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La statistica del pollo

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Giovedì 20 Novembre 2008 – 16:12 – Paolo Emiliani stampa
La statistica del pollo

La crisi mondiale è arrivata ben dentro l’Italia, così in questi giorni fioccano le cifre, le previsioni fatte un po’ da tutti per individuare durata e dimensione della crisi. Ieri è stata la volta di Confcommercio secondo la quale i consumi delle famiglie italiane diminuiranno per tre anni consecutivi, segnando un calo dello 0,5% quest'anno, dello 0,5% nel 2009 e dello 0,4% nel 2010. Per il comparto abbigliamento e calzature la contrazione sarà dello 0,5% quest'anno, dello 0,6% l'anno prossimo e dello 0,8% nel 2010. Per ricreazione, tempo libero e consumi fuori casa la crisi si aggraverà progressivamente con cali nei tre anni dell'ordine dello 0,5%, dell'1,4% e del 2%.
Visti così questi sembrano piccoli numeri, tali da non spaventare le famiglie, ma, proprio come la famosa statistica del pollo, il risultato totale è la somma di addendi molto diversi tra loro. Qualcuno insomma si mangerà ancora il pollo intero, anzi parecchi polli, mentre molti faranno digiuno completo. Analizzando meglio il dato si scopre infatti che l’immediata contrazione deriva dai consumi alimentari che, per ovvie ragioni, non possono essere nel tempo compressi più di tanto. Saranno infatti abbigliamento e calzature (beni necessari ma il cui acquisto è spesso procrastinabile) a pagare la seconda ondata di crisi, ma il fenomeno sarà ancora più evidente nei consumi decisamente voluttuari, dove il ritmo della crisi sarà progressivamente più incalzante. In poche parole ci sarà un progressivo slittamento della cosiddetta classe media verso la soglia di povertà e questo rende ancor più complicato uscire dalla crisi con la medicina capitalista e liberista, questa infatti prevede un circolo “virtuoso” consumi-produzione-consumi, gran parte dei quali inutili e stimolati dalle azioni di marketing, in pratica il prodotto stesso che creà il bisogno. L’impoverimento della middle class, che nell’occidente è composta in parte anche dagli operai non solo dai colletti bianchi (anche causato dalla perdita di posti di lavoro a causa delle delocalizzazioni delle produzioni) rompe la catena e crea un circolo “vizioso” meno consumi-meno produzione-meno posti di lavoro - meno consumi...
Berlusconi dice di avere in cantiere misure a sostegno delle famiglie, ma se queste si limiteranno ad elargire una manciata di euro ad ognuna potranno solo provvisoriamente rallentare il fenomeno, ma non arrestarlo e tanto meno invertirlo, perché continuerebbero a mancare i consumi necessari per riavviare la macchina. Anche gli interventi sulle imprese, se si limiteranno a tagli fiscali per salvaguardare il profitto, potranno far poco, forniranno solamente ossigeno per un po’ di tempo.
Per uscire dalla crisi servono infatti interventi strutturali. Bisogna rilanciare l’occupazione, avviando le importanti opere pubbliche delle quali l’Italia necessita, che oltretutto fornirebbero le infrastrutture necessarie per un rilancio; bisogna riportare sotto il controllo pubblico le aziende strategiche; conquistare quanto prima un po’ di indipendenza energetica (con le centrali nucleari) svincolandoci dal ricatto petrolifero; migliorare l’autonomia alimentare, rilanciando l’agricoltura e il consumo di prodotti nazionali di stagione e soprattutto l’Italia deve cambiare le alleanze internazionali, altrimenti non potrà mai percorrere una via socialista e l’altra è quella della povertà.

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