Nuovo nulla di fatto in tema di politica monetaria. In questo periodo difficile per l’economia mondiale, specialmente per quella europea e nordamericana, la Banca centrale europea continua ad essere attendista. Il Tus, il tasso ufficiale di sconto applicato nell’Eurozona, resta così fisso al 4%. Intanto, però, la crescita economica europea arranca, i bilanci statali soffrono, le aziende stringono i denti e migliaia di famiglie non arrivano più da tempo alla fine del mese. I fondamentali economici di Eurolandia sono “solidi”, ha immancabilmente affermato il presidente della Bce, Jean-Claude Trichet. “La crescita è moderata ma continua”, ha ribadito il banchiere centrale, precisando tuttavia “vi è un’elevata incertezza sulle prospettive dell’economia”. Malgrado i sempre più chiari dati economici negativi e la tendenza al ribasso che l’economia dell’Eurozona ha ormai intrapreso, il massimo istituto di emissione monetaria continua a focalizzare le sue preoccupazioni sull’inflazione. “La stabilità dei prezzi è il nostro primario obiettivo - ha proseguito Trichet - un severo ancoraggio delle aspettative inflazionistiche è la nostra massima priorità”. “L’inflazione si manterrà oltre il tetto del 2% nei prossimi mesi”, ha poi tenuto a precisare il numero uno della Banca centrale europea. A questo proposito, la Bce ribadisce per l’ennesima volta la propria posizione sugli aumenti salariali. L’indicizzazione di questi ultimi “è fonte di preoccupazione” per il gabinetto di Trichet, dato che Francoforte è impegnato a evitare “effetti frusta” sul fronte dell’inflazione. La Banca centrale europea è infatti impegnata in una vera e propria battaglia per la moderazione salariale. In alcuni Paesi della Zona euro, però, le famiglie continuano a perdere il loro potere d’acquisto creando situazioni di povertà sempre più diffuse. La politica salariale che vuole la Bce, inoltre, va contro il secondo principio direttore dell’azione della stessa banca, ovvero la tutela de potere d’acquisto, ampiamente ridimensionato in negativo dall’entrata in vigore dell’euro. Un vero e proprio tacito fallimento. Il numero uno della Banca centrale europea ha quindi evidenziato come la crescita del credito e della moneta rimanga “molto vigorosa”: una dinamica che non stupisce visto che molti sono costretti, malgrado i tassi di interesse elevati, a contrarre mutui e prestiti al consumo per soddisfare i propri bisogni. Trichet ha inoltre ribadito come si stia assistendo a una “protratta e temporanea elevata inflazione”. La crescita dei prezzi al consumo è infatti legata principalmente allo spropositato aumento dei prezzi delle materie prime - una su tutte il petrolio - ma anche delle derrate alimentari, influenzate dal crescente costo dei carburanti e da un’annata piuttosto fiacca per la filiera produttiva. Entrambi i fattori non sono prodotti da dinamiche interne all’economia europea e essendo legati ad una fiammata dei prezzi temporanea, sono ancorati a dinamiche speculative del mercato ormai proiettate al ribasso dopo mesi di crescita. Il contenimento dell’inflazione, quindi, rischia di ridursi ad un inutile sacrificio dell’espansione economica dato che la crescita dei prezzi al consumo esula in buona parte da dinamiche controllabili con i tassi d’interesse, mantenendosi dunque ugualmente alta. Per quanto riguarda la situazione della crisi finanziaria in atto a livello globale, la Banca centrale europea vede buio. “Le incertezze determinate dalle turbolenze finanziarie rimangono insolitamente elevate. Le tensioni potrebbe durare più a lungo di quanto previsto inizialmente”, ha affermato Trichet. Il numero uno della Bce ha inoltre tenuto a precisare come non sia intenzione da parte dell’istituzione da lui presieduta operare direttamente sul mercato acquistando cartolarizzazioni sui mutui per stabilizzarne il prezzo e ridare fiducia ai mercati. “La Bce e la Fed devono fronteggiare sfide diverse - ha concluso Trichet - ma continueremo a effettuare aste per la liquidità in dollari in caso di necessità”. Un’azione che non può però limitarsi solo a questo. Sull’argomento scottante del mercato dei cambi, la Banca centrale europea continua ad avere una posizione distante, anche se schierata. “Le eccessive oscillazioni sui mercati valutari non sono desiderabili”, ha ribadito Jean-Claude Trichet, esprimendo così “preoccupazione sui recenti andamenti dei tassi di cambio”. “Le eccessive oscillazioni delle valute non sono un fenomeno benvoluto neppure dalla Banca centrale d’Inghilterra”, ha evidenziato il francese. La politica monetaria della Bce, però, non aiuta affatto la stabilizzazione delle valute visto che le divergenze con le decisioni della Fed e con quelle delle altre principali banche centrali mondiali sono alla base dell’eccessiva forza dell’euro. A proposito della Banca centrale d’Inghilterra (Boe), che al di là delle semplici parole agisce concretamente per tamponare gli squilibri valutari ed economici, è utile sapere che ha appena tagliato di 25 punti base il livello dei tassi di interesse al 5%, proseguendo su una strada ormai consolidata da diversi mesi. L’annuncio della Boe, in linea con le attese, ha infatti avuto un effetto immediato sui cambi, con l’euro che ha toccato il nuovo record nei confronti della sterlina a 0,8029. Così come dimostrato dalla maggior parte dalle principali banche centrali mondiali, anche loro alle prese con lo stesso tipo di inflazione stigmatizzata dalla Bce, un taglio dei tassi di interesse è possibile, se non necessario. Le pressioni su Francoforte si fanno sempre più insistenti, provenienti anche da grandi istituzioni internazionali. È il caso dell’Fmi di Dominique Strauss-Kahn, ormai sempre più in conflitto con la politica economica e monetaria delle istituzioni europee nell’ambito della gestione dell’attuale crisi. Il Fondo monetario internazionale, all’interno del suo World economic outlook, ha infatti ribadito che la Bce potrebbe permettersi di tagliare i tassi di interesse dato che l’inflazione è vista in rallentamento per il prossimo anno. Quella dell’Fmi rappresenta la prima presa di posizione ufficiale di un’istituzione internazionale a proposito dell’attuale politica della Bce: un segno tangibile che la linea di Francoforte può essere messa in discussione anche a livello istituzionale e che i commenti faziosi degli eurocrati di Bruxelles possono facilmente essere delle inutili marchette. Purtroppo, le istituzioni europee non sembrano vedere il problema che si annida nella Bce. L’osannata indipendenza della Bce, soggetta però a fortissime influenze provenienti dell’oligarchia bancaria continentale, non può essere totalmente refrattaria alle sollecitazioni degli Stati membri, rappresentanti di centinaia di milioni di persone. Promuovere un patto il Patto di stabilità e crescita con il solo contenimento dell’inflazione è inoltre una politica incompleta per l’economia europea, soprattutto in caso di crisi. Limitarsi a iniettare liquidità nel circuito bancario europeo non salverà l’Unione europea dal sensibile rallentamento dell’economia che la sta colpendo. Alla luce di queste considerazioni, una riforma dello statuto della Bce è più che mai auspicabile. A causa delle politiche della Banca centrale europea e dei suoi effetti, Paesi con gravi problemi congeniti come l’Italia rischiano fortemente la recessione: una dinamica che non aiuterà gli Stati membri della Zona euro a rispettare il Patto di stabilità e crescita, obbligando nuovamente i cittadini a fare sacrifici. Un meccanismo che tende ad affossare le economie del Vecchio Continente in un circolo vizioso molto inquietante per il futuro dell’Unione europea.
|