La missione umanitaria promossa dalla Francia per cercare di assistere medicalmente Ingrid Betancourt e gli altri ostaggi ancora nelle mani delle FARC lascerà nei prossimi giorni la Colombia con un nulla di fatto. In una nota emessa da Parigi, le autorità francesi hanno preso atto dell’impossibilità di proseguire la missione coordinata dall’Eliseo cui hanno partecipato anche Spagna e Svezia. Un fallimento annunciato ancor prima che i mediatori europei mettessero piede nel Paese andino assistiti dalla Croce Rossa Internazionale. Nel comunicato reso noto ieri il governo francese comunica che “i tre Paesi mediatori prendono atto della decisione del segretariato dello Stato maggiore centrale delle FARC di rifiutare la missione medica” destinata ad assistere i sequestrati. L’Eliseo ha inoltre annunciato che il ministro degli Esteri Bernard Kouchner “andrà prossimamente nella regione per valutare la situazione con i dirigenti dei Paesi maggiormente coinvolti”. La debacle era nell’aria. Eminenti esponenti delle Fuerzas Armadas Revolucionarias de Colombia avevano già anticipato quanto deciso mercoledì ufficialmente dallo Stato maggiore della guerriglia: l’iniziativa umanitaria “non è adeguata e ancor meno lo è perché non è il risultato di una concertazione, ma della mala fede di Uribe nei confronti dell’Eliseo e uno scherzo crudele alle aspettative dei familiari dei prigionieri”. Il comunicato della guerriglia è l’ultimo atto di un braccio di ferro propagandistico che la oppone al governo di Bogotá, ma anche e soprattutto la dimostrazione che la liberazione degli ostaggi, a partire dalla Betancourt, non potrà avvenire in maniera incondizionata ed unilaterale come già accaduto per altri sequestrati liberati nei mesi scorsi. Il motivo è sempre stato di fronte agli occhi dell’opinione pubblica internazionale e l’unica parte coinvolta nel conflitto ad aver fatto finta di nulla è stata innegabilmente Casa del Nariño. “Le liberazioni unilaterali (di inizio anno, ndr) sono state soprattutto un gesto di generosità e volontà politica delle FARC e non di debolezza o il risultato di pressioni come fatto intendere dal governo del signor Uribe”, si legge nel comunicato della guerriglia. La liberazione di Clara Rojas e Consuelo González de Perdomo a gennaio e quella dei congressisti Gloria Polanco, Luis Eladio Pérez, Orlando Beltrán e Jorge Eduardo Géchem a febbraio sono state il risultato di una “decisione sovrana delle FARC stimolata dal meticoloso lavoro umanitario svolto dal presidente Hugo Chávez e dalla senatrice Piedad Córdoba”. Nonostante ciò, il colombiano Álvaro Uribe ha continuato a prediligere la via della guerra, in accordo con Casa Bianca e Pentagono, fino a spingersi, ad inizio marzo, ad assassinare in territorio ecuadoriano il numero due della guerriglia e soprattutto primo mediatore nel cosiddetto accordo per lo scambio umanitario. Questo atteggiamento bellicoso non ha giovato alla causa della liberazione degli ostaggi ed ora le FARC hanno chiuso i canali, anche quelli “privilegiati” con i venezuelani. L’invio della missione medica capeggiata da Parigi, a questo punto era destinato a fallire. Senza contare, come si legge nella nota ufficiale dello Stato maggiore della guerriglia, che anche il recente intervento del presidente francese Nicolas Sarkozy è stato soggetto a forti critiche da parte delle FARC. Il capo dell’Eliseo, nel tentativo di sbloccare una situazione sempre più instabile, ha dichiarato che la Francia è pronta a ricevere quei guerriglieri che potrebbero essere scarcerati in caso di accordo umanitario. “Non abbiamo chiesto a nessuno di essere accolti come rifugiati politici”, la secca risposta delle FARC che considerano il titolo di rifugiato un modo “per mascherare la condizione di esiliato” e per “istituzionalizzare il delitto di opinione”. L’unico gesto che si aspettano ora i guerriglieri, ma anche questa è una richiesta da mesi inascoltata da Uribe e soci, è la smilitarizzazione delle province di Pradera e Florida nel dipartimento della valle del Cauca per 45 giorni, ovvero per il tempo necessario a raggiungere un accordo ed effettuare lo scambio di prigionieri. Se a gennaio scorso Casa del Nariño avesse accettato questa condizione invece di intensificare le operazioni belliche, conclude il comunicato, “tanto Ingrid Betancourt quanto i militari e i guerriglieri prigionieri avrebbero ritrovato la loro libertà”. E sarebbe stata la vittoria di tutti.
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