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La cattiva rappresentatività della CRUI

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Martedì 10 Marzo 2009 – 13:10 – Vittorangelo Orati stampa

Ricordiamo in sintesi il cuore del mio teorema che, desarmata manu evidentemente, dimostra l’esigenza di abbattere l’attuale deriva autocratica dei rettori dell’università italiana (“teorema monarcomaco”) per il recupero di una tale istituzione a forgiare e selezionare una degna classe dirigente per il nostro Paese e un sottostante sistema Paese economicamente eccellente.
Obiettivi questi ultimi che presuppongono in via strategicamente privilegiata una università scientificamente e quindi formativamente efficiente.
Il teorema si incentra nella armonica declinazione della teoria schumpeteriana dell’innovazione economica e quella kuhuniana della innovazione in campo scientifico che altro non rappresenta, che il presupposto attraverso la ricaduta tecnologica del progresso scientifico dell’innovazione economica.
Entrambi i “modelli” assegnano alla lotta di una minoranza innovativa versus, la maggioranza che detiene la leadership economica e accademica del paradigma scientifico-tecnologico vigente la sorte dello sviluppo in entrambe le correlate e rispettive dimensioni. Senza una vittoria del “vecchio” sul “nuovo” e nell’arena di una incessante concorrenza sul mercato internazionale, non è neanche concepibile la rassicurante ipotesi di uno status quo, non ammettendosi alternative tra sviluppo o ritardo economico che nel cronicizzarsi significa involuzione e regresso.
Ciò posto è stato agevole dimostrare che nell’attuale cattiva situazione normativa che caratterizza l’autonomia statutaria delle università italiane, che nel tempo è lecito assumere come causa essenziale del declino del nostro sistema universitario ergo delle sue ricadute sull’insoddisfacente andamento della nostra economia, il ruolo della accertata deriva “monarchica” dei nostri atenei è alla base sia della crisi di tali istituzioni che delle sue conseguenze deleterie sul sistema Paese. Infatti la cattiva politicizzazione di tipo localistico autoreferente inerente al fatale imporsi della cattiva logica del voto di scambio che si instaura in un clima di costante campagna elettorale, da parte dei rettori per ottenere e rinnovare la loro carica, porta al mortifero esito della “selezione avversa” ( adeverce selection), che implica con lo scadimento progressivo della qualità del corpo docente e quindi della più generale selezione della classe dirigente, sia un impennarsi della spesa pubblica in tale settore nel breve periodo, sia un ben più costoso fallimento così annunciato sull’efficienza economica dell’intero sistema Paese.
Tutto ciò ricordato per sommi capi, è ora agevole suggerire al legislatore che realmente voglia riformare radicalmente l’università italiana – che lo si debba fare è questione di sopravvivenza della nostra Nazione –, che insieme al teorema suddetto, due cose si impongano senza possibili compromessi e con l’urgenza dettata dalla attuale critica fase economica mondiale, l’immediata decadenza di tutti i rettori che abbiano a qualsiasi titolo svolto due o più mandati (pensare a soli due mandati per venire a capo del problema è ingenuo, in quanto in tale arco temporale si concentrerebbe la cattiva gestione altrimenti distribuita su più lunghi intervalli di “regno”) e l’immediata decadenza della CRUI come interlocutore della riforma che si volesse porre in essere. CRUI che nel caso dovesse permanere come istituzione nell’ambito della riforma da farsi, cambierebbe immediatamente la sua natura qualora composta non più da rettocrati bensì da rappresentanti disinteressati (in senso virtuoso), rispetto all’improprio obiettivo di essere riconfermati dai relativi e “corrotti” (dalla logica del voto di scambio) elettorati. Come è d’altronde evidente, alla luce delle sue esternazioni dove, la CRUI non si mostra essere altro che il sindacato o “Comitato Regnanti Università Italiane”, né si vede cosa altro allo stato delle cose potrebbe essere, non solo in merito alla centrale questione dei mandati rettorali plurimi, ma anche in chiave di distribuzione delle risorse all’intero sistema universitario.
Se infatti quest’ultimo, com’è accertato, non soffre tanto di risorse investite a livello assoluto, ma da una pessima distribuzione di queste e quindi una nuova e riformata politica di spesa, non potrà che caratterizzarsi per una diversa distribuzione di tali risorse (taglio ai rami secchi a favore di quelli fruttiferi), allora la CRUI come garante e rappresentante degli interessi elettorali ad essa sottesi e quindi allo status quo degli equilibri tra facoltà e sottostanti discipline, non potrà che opporsi a una necessaria strategia che preveda colà l’imporsi un nuovo equilibrio.
E’ infatti un vecchio principio logico che ad un inefficace e inefficiente stato dei “diritti” si applichino criteri che ne alterino gli equilibri sottesi al fine di nuovi “diritti “: più efficienti ed efficaci.

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