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La carica dei centoumo

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Giovedì 19 Marzo 2009 – 20:31 – Paolo Emiliani stampa

Non è una favola di Walt Disney e non ci sono in questa storia simpatici cuccioli di razza dalmata. I centouno sono i parlamentari del Pdl che hanno sottoscritto una lettera per chiedere al governo di non apporre la fiducia, alla Camera, al disegno di legge “sicurezza”. Iniziativa che farebbe supporre un’epidemia di “crisi di coscienza” tanto intensa da spingere una marea di deputati a votare contro le indicazioni di partito. Tutto ciò è però stravagante per almeno due buoni motivi.
Il primo è che la sicurezza non sembra un argomento sensibile per le crisi di coscienza. Potremmo capire se si trattasse di testamento biologico, di eutanasia, di ricerca sulle cellule staminali embrionali, di aborto, dove entrano in gioco le appartenenze religiose dei vari parlamentari, ma la sicurezza non sembra nemmeno paragonabile a simili argomenti.
Il secondo è che il testo, ora tanto scottante a Montecitorio, è passato all’unanimità della maggioranza a Palazzo Madama, senza polemiche e senza colpo ferire.
A guardar poi bene si scopre che il nodo delicato del provvedimento è uno solo: la possibilità da parte dei medici di denunciare i clandestini da loro curati. Attenzione possibilità non obbligo. Già perché oggi in Italia, unico caso in Europa e forse nel mondo, la legge espressamente vieta ai medici la possibilità di denunciare i clandestini che si rivolgono a loro per ricevere le cure.
Chi parla poi di segreto professionale dei medici da difendere ad ogni costo dimentica un paio di cosette. I medici, come è giusto che sia, sono obbligati ad avvertire le autorità quando sono chiamati a curare una ferita d’arma da fuoco, anche quando il ferito dichiara di essersi prodotto da solo il danno, per esempio pulendo l’arma. Devono farlo perché è possibile o anche probabile che dietro ci sia il consumo di un reato. E’ sempre stato così, i medici fanno da sempre il loro dovere e non si sono mai sentiti minacciati nel loro segreto professionale. Perché mai dovrebbero turbarsi adesso denunciando peraltro un reato certo?
Esiste quindi la possibilità, paventata anche dal ministro Maroni, che dietro a tanto fibrillar di coscienze ci siano motivazioni molto meno nobili ovvero che tutto scaturisca dall’imminenza congressuale. Qualcuno potrebbe insomma aver avuto interesse a montare la vicenda per accrescere il suo peso specifico in congresso, anzi nei congressi. Prima infatti si celebrerà quello di An, dove dovrà essere formalizzato l’autoscioglimento del partito di Fini, poi quello fondativo del Pdl.
Ci sono poi ancora due stranezze in questa vicenda. Intanto perché chiedere al governo di non porre la fiducia quando questa ipotesi non è mai stata paventata? La seconda stranezza sta nella prima firma di quella lettera, la firma di Alessandra Mussolini. Con tutto il rispetto, la nipotissima guida una formazione praticamente virtuale destinata a venire inglobata nel Pdl senza lasciare troppi segni della sua esistenza nella storia, come può aver improvvisamente trovato tanto seguito personale e su un tema in fondo così risibile? Forse Alessandra Mussolini era la persona più giusta proprio perché non appartiene né ad An né a Forza Italia e la sua “indipendenza” ripara i possibili veri ed occulti promotori da altrimenti inevitabili tensioni con la Lega.
Ecco, allora, farsi strada un’altra ipotesi per spiegare questa famosa lettera. Questo potrebbe essere stato un segnale forte mandato al Carroccio, che più di tutti nella maggioranza tiene al buon esito del ddl sicurezza.
Gli abboccamenti tra Lega e Pd dei giorni scorsi sul tema del federalismo potrebbero insomma non essere stati graditi dai vertici del Pdl e qualcuno avrebbe potuto in questo modo mandare un messaggio, proprio quando si comincia a far davvero sul federalismo. Se la Lega diventerà subito più prudente e meno precipitosa vorrà dire che abbiamo colto nel segno.
Paolo Emiliani

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