La Banca centrale europea ha tagliato dello 0,25% il tasso di riferimento che è stato così portato all’1%. L’istituto di Francoforte ha inoltre abbassato dello 0,50% il tasso sui finanziamenti ad un giorno che si è attestato così all’1,75% mentre è stato lasciato invariato allo 0,25% il tasso sui depositi marginali. In questo modo è stato raggiunto il minimo storico dal 1999, l’anno in cui la Bce aveva iniziato a gestire la politica monetaria comunitaria. Il provvedimento era stato comunque abbondantemente previsto dai mercati. Sempre lontano peraltro dal livello raggiunto dai tassi del Federal funds americani fissati su una banda di oscillazione tra lo zero e lo 0,25%. Lo stesso direttivo della Bce resta comunque diviso se abbassare o meno ulteriormente i tassi. Andare sotto la soglia dell’1% potrebbe infatti rivelarsi catastrofico a causa dell’innescarsi di dinamiche deflazionistiche tali da innescare un crollo dei prezzi ed una conseguente depressione economica generale nei Paesi aderenti al sistema dell’euro e in tutta l’Unione europea. Si deve infatti tenere conto che le previsioni per una ripresa economica non sono incoraggianti sia per l’Europa che per tutto il mondo. Secondo le prime valutazioni fatte dai governi, dalla Commissione Ue e dalla Bce, a fronte di un calo al massimo del 2% nel 2009, una inversione di tendenza si sarebbe dovuta avere solamente nel secondo trimestre del 2010. Ma poi lunedì scorso da Bruxelles è arrivata la doccia fredda con la stima di un crollo del 4% del PIL in Europa mentre per il 2010 è stato previsto un calo complessivo dello 0,1%. Una svolta che allinea le istituzioni comunitarie alle valutazioni espresse il mese scorso dal Fondo monetario internazionale. Previsione confermata così ieri dal direttivo della Bce che ha giustificato la propria decisione con il fatto che l’attività economica nell’area dell’euro, nel primo trimestre dell’anno, è stata molto debole. Il presidente della Bce, il francese Jean Claude Trichet, ha così ammesso che le imprese considerano ancora troppo alto il costo del denaro. I tagli dei tassi effettuati, ha spiegato, sono “appropriati” anche per assicurare la stabilità dei prezzi, ma la Banca centrale non esclude che possano essere ulteriormente ridotti. Insomma l’1% non rappresenta il livello minimo che non sarà mai superato. Se sarà necessario il livello dei tassi scenderà ancora. Trichet ha insistito nel sottolineare che dal momento in cui si è acuita la crisi finanziaria, nel settembre del 2008, la Bce ha preso “decisioni senza precedenti”. Una ulteriore ammissione che la Banca centrale ha mutato diametralmente il proprio approccio. Se in precedenza un livello alto dei tassi di interesse era giustificato dalla volontà di impedire un aumento eccessivo della liquidità circolante e da quella di bloccare dinamiche inflazionistiche, anche se questo fosse andato a detrimento di una crescita economica, ora di fronte alla crisi in corso e al crollo dell’economia, la Bce è tornata a fare il suo lavoro di banca che è quello di fornire denaro a chi ne ha bisogno. La Banca centrale ha quindi considerato che, in previsione di una ripresa che si spera arrivi l’anno prossimo, bisogna porsi l’obiettivo di rinforzare il tessuto produttivo ed economico europeo, quindi sia le imprese che le banche. Sotto il primo aspetto la Bce acquisterà 60 miliardi di euro in “covered bond”, titoli obbligazionari emessi da società e garantiti da banche. Allo stesso tempo, verranno allungati dagli attuali sei mesi a dodici mesi le operazioni di rifinanziamento alle banche alle quali la Bce intende fornire liquidità illimitata a tasso fisso. Resta il fatto però che nonostante i tagli dei tassi da parte della Banca centrale, le banche nazionali, per recuperare le perdite causate dalle proprie speculazioni, continuano a tenere alti i tassi di interesse e a praticare una stretta creditizia che finisce per penalizzare le piccole e medie imprese e che mette in ulteriore difficoltà il cittadino comune. In questo modo la ripresa resterà sempre una chimera.
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