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La Cina pronta a farsi sentire

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Mercoledì 8 Luglio 2009 – 9:39 – Filippo Ghira stampa
La Cina pronta a farsi sentire



I capi di Stato e di governo arrivano in ordine sparso al vertice del G8 che si apre oggi all’Aquila. La crisi finanziaria ed economica ha fatto sentire pesantemente i propri effetti ovunque sia pure in misura diversa. L’aumento massiccio della disoccupazione si è sommato all’esplosione del debito pubblico e del disavanzo in conseguenza degli aiuti pubblici al sistema finanziario e alle banche rimaste vittime delle proprie speculazioni.
Silvio Berlusconi, dopo quello di Napoli del 1994 e quello di Genova del 2001, si trova a fare gli onori di casa ai gentili ospiti sperando di non ricevere, come già successo 15 anni fa, un bell’avviso di garanzia. Allora erano questioni di corruzione e di tangenti, oggi potrebbero essere fatti collegati alle varie Lolite che erano solite frequentare le case del Cavaliere. Molto preso dal suo ruolo e desideroso di estendere la propria presenza e considerazione a livello internazionale, Berlusconi ha ribadito che a suo avviso lo strumento del G8 (Usa, Canadà, Gran Bretagna, Germania, Francia, Italia, Giappone e Russia) è ormai obsoleto e che dovrebbe essere sostituito con un forum più ampio di Paesi per comprendere le economie emergenti, magari un G14 (aggiungendovi Cina, India, Brasile, Messico Spagna e Sud Africa che oggi vengono invitati solamente come spettatori) se non addirittura un G20.
La prima giornata di lavori sarà dedicato all’agenda economica per analizzare i problemi creati dalla recessione più dura dalla fine della seconda guerra mondiale e per trovare le relative soluzioni. Proprio su tale punto si incontreranno le maggiori difficoltà. Sono infatti assai scarse le possibilità che venga approvato un documento conclusivo condiviso tale da rappresentare una pietra angolare nella costruzione di un eventuale nuovo ordine economico mondiale. Chi è infatti che dovrebbe indicare le direttrici sulle quali realizzare la nuova struttura? La crisi scoppiata lo scorso anno e la conseguente recessione hanno minato profondamente la credibilità del modello anglosassone. Il fatto che il crack sia stato causato dalle banche americane e britanniche che hanno potuto indebitarsi oltre ogni decenza e che le stesse abbiano potuto speculare senza che la Federal Reserve o la Banca d’Inghilterra abbiano sollevato la benché minima obiezione, ha spinto i Paesi europei e il Giappone a rivedere il proprio atteggiamento verso Washington e Londra e a chiedersi se il secolo americano non sia giunto al suo epilogo. Che senso ha, ci si domanda nelle capitali europee, seguire la deriva di due economie, una quella americana oberata da un mostruoso debito commerciale estero e da un altrettanto enorme debito pubblico? O di quella britannica che, dopo aver improntato da anni la propria struttura ecomica più alla finanza che alla produzione, ha finito per speculare percentualmente più di quella di oltre Atlantico? Da qui il riavvicinamento dei Paesi europei alla Russia e il ristabilirsi di un approccio più attento ai problemi economici reali, ad incominciare da quello delle forniture energetiche di petrolio e di gas.
Gli europei vorrebbero quindi arrivare soprattutto a definire un sistema in grado di scongiurare nuove e più profonde crisi. Da parte sua Giulio Tremonti chiede con insistenza che vengano adottati da tutti i Paesi dei principi di comportamento in ambito finanziario all’insegna dell’etica. Affermazione che, pare di capire, implicherebbe di impedire di operare sul mercato a quanti sono privi di capitali propri. Che sarebbe come dire ai banditi di smettere di essere tali.
Al G8 sarà comunque la Cina a recitare un ruolo centrale e a non limitarsi a fare da semplice spettatore. Il presidente Hu Jintao vuole che il suo Paese si ritagli un ruolo sul palcoscenico internazionale che corrisponda al suo crescente peso economico, è la seconda economia del mondo, e finanziario, è il primo compratore del debito Usa. E proprio per questo chiederà che per le transazioni internazionali sia definita una alternativa al dollaro, considerato niente più che carta straccia. Come un paniere di valute che comprenda l’euro, lo yen e appunto lo yuan.

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