inv RICERCA 
inv
inv
rinascita.Info
inv
inv
L'EUROPA, UNA VOLONTÀ UNICA, FORMIDABILE, CAPACE DI PERSEGUIRE UNO SCOPO PER MIGLIAIA DI ANNI. NIETZSCHE
inv
inv
inv
inv
PAGINA PRINCIPALE > ACCESSO :: LIBERO
inv
Primo Piano
inv

La crisi del '29 e il buon governo

invia
Martedì 30 Settembre 2008 – 12:38 – Paolo Emiliani stampa
La crisi del '29 e il buon governo

La crisi finanziaria, già esplosa da qualche tempo negli Usa, sta bussando alle porte dell’Europa. Ieri Wall Street ha vissuto un’altra giornata nerissima. Immediato il contraccolpo in Europa dove cominciano ad arrivare i primi crack. Il Benelux è intervenuto con 11 miliardi di euro per salvare Fortis mentre persistono forti difficoltà per Dexia, Roskilde e Hypo Real Estate.
Piazza Affari non poteva restare fuori dalla bufera ed ha lasciato sul campo circa il 4% con tutti i titoli bancari in caduta libera (Unicredit ha perso il 10,3%, poi sospeso al ribasso, Bpm il 7,5% e Intesa il 4,6%) mentre intanto Citigroup si è comprato Wachovia.
Un fantasma aleggia sempre più su tutti i mercati finanziari del pianeta ed è quello della crisi del 1929. Anzi peggiore, perché la globalizzazione del mercato e la facilità con la quale ora viaggiano le informazioni potrebbero scatenare ondate di panico nei risparmiatori tali da spazzare via l’intero sistema in poche ore in tutto il mondo.
Proprio la crisi del ’29 dovrebbe però darci alcuni importanti insegnamenti.
Ora come allora la causa sta, almeno in parte, nella perdita di contatto tra realtà industriale e speculazione finanziaria. Allora fu la voglia di speculazione azionaria tra i piccoli risparmiatori a drogare i prezzi delle azioni; il loro valore in pratica saliva a prescindere dal valore industriale ma solo in base alle leggi della domanda e dell’offerta. Una bolla speculativa che logicamente ad un certo punto esplose.
Adesso la colpa è in gran parte nella virtualità del mondo finanziario fondato su prodotti “derivati”, sulla scommessa continua fatta su “quel che sarà”, con enormi ricchezze virtuali che si muovono da una parte all’altra del pianeta senza che dietro ci sia alcuna ricchezza materiale.
Solamente dopo tutto questo c’è la crisi dei mutui, figlia di un sistema nel quale chi eroga il prestito non si preoccupa della solvibilità del debitore, perché cede immediatamente ad altri il credito: più alto è il rischio maggiore è il profitto che si pensa di ricavare.
Tornando al 1929, quella crisi coinvolse quasi tutto il mondo generando schiere di poveri disperati. Quasi, non tutto. Una piccola nazione, una nazione relativamente giovane e senza ricche colonie da depredare per far quadrare i conti non solo non fu toccata dalla crisi ma vide in quegli anni un nuovo splendore economico. E non si trattava nemmeno di una nazione fortemente industrializzata ma anzi ancora fortemente legata all’economia dei campi. Quella nazione è l’Italia.
La felice intuizione del governo italiano di allora fu semplice, ma efficacissima. L’Italia avviò in quegli anni importanti opere pubbliche (le bonifiche pontine, la fondazione di intere città, la costruzione di importanti infrastrutture come ferrovie, strade e autostrade, ponti, nuove industrie): in questo modo l’Italia non conobbe disoccupazione ed a fronte delle nuove ricchezze poté emettere nuova moneta senza creare inflazione, anzi la lira arrivò a sfiorare la parità con la sterlina.
Questa ricetta valida allora sarebbe ancor oggi miracolosa, tanto è vero che nella patria del capitalismo, gli Usa, qualcuno comincia a predicare (ed attuare) l’intervento pubblico in alcuni comparti strategici. Anche in Francia o in Germania si comincia a guardare al “modello italiano”, ma proprio in Italia si continua invece a privatizzare in nome di un liberismo sempre più stolto ed autolesionistico.
Qualche voce in verità si è sentita anche da noi, quella di Tremonti per esempio, ma bisogna fare presto e ci vuole coraggio per imboccare decisamente al contrario la strada intrapresa dagli ultimi governi. Ci dispiace poi non sentire alcuna proposta in tal senso da un’opposizione (teoricamente di sinistra) che sembra invece persino più liberista del governo.
Il bivio è dietro l’angolo: da una parte c’è il socialismo (almeno un po’), dall’altra la miseria, la disoccupazione, la crisi profonda.

inv
Commenti ( 0 )
inv
inv archivio :: abbonati :: inv
inv invinv^ inv
inv
In Primo Piano :: libero
continua :: libero ::
inv
Gli ultimi 5 titoli :: libero
prima pagina ::
inv
Gli ultimi 5 titoli :: abbonati
  • Prossimamente
continua :: abbonati ::
inv inv inv
inv
inv
© rinascita soc. coop. ed. a r.l. - 2002–'07
inv
inv invinv
inv
inv
inv