Il presidente della Bolivia, Evo Morales (foto a destra), ha denunciato giovedì, nella città venezuelana di Cumaná nella quale si è celebrato il vertice dell’Alba, un piano per attentare alla sua vita. Domenica scorsa, il mandatario boliviano aveva affermato di avere “i giorni contati” ventilando la possibilità di un complotto ai suoi danni. Giovedì, la polizia boliviana, dopo approfondite indagini ha disarticolato, nella città di Santa Cruz, una cellula di terroristi mercenari. “In Bolivia la destra ha provato a farmi fuori con il voto del popolo, nel luglio scorso, e ha perso; ha provato ad eliminarmi con un colpo di Stato “civico” nelle provincie, in agosto e settembre scorsi, e ha fallito; ora hanno pianificato la mia eliminazione con dei mercenari e hanno fallito”, ha commentato il mandatario boliviano. Il gruppo terrorista era formato da mercenari provenienti da Croazia, Irlanda, Romania e Ungheria. Dopo un confronto armato, nel quale sono morti in tre - uno croato, uno irlandese e uno boliviano - in due sono stati arrestati e portati a La Paz. “Le prime informazioni che ho dicono che il loro scopo era attentare alla vita del vicepresidente, del ministro della Presidenza e di Evo Morales”, ha sottolineato il presidente boliviano. Già qualche settimana fa, il mandatario di La Paz aveva denunciato di avere informazioni riguardo alla formazione di cellule terroristiche a Santa Cruz, la regione nella quale è più feroce l’opposizione al governo centrale. Organizzazioni probabilmente vicine all’opposizione di destra boliviana. I due mercenari sopravvissuti al blitz della polizia sono detenuti nelle celle del tribunale di La Paz e, secondo il ministro Alfredo Rada, hanno ammesso la loro partecipazione agli attentati contro le abitazioni del viceministro Saúl Avalos, a marzo, e del cardinale Julio Terrazas, lo scorso mercoledì, facendo anche ritrovare un nutrito arsenale (foto) che include esplosivi per uso militare di fabbricazione straniera nascosto in edifici di proprietà della Cotas, la Cooperativa de Teléfonos de Santa Cruz, la società telefonica privata della provincia “ribelle” controllata dai gruppi di potere locali. “La cosa peggiore è che nella Fiera Internazionale, in un locale della Cotas, sono state rinvenute armi sofisticate e bombe”, ha denunciato Morales. Il vicepresidente García Linera, ha poi rivelato che nell’arsenale sono stati trovati mitragliatori, fucili e casse di C-4, esplosivo per uso militare che “non esiste nel Paese”. Venerdì, l’agenzia di stampa boliviana, l’Abi, ha reso note le generalità dei due terroristi arrestati: il boliviano Mario Fardig Astorga, un ex militare di circa 60 anni formatosi in centri militari croati, e l’ungherese Iedad Votel Toazo. Fardig e Toazo sono usciti indenni dallo scontro a fuoco seguito ad una potente esplosione che ha fatto saltare in aria 30 stanze del quarto piano dell’Hotel Las Américas, rifugio della cellula, nel quale sono rimasti invece uccisi il rumeno Mayarosi Ariad, l’irlandese Duayer Michael Martin e il boliviano Eduardo Rózsas Flores. Il curriculum di Rózsas Flores è singolare: oltre ad essere stato, anch’egli come Astorga, un combattente filo-croato (comandò un battaglione di 380 soldati croati nella guerra secessionista dell’ex Jugoslavia negli anni ’90), questo figlio di un ungherese comunista e di una boliviana cattolica nato a Santa Cruz nel 1960, era un corrispondente niente meno che per la BBC e per il giornale spagnolo La Vanguardia. Nel deposito della Cotas sono stati inoltre trovati piani e documenti con dati riguardanti i movimenti del presidente Morales, del suo vice García Linera e di vari ministri. In una lista degli obiettivi ottenuta dalla polizia durante i sopralluoghi figura anche il prefetto “ribelle” Rubén Costas, lo stesso che non ha esitato a definire “una montatura” l’operazione della polizia boliviana. Costas si è spinto oltre, affermando che si tratta di una “cortina di fumo” creata dal governo per coprire le sue presunte responsabilità nell’attentato contro l’abitazione del cardinale Julio Terrazas, vicino agli autonomisti. Attentato rivendicato, invece, dai due mercenari superstiti. “Chi paga, chi ingaggia questi stranieri?” si è chiesto ieri il presidente Evo Morales. Una domanda che ancora non ha risposta. Resta il fatto che le “frequentazioni” croate di Fardig Astorga e di Rózsas Flores non possono non riportare al presidente del Comitato civico Pro Santa Cruz, Branco Marincovic, il potente imprenditore agricolo e feroce oppositore di Evo Morales sponsorizzato e finanziato dagli Usa, anch’egli di origini croate, che in passato è stato accusato di avere introdotto in Bolivia mercenari ex jugoslavi allo scopo di fomentare la secessione della provincia ribelle.
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