L’Italia è una nazione ad elevato rischio sismico, in particolare alcune regioni della dorsale appenninica. Il terremoto che l’altra notte ha devastato la provincia de L’Aquila è sicuramente una calamità naturale, ma non totalmente imprevista. Intendiamoci, nessuno poteva veramente prevedere con precisione il dove e quando sarebbe successo e nemmeno la certezza dell’evento stesso e le polemiche che sono immediatamente montate sono sicuramente un ignobile sciacallaggio. Dall’inizio di gennaio uno sciame sismico colpiva la regione ed il ricercatore aquilano Gioacchino Giuliani ha in effetti nei giorni scorsi annunciato un forte sisma nella zona, basandosi sulla concentrazione di radon elevata registrata in quei giorni, ma la sua previsione si è rivelata comunque fallace, visto che prevedeva la forte scossa per il 28 marzo, e forse neanche Giuliani credeva fino in fondo alla sua previsione, visto che è stato sorpreso dal sisma nella sua abitazione a L’Aquila. Chi oggi vuole cavalcare quel procurato allarme strumentalizza indecentemente una tragedia, ben sapendo che non sarebbe stato mai possibile evacuare un’intera provincia per un lunghissimo tempo in base a previsioni poco scientificamente attendibili. Ciò non toglie però che esistono responsabilità e che molte vite potevano forse essere risparmiate. Tutte le nuove costruzioni dovrebbero essere edificate con tecniche antisismiche. E’ comprensibile il crollo di un’antica chiesa o di un vecchio borgo medioevale, non quello di un ospedale o della casa dello studente. In Giappone da sempre convivono con terremoti di elevata magnitudo. Anticamente hanno affrontato l’emergenza in un modo semplice ed originale: case leggerissime e tutte ad un piano, sotto le quali è difficile venire schiacciati dalle macerie. In epoca moderna non hanno rinunciato alle costruzioni multipiano, compresi i grattacieli, ma li hanno tutti costruiti con tecniche antisismiche che permettono di affrontare anche terremoti molto violenti senza subire danni. Se in Italia non vogliamo periodicamente piangere le nostre vittime di un terremoto bisogna prendere qualche drastica decisione, magari per una volta anche non ascoltando i soliti falsi ambientalisti idioti. Non si ricostruisca com’era, in nome di un astratto rispetto paesaggistico, ma secondo i criteri antisismici. Si consolidino i vecchi borghi costruiti in pietra secca con strutture in acciaio e cemento. La memoria di un popolo è importante, anzi fondamentale, ma ci sono ben altri modi per difenderla, altrimenti si corre il rischio di ricordare solo la nostra storia dei disastri e forse ieri L’Aquila ha rivisto quel 13 gennaio 1915 quando un sisma nella Marsica causò 30.000 morti. |