La crisi economica è dinanzi agli occhi di tutti e la disoccupazione è aumentata in misura sensibile. Ma basta osservare i dati dalla dovuta angolazione per trasformare quello che è un autentico disastro in un mezzo successo. Questo è uno sport nel quale negli ultimi mesi si sono distinti i vari organismi bancari ed economici internazionali, compiacendosi che il peggioramento in corso sia un po’ migliore di quello dei mesi scorsi. Chi si accontenta gode dice l’antico adagio ed la Banca centrale europea e l’Ocse si sono subito adeguati anche per giustificare la propria esistenza e le proprie scelte, le imposizioni fatte a questo e quel Paese e le chiavi di lettura utilizzate per giudicare gli avvenimenti più recenti. Ha iniziato il fuoco di fila il presidente della Bce, il francese Jean Claude Trichet, intervenendo alla riunione dei banchieri centrali del G-10 presso la sede della Banca dei regolamenti internazionali. A giudizio di Trichet, per quanto riguarda la crescita economica ci stiamo avvicinando ad un punto di svolta mentre la caduta del Prodotto interno lordo globale sta rallentando. “In alcuni casi – ha azzardato - si vede già una ripresa”. Ci sarebbero infatti molti segnali incoraggianti anche se non è il momento di compiacersi. Affermazione che sembra il classico discorso del bicchiere mezzo pieno e mezzo vuoto… Soprattutto perché Trichet ha dato l’impressione di voler legare questi “segnali” di pseudo risveglio dell’economia al recente taglio dello 0,25% del tasso di riferimento effettuato dalla stessa Bce. Un taglio resosi necessario dopo il venir meno del pericolo di una ripresa dell’inflazione che poteva essere la conseguenza diretta dell’aumento della moneta in circolazione. Ma anche un taglio doveroso per ridare fiato alle imprese e ai cittadini strozzati dall’alto livello di tassi praticato dalle banche commerciali a causa della stretta creditizia che sta tuttora penalizzando pesantemente l’intero sistema tranne, guarda caso, la grande industria. Una stretta peraltro indispensabile alle banche per rifarsi delle speculazioni andate a male negli investimenti sui titoli ”tossici”, derivati o spazzatura che siano. E su chi scaricare il peso delle proprie speculazioni? Ma sui cittadini ovviamente! Un aspetto sul quale il buon Trichet ha però elegantemente sorvolato. L’Ocse a sua volta, sulla base dei risultati di marzo del suo superindice revisionale per 29 Paesi considerati “avanzati”, parla di “tentativi (?) di pausa” nell’andamento della recessione economica. Una peculiarità che riguarderebbe Italia, Francia e Gran Bretagna. E forse anche la Cina. Tutti Paesi nei quali si registrano “dinamiche positive”. Certo, ammette l’Ocse, la situazione non è rosea tanto che si può parlare di “una possibile moderazione della crisi”. E infatti il superindice di marzo ha accusato una flessione di 0,1 punti ma a febbraio era stato dello 0,4, a gennaio dello 0,7, e a dicembre di 1,1 punti. Mentre su base annua la flessione del superindice è stata pari a 9,5 punti, che se non è un disastro poco ci manca. Pure in Italia il superindice è migliorato all’interno del suo peggioramento ma questo non può indurre a sonni tranquilli. Anche per gli Stati Uniti c’è poco da stare allegri, qui in marzo il superindice ha segnato una flessione da 0,6 punti rispetto a febbraio portando il calo annuo a 11,8 punti. E a testimoniare che a Washington la situazione è tutt’altro che allegra, hanno provveduto i dati sul bilancio di previsione per il 2010. La nota aggiuntiva della Casa Bianca ha quantificato il deficit in 1.840 miliardi di dollari. Ossia circa 90 miliardi in più della precedente stima. Il deficit risulterebbe in tal modo pari al 12,9% del Prodotto Interno Lordo contro il 12,3% stimato in febbraio. Se consideriamo che in Italia fatichiamo duramente per tenere il deficit sotto il 3% sul PIL e restare così nel sistema dell’euro, dovremmo concludere che c’è chi sta peggio di noi. Ma non è un aspetto che basta a consolarci perché di questa condivisione di destini e di disgrazie faremmo volentieri a meno.
|