Carlo Marx buonanima, sepolto nel cimitero londinese di Highgate, starà osservando con soddisfazione le rivolte di piazza che, con l’acuirsi della crisi economica, divampano ormai in tutto il mondo e in questi giorni a Londra dove si sta tenendo la riunione dei Paesi del G20. La previsione del filosofo di Treviri in buona sostanza era che l’accumulazione di capitale avrebbe raggiunto un tale livello di estensione da formare in tutto il mondo due schieramenti contrapposti. Il primo formato dai capitalisti industriali e finanzieri provvisti di enormi ricchezze, il secondo da una grande massa di diseredati, di poveri e di senza lavoro. Una situazione che non poteva durare a lungo e che avrebbe portato il proletariato industriale a ribellarsi contemporaneamente in ogni angolo del globo e attraverso una “spallata finale” rovesciare i rapporti di forza e di produzione ed instaurare il socialismo. Dopo il crollo del Muro di Berlino e la fine del socialismo di Stato nei Paesi dell’Est, lo spettro che si aggirava per l’Europa, e in prospettiva per il mondo, sembrava essere stato messo in naftalina. Poi le contraddizioni del capitalismo lo hanno fatto riemergere dalla sua tomba. Contraddizioni che tali in fondo non sono perché il capitalismo per sua stessa essenza vive di una incontrollabile voracità. E per sfamarla, cioè per impossessarsi dei beni dell’economia reale, deve poter liberamente spostare i suoi capitali virtuali in tutto il mondo. Il tutto grazie alla benevolenza e alla collusione dei governi che, dopo essersi trasformati nell’agenzia d’affari delle multinazionali, e limitandosi a ridistribuire ogni tanto il reddito per salvare la faccia, hanno abdicato alla loro funzione storica di indirizzare le scelte di politica economica. La crisi finanziaria nata negli Stati Uniti l’anno scorso, e trasformatasi presto in crisi economica globale, è stata colta perfettamente nella sua vera natura dai poveri e dai disoccupati di tutto il mondo. Venire a sapere che un’azienda o una banca licenzia migliaia di dipendenti mentre premia con dei bonus i manager responsabili degli investimenti sbagliati o di ignobili speculazioni non può che fare venire il sangue agli occhi agli interessati. Se in Francia i dipendenti della Caterpillar hanno sequestrato per qualche ora alcuni manager, se il finanziere Pinault, proprietario di diversi marchi del lusso, ha rischiato il peggio con il suo taxi circondato da una folla inferocita, in Gran Bretagna c’è stato l’assalto alla casa privata dell’ex amministratore delegato della Royal Bank of Scotland. Un articolo di fondo comparso sul confindustriale “Sole 24 Ore” titolava: “Se la rabbia anti-manager fa più danni dei no global”. Una conferma che nei Palazzi del potere reale ci si rifiuta di comprendere quello che si sta verificando. E cioè che quella parte di popolazione maggiormente toccata dalla crisi non è più disposta a tollerare che i “felici pochi” della finanza continuino a diventare sempre più ricchi mentre tanti, troppo, non ce la fanno più ad arrivare alla fine del mese con stipendi, salari o pensioni di fame. I governi da parte loro non vogliono e non possono ammettere quello che è chiarissimo ai cittadini. E cioè che la crisi non è figlia della mancanza di concorrenza e quindi di un vero Libero Mercato ma semmai esattamente del contrario. L’assenza della politica ha infatti permesso che la legge della giungla potesse manifestarsi compiutamente. E in particolare anche gli ex comunisti approdati al liberismo, come tutti i neo convertiti, “sono diventati prigionieri di una dottrina assolutista”, come ha osservato l’economista francese Jean Paul Fitoussi. E allora, ha ragione Marco Ferrando, del Partito comunista dei lavoratori, quando ricorda polemicamente che nell’attuale fase “la funzione dei sindacati e delle Sinistre non può essere quella di disinnescare la miccia: ma deve essere quella di investire nella ribellione sociale e di darle un progetto”. Aggiungendo che le aziende che licenziano vanno occupate e nazionalizzate sotto controllo operaio. “La rabbia sociale che sale in Europa - ha insistito Ferrando - non è un rischio come afferma Epifani, ma l’unica leva possibile di una svolta vera”.
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