un museo nazionale delle arti del XXI secolo. L’esposizione, che è già stata presentata a Monaco dal 16 Dicembre 2004 al 6 marzo 2005, è ora allestita nelle sale dello storico Palazzo Ruspoli di Roma ove rimarrà fino al 10 febbraio 2006. Si divide in sezioni delle quali la prima mostra, fra gli altri, un quadro di Claude Monet, Gabr iele Basilico, Emmanuel Costa, Liu Ming, Joseph Mallord William Turner, Maurice Utrillo e William Wild e alcuni di Manfredi Nicoletti che riguardano il territorio con immagini che mostrano il Principato prima e dopo lo sviluppo che ne ha fatto uno Stato moderno con maestosi palazzi che coprono i 2 Kmq. della sua superficie evidenziando le sue bellezze naturali e quelle che la civiltà, con le sue esigenze, hanno favorito. La seconda esprime capolavori dell’arte moderna con opere anche di Raoul Dufy che usava indipendentemente qualunque tecnica pur di raggiungere lo scopo della pittura, Leonard Foujita, Andrè Lothe, Alberto Magnelli, nella cui opera lo spazio si allarga invadendo la scena, Henri-Charles Manguin, che pur ricordandosi di Cèzanne dimostra una personalità di grande valore pittorico, un raro Francis Picabia prima della sua adesione alla corrente Dadaista, Philippe Sers con la sua donna che affronta la precarietà della vita nella desolazione serotina di un bar di periferia, Paul Signac, grande nel suo stile conciso che evidenzia le sue doti percettive anche negli acquerelli, Maurice de Vlaminck della cui pittura qualcuno ha scritto che è una pittura da bracconiere perchè pur di dipingere dal vero una veduta del mare in tempesta affrontava imperterrito la burrasca senza indietreggiare. Poi i vari dipinti, chine e acquerelli di Van Dongen del quale Apollinaire scrive: “Questo colorista ha per primo ricavato dalla illuminazione elettrica un potente bagliore e l’ha aggiunto alle sfumature. Ne risulta una ebbrezza, un abbaglio, una vibrazione e il colore pur conservando una straordinaria individualità si estasia, si esalta, plana, impallidisce, svanisce senza che lo oscuri il solo pensiero dell’ombra” che sanzionano così le ragioni per le quali Van Dongen sia così rappresentato nella mostra che peraltro non è avara di capolavori di alto prestigio. Segue la sezione che riguarda il teatro di Montecarlo nel quale risalta la figura del milanese Alphonse Visconti, notevole pittore scenico, che si era formato a Parigi alla scuola di Puvis de Chavannes, che lavorò per trent’anni per il teatro di Montecarlo ove profuse la sua arte estetica ereditata da Meyerbeer e divenne famoso per avere dipinto nelle sue scene i luoghi e le epoche dei libretti d’opera.con esplosioni di architetture barocche incentrate su suggestivi tromp-l’oeil. A lui si accosta Eugène Frey che rinnova le scenografie con proiezioni luminose frutto della sua preparazione di ingegnere elettrico ed ottico. Con queste permetteva i rapidi cambiamenti di scena che i vari luoghi ove si svolgeva l’azione, esigevano. La metafora del doppio nei corpi degli attori a seconda dei costumi che indossano costituisce la valenza artistica da Konstantin Korovine che insieme a Man Ray, Christian Bèrard, Pablo Picasso, Balthus che dice “Ogni tela l’ho vissuta come un passo in più sul grande cammino senza fine della conoscenza e poi Alexandre Alexseieff con le sue incisioni all’acquatinta o all’’acquaforte che creavano un mondo misterioso ed i cui costumi di scena mostravano più che l’esteriore la psicologia dei personaggi, completa la sezione del teatro. Segue la parte che riguarda i Balletti russi e l’Avanguardia con opere di Lèon Bakst che se all’apparenza sembrano copie di antichi quadri sono invece sue interpretazioni che ripropongono lo spirito del tempo; seguono il bel pastello di Valentine Gross, i costumi di genere futurista di Serge Tchekhonine, l’astrazione di Lothar Schreyer e la ricostruzione scenica di Andrè Derain. In Arte Contemporanea incontriamo una varietà di opere che vanno da quelle di Valerio Adami a Lous Cane, a Salvador Dalì, a Jan Fabre, da Lucio Fontana a Paolo Gioli, a George Mathieu, a Gina Pane, fino a Ernest Pignon-Ernest, a Kazuo Shiragha, a Takis, ad Andy Warhol, attraverso altri artisti di non minore talento. Una mostra questa che non si esaurisce sui muri del Palazzo che la contiene ma prosegue come su di un Teatro con la scena finale che imngentilisce il tutto e lo astrae dalla sua funzione espositiva, immergendolo in quella poetica teatrale che è il movente della mostra stessa. Le opere di quest’ultima sezione sono di alto valore artistico e conferiscono alla raccolta quell’alone di sapienza di scelta che non appare nelle altre un po’ raccogliticce anche se con notevoli lavori di grandi artisti del passato più recente. L’inizio, se questo può dirsi tale, lascia intravedere quanto è nella mente dei coordinatori del futuro Museo ma crediamo non lasci loro molto spazio per muoversi in quanto seguire questa traccia, senz’altro molto profonda, non sarà semplice nè agevole. Se le premesse saranno realizzate senza flessioni il Museo nazionale di Montecarlo diverrà meta di studio per tanti amatori d’arte e studiosi di quella del secolo che viviamo.