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Contro la crisi puntare sull’innovazione

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Venerdi 24 Aprile 2009 – 15:39 – Filippo Ghira stampa
Contro la crisi puntare sull’innovazione



Sparge ottimismo sul futuro il Rapporto della Banca d’Italia incentrato sulle tendenze riscontrabili all’interno del sistema produttivo italiano. Gli esperti di Via Nazionale prevedono infatti che le imprese italiane usciranno dalla crisi economica più forti di prima pur dovendo affrontare scenari che renderanno difficile e più onerosa tale uscita a causa di una accresciuta pressione competitiva sulle produzioni nazionali. Essa verrò determinata da diversi fattori. Sia quelli economici legati alla globalizzazione e all’innovazione tecnologica, in altre parole quindi inciderà la concorrenza proveniente da quei Paesi, come la Cina, i cui prodotti si possono avvantaggiare di un costo del lavoro insignificante rispetto al nostro. Ci sono poi i fattori collegati ad una diversa regolamentazione dei mercati, a causa della privatizzazione e della liberalizzazione dei servizi, che in Italia, lascia intendere Via Nazionale, lasciano ancora molto a desiderare e che dovrebbero semmai vedere allargata la propria area di applicazione. Peseranno infine quei fattori dipendenti da fattori politici o istituzionale come il mercato unico europeo e il sistema della moneta unica. La Banca d’Italia non appare particolarmente preoccupata da queste pressioni che anzi per molte imprese italiane potrebbero rappresentare uno stimolo, come hanno già fatto, per miglioramenti di efficienza del sistema produttivo. E qui Via Nazionale resta fedele a se stessa quando afferma che “effetti positivi in termini di produttività e di occupazione sono anche seguiti alle liberalizzazioni realizzate di recente in Italia”. Insomma, liberalizzate e il futuro sarà radioso. Per gli esperti di Draghi, ad esempio, se il settore dei servizi pubblici (acqua, gas ed elettricità) fosse caratterizzato da una maggiore contendibilità, cioè se ci fossero presenti più operatori, questo “consentirebbe di ridurre le rendite monopolistiche, a vantaggio dei consumatori e delle imprese utilizzatrici”. Eni ed Enel regolatevi!

Più efficienza in azienda
In buona sostanza comunque, questa rinnovata spinta alla concorrenza determina una riallocazione delle risorse dalle imprese meno produttive a quelle più produttive, e tale tendenza comporta guadagni in termini di efficienza a fronte dello stesso livello di produttività aziendale. Anche se poi tale meccanismo finisce per buttare fuori dal mercato parecchie imprese. Il mercato globale e le pressioni competitive impongono quindi alle imprese che sono più esposte di mutare la propria strategia, di ristrutturarsi e di divenire più efficienti. La politica economica del governo deve essere di conseguenza indirizzata a favorire i miglioramenti di efficienza tenendo conto della rilevante eterogeneità di risultati che esiste tra imprese, anche all’interno dello stesso settore. Via Nazionale considera quindi “giustificati” tutti gli interventi pubblici che favoriscano la ricerca, l’innovazione e l’adozione di nuove tecnologie. Il tutto ovviamente in funzione dell’internazionalizzazione e della conquista di nuovi mercati.

Le famiglie cedano
il controllo delle imprese
Il governo dovrebbe anche adottare misure che spingano ed incoraggino le imprese ad accrescere la loro dimensione, superando una visione “restrittiva” del controllo familiare. Una canzone già sentita quella dei Draghi boys che insiste nel mettere sotto accusa come inadeguato ai tempi il modello economico imprenditoriale nazionale. Lo stesso basato sull’imprenditore autore dell’innovazione e del successo della propria azienda della quale pretende pure (orrore!) di mantenere il controllo. Come se fossero preferibili quelle aziende nelle quali gli azionisti sono sparsi ai quattro angoli del globo, o sono banche o fondi di investimento anonimi che si limitano ad incassare i dividendi e a nominare i manager o a rimuoverli se non sono efficienti e se non garantiscono un certo livello di utili. Ma per la Banca d’Italia queste sono quisquilie e i ricercatori di Via Nazionale sembrano non ricordare che il successo della media industria italiana è stata determinata dalla sua elasticità e dal fatto che l’imprenditore, poteva essere padrone delle proprie idee, del proprio destino e del proprio successo, solo in conseguenza del fatto di non essere bloccato e condizionato dai lacci e lacciuoli posti da qualche funzionario bancario in grado solamente di leggere gli aridi numeri di un bilancio.
Via Nazionale ammette che per convincere le famiglie a rinunciare al controllo sulle imprese da esse stesse create, non rappresenta un compito facile, perché investe attitudini radicate e la stessa cultura imprenditoriale prevalente nel Paese. Ma si deve cambiare, insistono i Draghi boys. Perché la diffusione di forme di controllo diverse da quello familiare e il rafforzamento della componente medio-grande nella struttura dimensionale delle imprese sono condizioni cruciali per la sopravvivenza del sistema produttivo italiano. Una presa di posizione piuttosto curiosa quella della Banca d’Italia. Ci si può domandare ad esempio che destino avrebbero avuto aziende come la Tods di Della Valle o la Geox di Polegato, gratificate da un boom mondiale dei propri prodotti grazie all’innovazione che presentavano e che era frutto di una intuizione geniale dei due fondatori, se il loro controllo fosse stato ceduto a qualche fondo di investimento. Il fatto è che a Via Nazionale sembra non ci si voglia rendere conto che la forza dell’Italia è basata su una struttura produttiva fatta di imprese familiari e che proprio tale peculiarità rappresenta la nostra forza. Una peculiarità peraltro che annuncia prepotentemente di tornare di attualità oggi che, in conseguenza di una devastante crisi finanziaria, le premesse della globalizzazione vengono messe in seria discussione. E che, soprattutto, da molte parti, per esempio in ambito alimentare, si riscoprono i prodotti locali in aperta polemica e contrapposizione con i cibi standardizzati e buoni per tutte le tavole ma che, come tali, fanno solamente gli interessi delle grandi industrie multinazionali che li producono e non sono certo funzionali alla salute di chi li consuma. E l’Italia che vanta in tale settore il più alto numero di prodotti protetti, per denominazione d’origine e di qualità, lo sa molto meglio di altri Paesi.
Questa uscita dei Draghi boys sembra così riflettere le idee del governatore che fin dai tempi della Crociera sul Britannia (2 giugno 1992) sembra essersi posto il compito di lavorare per la massima apertura dei mercati e per offrirne la possibilità di contenderseli a coloro in grado di controllarli e di deciderne i destini. Una filosofia tipicamente anglosassone, più britannico che statunitense in verità, e che fa dell’utile immediato la propria pietra angolare ma che è estranea alla cultura economica europea e a quella italiana in particolare, che si preoccupano più dell’aspetto produttivo, delle sue ricadute in campo economico e della difesa della coesione sociale nella realtà nazionale e locale in cui le imprese operano.

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