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L'inverno in galleria

| Giovedì 22 Dicembre 2005 - 13:44 | Gianni Franceschetti |

La Galleria Nazionale d’Arte Moderna e Contemporanea di Roma presenta durante la stagione invernale, e per la prima volta al pubblico, un nucleo significativo degli ambienti realizzati dagli artisti del Gruppo T (Milano 1959) Giovanni Anceschi, Davide Boriani, Gianni Colombo, Gabriele De Vecchi e Grazia Varisco, negli anni Sessanta quali Miriorama 1, Nuove tendenze, Lo spazio dell’immagine, La XXXV Biennale di Venezia, Vitalità del negativo nell’arte italiana e un cospicuo gruppo di opere cinevisuali e programmate. La mostra, per la specificità dei lavori e la difficoltà di raccoglierli in un unico ambito allestito allo scopo di poterli gustare nella loro integrità, rimarrà aperta fino al 1° Maggio 2006.
Già Carlo Giulio Argan scriveva: “ Si spostano i termini del pericoloso dilemma di massa e individuo; al termine Individuo si sostituisce il termine Gruppo: non arbitrariamente. Il pericolo della situazione attuale consiste nel fatto che molto spesso invece della socialità si predica e difende la Non-socialità, la solitudine della persona. Ma il singolo è disperatamente solo nel deserto, disperatamente solo nella folla.E’ l’individuo già spogliato di ogni interesse e attitudine sociale, disarmato, preparato ad essere inghiottito dalla massa: ecco perchè le correnti artistiche che vanno in cerca di indizi e di sintomi, e si limitano a constatare con indifferenza, o magari a denunciare con ira la situazione, ci appaiono, sul piano morale e politico, pericolosamente rassegnate e già, di fatto alienate. Chi voglia difendere la libera attività dell’individuo dalla inerzia torpida e letale della massa deve riflettere, anzitutto, che la qualità fondamentale della persona umana è la capacità, la volontà, di mettersi in relazione, di associarsi ad altri per un fine comune, di coordinare la propria azione all’altrui, di fare gruppo, infine, di costruire una società che trovi nel proprio dinamismo interno l’impulso a superarsi e progredire. Non si dimentiche che la massa, o chi la dirige e la sfrutta, è sempre indulgente e perfino generosa col solitario, quand’anche ribelle; ma teme il gruppo organico e impegnato, detesta la comunità organizzata per un fine creativo, odia mortalmente la società in movimento”.
Ecco le ragioni per le quali gli artisti hanno formato il Gruppo T: mettere in comune le esperienze dei singoli senza però annullarne la presenza ma soltanto per avere vicendevolmente quell’appoggio morale che è necessario per vivere in una società che, pur pensando al futuro non lo cerca nè tanto meno opera per indicare la via di quel superamento del passato che possa significare qualcosa di propositivo, in un mondo in cui l’arte vegeta all’ombra di un grande quanto felice passato. Non quindi negazione dell’individuo ma apporto alla sua scelta e aiuto nell’indirizzarla sempre al miglior fine.
L’ambiente eccezionale nel quale vengono presentate le opere e la loro peculiarità, che significa una svolta nell’arte conseguita dagli artisti del Gruppo T, danno modo di ammirare, se non di capire, esperienze che hanno inciso profondamente sulla concezione artistica di lavori che hanno aperto nuovi orizzonti alle espressioni dell’animo ed alla manualità che comportano, nella modifica dell’ambiente e dell’importanza degli interventi, meccanici e non, sulla percezione degli sviluppi futuri.
A questa mostra esplosiva per la sua attualità e per la peculiarità degli elaborati si affianca, fino al 12 febbraio 2006, quella dei Surrealisti scelti con cura tra le Collezioni della Galleria, poche in verità e non tutte aderenti al tema, ma che evidenziano quanto il Surrealismo sia stato vivo anche negli anni del dopoguerra. Vi sono opere di Corrado Cagli, Bruno Capacci, Fabrizio Clerici, Guido Biasi, Sergio Dangelo, Gianni Dova, Lucio Del Pezzo, Aldo Pagliacci, Ugo Sterpini, Giacinto Scelsi che è anche musicista e compositore, Eliseo Mattiacci, Felice Ludovisi, Alberto Martini, Guelfo, Gustavo Foppiani, Giordano Falzoni, Enrico Baj, Bona, Mario Guido Dal Monte e Serge Brignoni. Una minicarellata nel ventesimo secolo per gustare la fantasia ed i sogni di alcuni tra i migliori surrealisti dell’epoca.
Una vera novità la costituisce l’altra importante mostra nella quale viene mostrata una scelta di opere di Domenico Morelli (Napoli 1826 – 1901), conservate, per ragioni di spazio, nei depositi della Galleria Nazionale conseguente all’invio dei maggiori dipinti dell’artista a Napoli per la mostra monografica allestita per il centenario della morte di Morelli del quale la Galleria romana, come ben sa chi la frequenta, conserva il cospicuo numero di settanta opere di eccellente qualità.
L’esposizione, che rimarrà aperta fino al 12 febbraio 2006, comunque nutrita, evidenzia una personalità di tutto rilievo nell’ambito della pittura ottocentesca che anche nelle tele minori mostra il suo amore per il colore col quale soffonde di sentimento il suo spiccato romanticismo e la sua sapienza letteraria e storica con la quale racconta squarci importanti di vita e ritratti di personaggi che hanno inciso sull’ambiente nel quale hanno operato.
Di particolare importanza, a lato dei dipinti, sono esposti grandi disegni di Morelli che mostrano quanto il segno e il disegno siano stati congeniali e privilegiati nella sua avventura artistica.
L’inverno concede al visitatore la possibilità di percorrere tappe importanti della storia dell’arte partendo dall’Ottocento e arrivando ad oggi tramite esemplari di opere che traducono in immagini le aspirazioni e le tendenze di momenti diversi ma che inferiscono magicamente sulla vita civile ed artistica di due secoli.
Gianni Franceschetti

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