“Mi vergogno di essere italiano”, queste sono state le parole usate dal padre di Gabriele Sandri dopo la lettura di una sentenza ridicola, che condanna a soli sei anni l’omicida di suo figlio. Abbiamo imparato a conoscere la famiglia Sandri in questi anni e ne abbiamo sempre apprezzato la dignità, la correttezza, l’equilibrio con il quale ha sempre affrontato la tragedia che l’ha colpita. Noi crediamo che Giorgio Sandri sia orgoglioso di essere italiano, di essere parte di una comunità che non ha dimenticato e che non dimenticherà mai suo figlio, la vergogna di cui ha fatto cenno riguardava l’altra Italia, quella fatta di media addomesticati che hanno ripetutamente tentato di colpevolizzare la vittima ed i suoi amici, quella giustizia miope che non è stata capace (o non ha voluto) accogliere una verità fin troppo evidente, coloro che hanno a tutti i costi voluto difendere l’indifendibile, contro la logica, contro l’evidenza, contro le testimonianze in aule. Il nostro pensiero affettuoso va a Mamma Sandri che ha saputo affrontare con coraggio e dignità immensa tutte le fasi processuali, ma che si è accasciata in lacrime al momento della sentenza e che ha potuto solo dire: “me lo hanno ammazzato due volte”. Forse due volte non bastava, perché qualcuno ha addirittura accusato Giorgio Sandri di fomentare l’odio, di aizzare con le sue dichiarazioni “inopportune” la vendetta. Franco Maccari, segretario generale del Cosip, il sindacato di Polizia, ha infatti dichiarato che Giorgio Sandri, “con le sue pericolosissime dichiarazioni rischia di aizzare una folla, che in certi momenti rimane preda dell'istinto e mai della ragione”. Come al solito si tenta di stravolgere la verità. Durante la notte di ieri il papà di Gabbo ha partecipato ad una diretta della trasmissione radiofonica “Talk Radio - Voci nella notte”, in onda su TeleRadioStereo durante la quale ha commentato la sentenza che ha riconosciuto l’agente Spaccarotella solamente colpevole di omicidio colposo, ma le parole usate non hanno assoluatmente incitato all’odio.. “E’ una vergogna. Come per l’omicidio Aldovrandi a Ferrara non c’è giustizia”, ha commentato, ma subito dopo si è rivolto ai tifosi infuriati cercando di trattenerli. Queste le parole usate: “Adesso però è il momento di stare calmi, non dobbiamo offrire il fianco passando dalla parte del torto. Dico a tutti i ragazzi di stare calmi”. In un’Italia dove ormai la giustizia dà spessissimo pessimo spettacolo di se stessa, dove i giudici sovente tracimano in poteri che dovrebbero essere loro alieni, dove l’interpretazione della legge è sempre prevalente sull’applicazione, dove la legge, in pratica, non è mai uguale per tutti, è forse diventato “inopportuno” criticare una sentenza che offende l’intelligenza della gente. Diciamoci la verità, come è possibile credere che, dopo aver assunto una precisa postura di sparo (così come testimoniato da più parti) il colpo sia partito solamente per un’involontaria contrazione delle dita della mano? Saremmo certo stati meno severi con l’omicida se questi avesse immediatamente confessato la sua responsabilità, se avesse subito chiesto scusa alla famiglia, se avesse spiegato il suo momento di “follia” come un improbabile transfer di personalità di un Serpico da strapazzo. Così non è stato. L’agente Spaccarotella è stato il grande assente in questo processo. Il suo stesso volto è rimasto a lungo sconosciuto e le scuse alla famiglia sono giunte, forse su consiglio dei suoi avvocati, solo in tempo per pesare per lui positivamente negli atti processuali. Spaccarotella ha addirittura affermato di sentirsi in pericolo, minacciato dagli amici di Gabbo, cercando ancora una volta di confondere il ruolo di vittima e carnefice. Non ci ha però risparmiato la sua soddisfazione dopo la sentenza, dichiarandosi pronto a rientrare in servizio, mentre i suoi legali addirittura annunciavano il ricorso perché considerano la pena troppo pesante. Nessuno vuole vendette, gli italiani, quelli intellettualmente onesti, vogliono solo giustizia, vogliono evitare che sceriffi improvvisati possano andare in giro per l’Italia ad ammazzare ragazzi innocenti restando impuniti. Giorgio Sandri, sempre durante la trasmissione radiofonica ha poi ringraziato il sindaco Alemanno “per la sua dichiarazione di solidarietà e sdegno”, augurandosi che una simile “dichiarazione arrivi anche dai ministri Maroni e Alfano”. Purtroppo però questa dichiarazione non è arrivata. Quindi ha detto di pensare all’organizzazione di “una grande manifestazione, magari con un milione di persone con la quale esprimere civilmente lo sdegno per questa sentenza ingiusta”. Lo faccia, l’organizzi, noi ci saremo, tutti. Una grande manifestazione popolare, non solo civile, ma anche allegra, perché certo così l’avrebbe voluta Gabriele, con tante bandiere di tutte le squadre di calcio, dello sport amato da Gabbo, ma anche di tutte le altre discipline sportive e tanti tricolori, per dimostrare che l’Italia, quella vera, merita di essere amata. Una manifestazione senza pulman e treni speciali organizzati e pagati dalle organizzazioni di partito, senza precettazioni, ma spontanea e autogestita. Questa sarebbe forse la più grande manifestazione politica che l’Italia abbia visto negli ultimi anni, l’unica nella quale emergerebbe chiara e forte la volontà degli italiani di sdoganarsi da questo sistema di ingiustizie e rivendicare i diritti di tutti i cittadini. In piazza non ci sarebbero certo solo gli ultrà, come forse spererebbero coloro che hanno sempre denigrato Gabbo e cercato di rinchiuderlo nello stretto ambito del tifo sportivo: ci sarebbe la gente, le famiglie, gli anziani, sarebbe una grande manifestazione della comunità italiana. Della civilissima comunità italiana che pretende giustizia. Se questo sistema vuole seppellire il ricordo di Gabriele Sandri solo con una sentenza ingiusta ha proprio sbagliato strada. Non dimenticheremo mai. |