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Eulex: missione per il regno del diritto?

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Martedì 2 Dicembre 2008 – 15:55 – Silvia Garneri Sequi stampa
Eulex: missione per il regno del diritto?

Rinascita ha intervistato Djordje Vukadinovic, professore di scienze politiche a Belgrado.



Eulex, la missione di polizia e giustizia dell’Unione europea in Kosovo, è sempre stata osteggiata dalla Serbia in quanto, non essendo stata decisa dal Consiglio di sicurezza dell’Onu, è sempre stata concepita come iniziativa dell’occidente atlantico finalizzata al sostenimento degli interessi statunitensi ed albanesi…
E’ assurdo nominare l’organizzazione “Missione per il regno del diritto”, poiché con essa l’Ue in Kosovo e Metohija ha violato alcune delle principali norme del diritto internazionale e della diplomazia; siamo sbalorditi per l’impreparazione dell’élite politica, sia in Europa, che in Serbia, di prendere in considerazione questa evidente illegittimità.
Naturalmente, non vi è alcun segreto che il ruolo e lo scopo di Eulex sia l’applicazione del piano di Ahtisaari (che nessun corpo politico competente internazionale ha approvato, né accettato) e la “calma transizione” della provincia dal protettorato dell’Onu sino allo “stato indipendente”.
Non è discutibile che la sostituzione del mandato dell’Onu piaccia agli albanesi nella provincia, e ai loro protettori a Washington, poiché la “presenza internazionale” in Kosovo e Metohija viene meno alla giurisdizione della Serbia, dove finora la Serbia trovava, nella possibilità del veto russo, l’unica tutela dei propri interessi.
Recentemente l’Onu, Ue e Belgrado hanno raggiunto un accordo per il dispiegamento di Eulex che rispetterebbe le condizioni fondamentali richieste dalla Serbia (missione da sottoporsi al Consiglio di sicurezza dell’Onu, neutralità rispetto alla sovranità e all’integrità territoriale della Serbia, ed alcuna implementazione del Piano Ahtisaari). Ma Pristina continua a rifiutare la proposta. Quale futuro prevede per questa “storia infinita” di Eulex?
Le attuali autorità di Belgrado cercano con insistenzaa di passare fra Scilla e Cariddi, cioè di continuare l’avvicinamento all’Ue, senza rinunciare alla sovranità del Kosovo.
Questo generalmente è da lodare, però temo che in pratica rappresenti una missione impossibile, e che si riduca piuttosto nel trovare un alibi o la “foglia del fico” per la politica, al fine di evitare qualsiasi scontro con l’Ue, a costo di sacrificare gli interessi nazionali serbi.
A prima vista, la tesi dell’ “accettabilità di Eulex con il mandato dell’Onu” e con le accettate condizioni serbe in forma di “sei punti” non dovrebbe essere discutibile, però essa ignora il fatto che Eulex è già, per se stessa, usurpatrice del mandato dell’Onu nella provincia.
Temo che l’Eulex sarà de facto lo strumento per il trasferimento dell’autorità alle provvisorie istituzioni del Kosovo sull’intero territorio della provincia e che, come ha dichiarato in questi giorni a Pristina l’alto funzionario del dipartimento di stato Usa, Daniel Fried, i “sei punti” serbi rimarranno soltanto una lettera morta sulla carta.
In tal modo, alle “belgradesi autorità di principio” rimarrà soltanto la possibilità di rassegnarsi prossimamente ancora una volta alla “realtà”, e per la propria “strada in Europa” sono disposte ad accettare indirettamente Ue-Nato-protettorato del Kosovo.

”La Caccia: io e i criminali di guerra”, il libro-denuncia di Carla del Ponte, l’ex procuratore dell’Aja, nonché acerrimo nemico dei serbi, ha riaperto, la scorsa primavera, il caso di un presunto traffico di organi di prigionieri serbi, rapiti in Kosovo dai terroristi dell’Uck, durante il conflitto del 1998-1999…
E’ sintomatico che la signora Del Ponte sia soltanto una tra i tanti che si sono ricordati pubblicamente delle vittime serbe nelle guerre jugoslave, dopo che è terminato il mandato in cui avevano l’occasione di impegnarsi personalmente a tutela di quelle vittime.
L’ex procuratrice ha avuto diversi anni a disposizione per avviare un procedimento del genere dinanzi al tribunale, ma questo tempo l’ha impegnato cacciando fino all’ultimo ufficiale, politico ed alto funzionario serbo, mentre i suoi conoscimenti li inseriva nel materiale del suo nuovo libro, che è stato pubblicato appena il mandato è giunto a termine.
Naturalmente, il succitato delitto è spaventoso, però esso è certamente solo un caso nel mare di violenze, che era venuto già a galla dappertutto durante le guerre - mentre il Tribunale era lontano dall’obiettività e dalla giustizia poiché perseguitava i crimini a senso unico.

Il presidente albanese, Sali Berisha, ha respinto qualsiasi accusa mossa contro di lui in merito alla presunta distruzione di documenti fondamentali all’inchiesta.
E il governo di Tirana si è rifiutato di collaborare alle indagini con la giustizia serba, cosa ne pensa?

La realtà dei contemporanei rapporti balcanici è tale che quasi nessuno sarà capace di aiutare nessuno nell’investigazione che può essere percepita come “dannosa per l’immagine nazionale”.
Purtroppo, finora la Serbia era l’unica parte belligerante che perseguitava in maniera attiva i trasgressori, e pubblicava le prove dei delitti che sono stati fatti dalla sua parte in guerra, e temo che anche questo sia stato più il risultato di pressioni esterne, piuttosto che veri desideri di conciliazione.
Ma la cosa peggiore è che la Croazia, la Federazione di Bosnia ed Erzegovina, la Slovenia o la parte degli albanesi del Kosovo, non abbiano mostrato, neanche in minima forma, buona volontà e non abbiano mai collaborato con quanto fatto dalla Serbia e le autorità di Belgrado.
Di conseguenza si pone la domanda di quanto sia utile che la Serbia continui la “collaborazione internazionale” al chiarimento dei delitti di guerra, se essa è l’unica ad averlo fatto finora.

Cambiando tema, recentemente si è letto che la conditio per la Serbia, al fine di ottenere lo status di Paese candidato all’Ue, sarà la piena collaborazione con il Tpi, il tribunale penale internazionale che, in parole semplici, significa consegnare Ratko Mladic, l’ex comandante serbo-bosniaco, all’Aja…
”Il termine della collaborazione con il Tribunale” è la frase che, dopo l’arresto di Radovan Karadzic, ha sostituito la frase del “completo orientamento per la collaborazione con il Tribunale” - che dimostra soltanto che la parte europea nelle trattative non è tanto disposta ad agevolare la strada alla Serbia.
Oltre a Mladic, ci si attende anche l’arresto di Hadzic, con il quale si conclude del tutto l’elenco che supera il numero di quaranta cittadini serbi, tra cui molti alti funzionari statali, consegnati al tribunale.

Cosa ne pensa delle recenti dichiarazioni del giornalista tedesco Jurgen Elsaesser sul “caso Erdemovic” e sul fantomatico massacro serbo di Srebrenica, tanto esaltato e condannato dal tribunale internazionale dell’Aja?
Non c’è dubbio che si tratti di un grave delitto di guerra, purtroppo, soltanto uno della serie di molti delitti che durante la guerra in Bosnia ed Erzegovina si consumavano un po’ ovunque.
L’abuso di questa vicenda per scopi propagandistici è servito a chi voleva chiudere i conti con l’ “entità serba” e l’ “abrogazione dell’accordo di Dayton”, e ciò danneggia fortemente le stesse vittime, che vengono così strumentalizzate in maniera evidente.
Ha poi poco senso inserire un delitto o una strage in una serie di altri delitti, peraltro consumati in una guerra civile per molti versi assurda. Inoltre è sbagliato avvicinare i delitti di questa guerra a quelli consumati durante la seconda guerra mondiale.

La recente dichiarazione di riconciliazione politica tra i leader del DS, il partito democratico, e di quello dell’SPS, il partito socialista serbo, è stata da lei definita una “data di importanza simbolica”. Cosa intende?
Non mi ricordo di questa mia dichiarazione, ma è certamente significativo il fatto che il partito più potente del paese dichiari la sua prontezza a “lavare le sue colpe” in tal modo ciò gli restituisce il diritto morale e la piena legittimità nella partita politica.
Il diritto morale rappresenta un passaggio importante anche perchè il partito democratico, come erede della posizione politica liberale pro-europea di Djindic, il 5 ottobre ha rifiutato il discorso dell’ “ostilità di sangue” con il quale tutti i membri del “vecchio regime” sono stati individuati come nemici dello Stato.
Tutto questo è importante soltanto se rappresenterà l’introduzione della vera conciliazione nazionale, dove i reciproci dissidi dei partiti saranno spostati nella sala d’Assemblea, e tutte le forze politiche cominceranno a operare a favore dei vitali interessi nazionali e statali.

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