Fin dalle prime ore mattutine di quell’ormai drammatico 6 aprile 2009, dove il sisma aveva colpito e piegato la città capoluogo d’Abruzzo e il suo territorio, gli organi di disinformazione di massa, tv e giornali, blog e giornalisti nell’indicare i morti del terremoto, richiamavano ossessivamente la notizia di “dieci israeliani morti sotto le macerie”. Ad avvalorare questa notizia giungevano messaggi di solidarietà e proposte di aiuto dallo Stato di Israele, l’ambasciatore di Israele in Italia Gideon Meir riferiva che il premier israeliano Benyamin Netanyahu aveva espresso al presidente del consiglio Silvio Berlusconi le condoglianze per le vittime del terremoto che aveva colpito l’Italia centrale. Radio Tel Aviv diramava segnalazioni sulla mancanza di notizie su alcuni studenti israeliani iscritti all’Università dell’Aquila (poi si saprà dell’effettiva morte di uno studente che aveva lasciato Israele - così afferma la sua ragazza italiana – “per sfuggire alla morte”. Nel frattempo dagli schermi televisivi si segnalava l’interesse dei dirigenti del Maghen David Adom, l’equivalente israeliano della Croce rossa internazionale, nell’attivazione di uomini e mezzi disposti all’aiuto. Questa era la situazione informativa che giungeva sul cittadino collegato alle reti Rai e all’ascolto della radio. Poi ad un certo punto, fu tolta di mezzo questa notizia di “primo piano” e si è lasciato spazio al carnaio che aveva colpito tutto il centro dell’Abruzzo. Già questo basterebbe a imbarazzare un telespettatore di media cultura, ma quello a cui si è assistito nelle trasmissioni di quel caudillo dell’informazione televisiva che risponde al nome di Bruno Vespa, è veramente offensivo alla dignità dei morti e degli sfollati. Oltre ad esser passato per l’aquilano doc, per cui è sembrato che fosse lui a dirigere i lavori, e a sapere vita e morte della zona aquilana, ha partecipato a mettere in onda ripetutamente una parata mediatica sugli aiuti della comunità ebraica di Roma, condita con la solita rievocazione delle stragi naziste in Abruzzo del 1944. Parata alla quale si prestava, nelle zone del terremoto, il responsabile della Protezione civile Giuseppe Bertolaso. Con il Vespa che faceva filmare e mandare in onda l’arrivo degli ebrei romani a Fossa. Solo a Fossa, per aiuti mirati a quelle famiglie che, in diretta televisiva e in studio, sono andate ad allargare la lista dei “Giusti di Israele” (ma che cavolo c’entrava una memoria storica – oltretutto da accertare - con il tremendo sisma?). Il tutto, si badi bene, senza nemmeno ricordare il grande assente da tutta questa storia “Comunità Ebraica–Vespa–Fossa-Israele”: lo studente israeliano morto sotto il crollo dell’alloggio universitario. Perché non è stata riportata la storia di questo ragazzo? Si chiamava Hussein Hamade, ucciso dalle macerie di quell’edificio maledetto la “Casa dello Studente”. Come mai il silenzio osservato sulla sua salma riportata in Israele, dove la famiglia ha potuto svolgere le esequie? Perché non si è resa nota – al pari di tante altre - la storia di questo povero ragazzo e invece si è preferito alzare il tiro su fatti – o ipotesi, non sappiamo - di 65 anni fa? Quale solidarietà nazionale è quella di scegliere un motivo “altro” rispetto alla tragedia del sisma? Da volontario, da italiano, da abruzzese, da socialista ciò mi è indigesto.
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