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Caccia alle terre dell'isola

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Venerdi 30 Gennaio 2009 – 15:29 – Francesca Dessì stampa
Caccia alle terre dell'isola

Un clima di tensione e d’instabilità aleggia sul Madagascar dopo i violenti disordini scoppiati lunedì scorso nella capitale Antananarivo a seguito delle manifestazioni di protesta contro la chiusura, da parte del governo del presidente Marc Ravalomanana, della radio di Andy Rajoelina (foto), sindaco della città e capo dell’opposizione.
La situazione è tornata alla calma, ma la paura di nuovi incendi, saccheggi e violenze che sono proseguiti per tutta la settimana nella capitale e in tutte le città del Paese, è stata palpabile in tutta la giornata di ieri all’insegna de “la ville morte”, (“città morta”, forma di protesta tipica dell’Africa francofona che consiste in un grande sciopero generale cittadino). Protesta lanciata mercoledì dal sindaco Andry Rajoelina e che avrebbe dovuto permettre ai due fronti opposti di fare il punto della situazione politica.
Eppure i due avversari sembrano avere già le idee chiare. In un comizio tenuto mercoledì, il sindaco di Antananarivo ha dichiarato di voler prendere il potere nel Paese e ristabilire la democrazia, mentre il presidente ha accusato Roland Ratsiraka, nipote dell’ex presidente Didier Ratsiraka, attualmente in esilio a Parigi, e un ex generale in pensione, Dolin Rasolosoa, di essere i mandanti delle violente dimostrazioni in piazza e degli atti vandalici contro le aziende di sua proprietà.
In realtà la questione sembra molto più complicata.
Il sindaco Rajoelina avrebbe infatti catalizzato la rabbia della popolazione affamata e provata da una condizione economica e sociale disastrata. I malgasci sono stanchi di assistere alla depredazione delle ricchezze nazionali senza ricevere alcun beneficio economico in cambio. Un vero e proprio sfruttamento delle risorse nazionali da parte di Paesi stranieri, che ha arricchito solo Ravalomanana, proprietario di reti televisive - ormai sempre più voce del governo – aziende alimentari e una rete di supermercati diffusa in tutta l’isola.
Non solo. Il sindaco di Antananarivo ha duramente criticato il suo avversario politico per la vendita di vaste aree agricole a multinazionali asiatiche ed europee, che vedono nell’affitto delle terre del continente nero una opportunità per risolvere i loro problemi di scarsità di spazi coltivabili. L’ultimo esempio è quella del colosso dell’automobile sudcoreano, Daewoo, che ha appena concluso con il governo malgascio un accordo per prendere in affitto, fino al 2018, 1,3 milioni di ettari di terra del Paese, cioè circa la metà di terreno coltivabile dell’isola. Concluso in luglio, l’accordo non sancisce alcun versamento di somme di denaro, ma l’azienda prevede di investire sei miliardi di dollari nei prossimi venticinque anni e garantirà la costruzione delle infrastrutture necessarie. Le sementi saranno importate dall’Indonesia, dalla Costa Rica e dagli Stati Uniti. Ovviamente nessun beneficio ne ricaverà la popolazione del Madagascar, che soffre di carenza di cibo e malnutrizione, visto che la multinazionale sudcoreana ha già fatto sapere che assumerà personale sudafricano per gestire e amministrare le sue aziende agricole.
L’accordo Sud Corea - Madagascar sembrerebbe l’esempio del neo-colonialismo che ha preso piede nel nuovo millennio: un nuovo sfruttamento delle risorse dei Paesi in via di sviluppo da parte di multinazionali agro-alimentari, non più legato al gioco delle sfere d’influenza, ma piuttosto all’aumento delle riserve di cibo. Un bisogno sempre più grande determinato dai recenti aumenti nei prezzi delle derrate alimentari e dal successo dei biocarburanti. Così nazioni, come i Paesi desertici del Vicino Oriente o quelli sovrappopolati, Cina e Corea del Sud, e molti Stati del Golfo Persico, Kuwait ed Emirati Arabi, ricchi di petrolio ma senza acqua, vedono nel Madagascar e nel continente nero un importante investimento per assicurarsi approvvigionamenti di derrate alimentari che nei prossimi anni potrebbero essere sempre più rare e difficili da reperire. E non bisogna dimenticare che il sottosuolo del Madagascar è ricco di nichel, cobalto e bauxite, che fanno gola a molte potenze occidentali e asiatiche.

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