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Afghanistan: uno stillicidio continuo

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Martedì 12 Agosto 2008 – 11:44 – Antonella Vicini stampa
Afghanistan: uno stillicidio continuo



Mentre gli occhi sono puntati sulla mattanza di civili in Georgia e in Ossezia del sud sotto i colpi dell’esercito russo e georgiano, un alto macabro bilancio cresce e si aggrava, in Afghanistan. Con meno rilievo e visibilità.
Si tratta di una guerra che ha preso da anni la forma dello stillicidio del sangue dei civili, martoriati a colpe di bombe della coalizione Usa con ritmo cadenzato e costante.
Venerdì 8 agosto la notizia di quattro donne e un bambino uccisi dalle forze Isaf, nella provincia di Ghazni, per ammissione del comando della coalizione secondo cui i militari minacciati da cecchini talibani avrebbero aperto il fuoco colpendo “inavvertitamente quattro donne e un bambino che si trovava con loro”.
Ieri, un altro massacro: otto civili sono stati uccisi nella provincia d’Urzgan, nel centro del Paese, dove un jet a stelle e strisce ha bombardato un fabbricato nel quale si trovavano sia i guerriglieri che undici ostaggi, fra i quali diversi bambini.
La ricostruzione ufficiale della Nato è che “insorti hanno usato edifici lungo la strada per operare diverse imboscate contro le truppe della coalizione prima di fuggire verso un villaggio vicino, dove hanno preso in ostaggio 11 civili”. È la solita versione dello scudo umano utilizzato dai nemici per scaricare su di loro la responsabilità di stragi simili, come anche in quest’ultima circostanza.
“Alla fine della battaglia le forze di sicurezza afghane e della coalizione hanno controllato
l’edificio ed hanno trovato tre civili sopravvissuti”.
Il capo della polizia locale, Juma Gul, ha sottolineato infatti che “in casi come questi la responsabilità è dei talibani”. Gioco facile, quindi, per gli alleati continuare a fare carne da macello del popolo afghano a cui hanno donato l’opportunità di un futuro democratico, coprendosi dietro l’ombrello della causalità e della non volontarietà.
Il problema però resta quello dei numeri e della frequenza con cui si verificano questi “danni collaterali”, in risposta alle azioni dei miliziani che combattono contro gli americani e gli altri militari della coalizione utilizzando le abitazioni dei civili.
Molti di questi non guadagnano neanche la ribalta e quando anche questo accade, avviene sempre con un ritardo che serve a depotenziarne l’effetto. Dall’inizio dell’anno al mese del giugno le Nazioni Unite hanno contato un incremento del 62% delle vittime tra i civili rispetto allo stesso periodo del 2007: 700 morti contro i 430 della prima metà dell’anno scorso, di cui oltre 250 vittime dei bombardamenti aerei e delle truppe Nato. Dati di cui l’International Security Assistance Force non si prende la responsabilità, non provando neanche a spiegare la discrepanza tra i bilanci resi noti dalle strutture locali e quelle della coalizione internazionale.
Le responsabilità sono negate anche dai singoli governi dei Paesi membri della forza multinazionale come è successo per quello olandese che, a distanza di un anno dai combattimenti di Chora che tra il 15 e il 19 giugno del 2007 lasciarono sul campo sessantacinque civili, oltre a due soldati olandesi, sedici soldati dell’esercito afghano e una settantina di talibani, ha assolto i propri militari, sostenendo che agivano nel rispetto “delle regole d’ingaggio e delle Convenzioni di Ginevra”.
Allora, centinaia di soldati con il supporto dell’artiglieria pesante e dell’aviazione (F-16, elicotteri Apache olandesi, Panzer 2000) combatterono per tre giorni per espugnare la roccaforte talibana nella provincia centrale di Uruzgan.
Bisognerà attendere ora l’esito anche di un’altra inchiesta promossa da Hamid Karzai dopo i bombardamenti del 6 luglio scorso nel distretto di Deh Bala, nella provincia montuosa del Nangarhar, che hanno fatto strage di donne e bambini mentre partecipavano ad un corteo nuziale: quarantadue le vittime, tra cui la giovane promessa sposa.
Due giorni prima, altri 22 civili erano rimasti uccisi in un bombardamento aereo Usa nella provincia orientale del Nuristan. Il mese passato è stato in effetti quello più sanguinoso per l’Afghanistan dal 2001 in cui si è registrato il numero più alto di civili morti, 260, e per il secondo mese consecutivo i soldati stranieri uccisi in Afghanistan sono stati più numerosi che in Iraq.

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