Ieri Mahmud Ahmadinejad ha giurato fedeltà alla Repubblica islamica ed è iniziato il suo secondo mandato alla presidenza dell’Iran. Poi, riferendosi alle congratulazioni non ricevute, in particolare, da Italia, Germania, Francia, Gran Bretagna e Stati Uniti, ha definito lo sgarbo diplomatico un atto di disprezzo verso la democrazia e la sovranità di tutti i popoli. La freddezza occidentale verso il presidente iraniano, come è evidente, assume sempre di più la veste di uno di quei pretesti che gli atlantici inventano per preparare il terreno alle aggressioni e alle guerre. Non è un caso che i gazzettieri maggiordomi d’Occidente continuino ad accusare Ahmadinejad di aver vinto le elezioni con dei “brogli”. Brogli non verificati e in ogni caso incapaci di inficiare un risultato maggioritario di oltre 8 milioni di voti. E dire che la stessa stampa Usa aveva definito la vittoria del presidente iraniano “indiscutibile” e “legale”, anche perché predetta da tutti i sondaggi indipendenti pre-elettorali con un rapporto percentuale di 60 a 20 in favore del presidente uscente rispetto allo sfidante Mussavi. Ma perché sottolineare le falsità diffuse a tutto tondo dai mezzi di comunicazione di massa dell’Occidente? Non serve a nulla. E’ un’esclusiva dei maggiordomi coloniali diffondere le vere verità. Non a caso in questo secolo chiamano “missioni di pace” le guerre atlantiche di aggressione. Lo hanno fatto sbandierando le “prove” di un inesistente genocidio di massa di albanesi del Kosovo, nel 1999, e così hanno bombardato la Serbia per insediare lì un’ “area di libero scambio” per i traffici criminali ed energetici dell’Occidente. Lo hanno fatto nel 2001 per “vendicare a caldo” l’attentato alle Torri Gemelle - al limite perpetrato da un’ al Qaida, formazione wahabita-saudita creata in provetta dagli stessi Usa - con la guerra e l’occupazione dell’Afghanistan, un’occupazione pianificata da Washington... un anno prima dell’attentato subìto al Trade Center. Lo hanno fatto nel 2003 sbandierando l’esistenza di armi di distruzione di massa nell’Iraq, per giustificare l’occupazione delle terre (e del petrolio) irachene. Tutte “missioni di pace” anglo-americane partecipate dalle truppe coloniali italiane. Ecco, ora i “brogli” nel voto in Iran sono il nuovo pretesto servito all’opinione pubblica “embedded” d’Occidente. Un pretesto che fa il paio a quello più antico: la pervicacia iraniana nel voler possedere la tecnologia nucleare per uso civile: un affronto alla pace nel mondo. (Già: la storia al contrario... Hiroshima e Nagasaki furono un incidente collaterale...). La mistura dei pretesti anti-Iran è finalizzata ovviamente alla guerra. Quella immaginata da Luttwak, con tante piccole bombe atomiche Usa (“tattiche”, le chiama lui) da riversare sulla Persia, o quella preparata da Meir Dagan, il capo del Mossad israeliano, che ha annunciato, al Sunday Times, come Israele abbia già ottenuto il placet dell’Arabia Saudita per un sorvolo del suo territorio da parte dei bombardieri con la stella di David finalizzato a colpire una ventina di “obiettivi” iraniani. E l’Italia? Dall’alto - si fa per dire - della sua dignità nazionale, più lealista del suo re amerikano, irrigidisce i suoi rapporti con Teheran. Il padrone sussurra, i maggiordomi amplificano e i camerieri si inchinano.
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