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La poltrona

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Giovedì 10 Aprile 2008 – 14:07 – Paolo Emiliani stampa
La poltrona

Fino ai primi anni ‘70 il Pci era un partito improponibile per un ruolo di governo, gli Usa non lo avrebbero mai permesso, e lontano da qualsiasi importante carica istituzionale. In ogni caso il suo peso elettorale era piuttosto modesto e da molti anni navigava intorno al 15-16%. Il grande balzo in avanti di circa 10 punti percentuali arrivò nel 1975 alle regionali, confermato alle politiche dell’anno dopo. Il maggiore peso elettorale, ma soprattutto la svolta “democratica” di Berlinguer e lo strappo da Mosca, aprirono al Pci le porte del Palazzo. Niente governo, ma, per la prima volta, la Camera ebbe un presidente proveniente dalle Botteghe Oscure: Pietro Ingrao, al quale poi seguì Nilde Iotti. Questa divisione andò avanti fino alla fine della I repubblica: presidenza del Senato alla Dc (o comunque ad un suo alleato, per esempio Spadolini) e presidenza della Camera al Pci. Da allora anche gli inquilini del Colle furono frutto di scelte condivise, spesso dopo rapide o rapidissime votazioni. Le cose sono cambiate ai tempi del primo governo Berlusconi, quando la Lega pretese la presidenza della Camera per una giovanissima Irene Pivetti. Da allora anche i presidenti della Repubblica, prima Ciampi e poi Napolitano, sono stati eletti a colpi di maggioranza. Chi ha vinto ha sempre preso tutto e così ha fatto anche il centrosinistra due anni fa.
Veltroni, che sa bene quanto scarse siano le possibilità di successo della sua fazione, ora va proponendo la presidenza di una Camera per l’opposizione, ma forse non sarebbe così generoso se i sondaggi, che certo lui conosce, fossero favorevoli al suo Pd. Berlusconi ha risposto polemicamente che sarebbe disposto a cedere la presidenza di Montecitorio se Napolitano lasciasse anzitempo il Quirinale sostituito da un presidente espressione della nuova maggioranza che si formerà da qui a pochi giorni. Il Cavaliere avrà pure valide motivazioni per affermare quel che dice, ma queste polemiche assomigliano troppo al mercato delle vacche e ci rattrista che abbiano per oggetto le più alte cariche dello Stato. Uno Stato, evidentemente, nel quale crediamo ormai in pochi. Noi auspichiamo, da sempre, un presidente della Repubblica che rappresenti tutti gli italiani e presidenti di Camera e Senato che abbiano come missione solamente il rispetto delle regole. Lo Stato è una cosa seria e non il bottino di una disputa tra liberisti diversamente colorati.

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