Lui c’era. Era uno dei tanti delegati al congresso di fondazione del Popolo della Libertà. In migliaia, con la loro delega ben in vista appesa al collo, sono stati buoni buoni per tre giorni, applaudendo quando c’era da applaudire e sventolando la bandierina in dotazione quando c’era da sventolare: il tutto in attesa del gran momento, quello dell’incoronazione di Silvio I, presidente monarca del partito. Lui c’era. In quota (ex) Alleanza nazionale, in rappresentanza di un circolo sorto nel dopo Fiuggi al posto di una storica sezione del Msi. Lui c’era sempre stato, da quando il simbolo del Msi evidenziava una bara dalla quale sorgeva una fiamma. Lui c’era quando quella bara divenne un più innocuo trapezio isoscele. Lui c’era ancora quando il Msi divenne filo atlantico e filo sionista e c’era ancora quando imbarcò i badogliani monarchici e aggiunse la dizione Dn (destra nazionale) all’antico simbolo. Lui ovviamente c’era pure a Fiuggi, quando Fini imboccò la strada che di fatto aveva intrapreso da sempre, ma che ad alcuni, i più disattenti o i più ingenui, sembrò un grande tradimento. Lui si era sempre sentito in qualche modo tranquillizzato da quei banchetti di fascisteria che hanno sempre fatto da contorno ai congressi del Msi e che poi, quasi clandestini, hanno continuato ad esserci anche in quelli (pochini in verità) di An. Lui credeva nel grande bluff, ma solo perché voleva crederci, contro ogni evidenza. Questa volta fascisterie non c’erano, nemmeno clandestine: il grande abbraccio con il mondo liberal-liberista era totale, ma c’era tanta gente, quanta lui non ne aveva mai vista in tutti i congressi precedenti. C’era un profumo forte di potere, tanti ministri quanti lui non ne aveva mai visti tutti insieme, c’era un clima quasi parossistico di mistica esaltazione. Così ha passato quei giorni, in un crescendo di applausi, di inni, di cori (anche se uno era “per fortuna che Silvio c’è”). Lui c’era ed era quasi contento di esserci. Ma poi è arrivato lunedì. Lui si è svegliato ieri mattina e si è trovato in un partito conservatore di centrodestra, mezzo Dc e mezzo Msi almirantiano, quello che lui contestava dall’interno, perché non era capace di sbattere la porta come tanti altri avevano fatto. Questa volta non trova proprio pretesti per dichiararsi diverso da quel che è. Lui c’era, c’era sempre ed ora deve farsene una ragione. E’ brutto scoprire di aver passato una vita dalla parte di coloro che si è sempre creduto di voler combattere. Decio Siluro |