La Confindustria vede uno spiraglio di luce nella crisi economica in atto ma ci sono molti a Sinistra o nel mondo sindacale che non riescono a condividere l’entusiasmo che si respira a viale dell’Astronomia dove ci si compiace dell’aumento della domanda di prodotti italiani proveniente dall’estero registrata in marzo con un più 3,5%. Sergio Cofferati, sindaco di Bologna ed ex segretario generale della Cgil, non riesce a vedere quali siano gli elementi dai quali Emma Marcegaglia, presidente di Confindustria, trae il suo ottimismo. Cofferati infatti non legge segnali particolarmente confortanti nei grandi indicatori economici. Ottimismo? Semmai, ha osservato, c’è ancora una grande incognita sull’uscita dalla crisi. C’è infatti da ricordare, e il sindaco lo sa bene, che mentre tutti gli organismi internazionali, che si sono distinti nella loro incapacità di prevedere la crisi (come l’Ocse, la Banca Mondiale e il Fondo Monetario Internazionale, o la stessa Commissione europea), continuano a prevedere ancora crisi e recessione per tutto il 2009 e segnali di una leggera ripresa nel secondo trimestre del 2010, la Confindustria proprio con la Marcegaglia ha usato toni quasi trionfalistici parlando di una ripresa economica addirittura per questo anno. L’ottimismo non ha mai fatto male, sembra convenire Cofferati, ma da qui trasformare i desideri in realtà ce ne corre. E infatti a suo avviso, i tempi sono tutt’altro che certi così come non sono individuabili le condizioni finali in cui si troverà il nostro Paese nel dopo crisi. Soprattutto c’è uno spettro che aleggia e cioè quello di una ripresa economica che potrebbe però essere accompagnata da una forte inflazione. Un’eventualità, ha ammonito Cofferati che non può scordare il suo passato di dirigente sindacale, che danneggerebbe i titolari di redditi più deboli, ossia i lavoratori dipendenti e i pensionati. Questa è infatti la vera emergenza nazionale. Quella di categorie che non ce la fanno più ad arrivare in maniera decente alla fine del mese perché gli introiti percepiti servono solamente per permettere di restare ad un livello di mera sussistenza. E molto spesso nemmeno a quello. E allora lascia il tempo trova che la Confindustria si compiaccia di un aumento della domanda estera che può essere motivato da vari fattori, come la volontà o la necessità di riempire i magazzini o i rapporti di cambio favorevoli. Non si può insomma sperare che sia la domanda estera a risolvere tutti i nostri problemi. D’accordo che siamo un Paese trasformatore di materie prime ed esportatore. Ma la solidità e la forza dell’economia di un Paese si misura dal livello della domanda interna, dall’indebitamento delle famiglie e dal patrimonio che le stesse possiedono, ad incominciare le abitazioni. E se l’80% delle famiglie italiane è proprietaria della casa in cui abita, e questo rappresenta un record europeo, c’è da osservare con preoccupazione che l’indebitamento delle famiglie sta attestandosi su livelli preoccupanti e che in precedenza ci erano sconosciuti. Soprattutto perché tale indebitamento è conseguenza di spese per la mera sussistenza, come cibo, vestiario e bollette energetiche. Tale indebitamento non può non avere conseguenze sulla domanda interna reale. Se le famiglie non hanno più soldi si interrompe lo schema classico che vede salari, stipendi e pensioni destinati ai consumi e per il residuo ai risparmi. Quelli che si trasformano successivamente in investimenti. Ma da questo orecchio gli industriali sembrano non sentirci, preoccupati come sono di contenere i costi e di sopravvivere su un mercato sempre più globale. Quando invece la preoccupazione dovrebbe essere quella del fattore lavoro sempre più penalizzato e destinato in futuro ad esserlo sempre di più se mancherà una precisa scelta di politica economica all’insegna di una vera redistribuzione del reddito e della ricchezza, la cui accumulazione nelle mani di pochi ha raggiunto livelli a dir poco indecenti. Del resto è stato lo stesso Marco Tronchetti Provera (Pirelli) a concordare con Cofferati e ad avvertire che alla fine della crisi ci sarà “un’inflazione che potrebbe essere colpire l’Europa in modo significativo”.
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