Richiamando l’agile ed esaustivo articolo di Sauro Ripamonti sulla figura di Nicola Bombacci, vorrei sottolineare certe “spigolature” del poi comunista in camicia nera. Forse Bombacci, più dello stesso Mussolini, ha rappresentato la ribellione sociale nella sua terra, la Romagna. Nelle sue lotte e parole, vive l’immagine del proletariato urbano dei primi anni del Novecento, il lavoro delle donne-operaie del polverificio di Bologna d’inizio secolo, le “grosse manovre” frequenti in Romagna, per contrastare popolazioni ritenute repubblicane e ribelli, le case dei braccianti e dei pescatori, i borghi popolari in città come Parma, il forte ricordo dello sciopero generale agrario del 1908, le barricate e sommosse, le trebbiatrici dei “crumiri” scortate dai militari, i comizi del grande Andrea Costa, il suo funerale a Imola il 22 gennaio 1910 (la comunità socialista vive), la fame e la sete di giustizia. È il maggio 1910, quando Nicola Bombacci assume la segreteria della sezione socialista di Cesena (i suoi occhi sicuramente incontrano gli abitanti dei sobborghi di Cesena, duri e poveri) e la direzione de “Il Cuneo”. In questo periodo, diverrà “l’intransigente”, che significa semplicemente non volere e non accettare nessun compromesso con persone e partiti, nessuna tolleranza ideologica e pratica. Avrà modo di esprimersi così pochi giorni dopo l’arrivo a Cesena al cospetto dei dirigenti della locale camera del lavoro: “L’organizzazione proletaria, che per vivere rigogliosa non può dar posto se non agli uomini che intera e completa vogliono la lotta contro il capitale, non deve mai permettere che essa serva da palestra per lotte politiche fra partiti avversi”, credo che l’attualità di questa ingiunzione sia sconcertante, in riferimento al movimento socialista nella nostra nazione ed in Europa. In un articolo su Il Cuneo, del 21 maggio 1910 dal titolo “In marcia”, dove si pone il problema di come presentare i problemi ai proletari (altro scoglio odierno): “Dire ad essi che il socialismo non è solo rivoluzione economica, ma altresì d’anime e di coscienze sarà nostro dovere (…) Modesti propagatori di un’idea di pace e d’amore. Ripetiamo oggi le parole del maestro Andrea Costa: occorre fede, fede di uomini, di combattenti per l’ideale”. Anche i denigratori di Nicola Bombacci, e più in generale del socialismo comunitario, di quegli anni, nelle province d’Italia riconosceranno che nelle orazioni, nelle predicazioni socialiste, vi erano elementi di natura religiosa, di prorompente religiosità laica (mai laicista), insomma quasi pagana. Quasi ad indicare alle popolazioni affamate e oppresse un risveglio comunitario, quasi riprendendo forme di “cristianesimo mistico o ribelle” (da non confondere da quello delle origini, al quanto settario e oscuro), contro un cattolicesimo egoista e collaterale al capitalismo e all’immondo potere agrario. Bombacci verso la fine del 1910, porterà attacchi furibondi contro l’aumento degli affitti e lo strozzinaggio dei padroni di casa, in questo riconoscendo un importanza enorme alla terra e alla comunità. Nello stesso periodo, a dicembre muore la madre (piccola curiosità, Virgilio e Santa, fratelli di Nicola erano anarchici). In una critica serrata, a certo “socialismo di palazzo”, lancia una tremenda invettiva in un articolo del 1 aprile 1911 “Bissolati ministeriabile” avrà modo di scrivere una verità palese “è tempo di porre riparo e di dire chiaro e forte: che il socialismo non è democrazia”, già vedeva accalcarsi, intorno all’ideale socialista “tendenze” e “squali” al servizio del capitalismo “…essi vanno verso un radicalismo che le basi del potere borghese e civile vuol conservare intatte. Avremo così anche in Italia il Partito radico-sociale che sarà della borghesia moderna la più viva espressione”, occhi attenti al politichese odierno, lanciano a quasi un secolo di distanza, una previsione sconcertante (pensate al radicalismo di “sinistra” di Bertinotti, e al democraticismo sionista della Bonino). Questo breve ricordo dell’anno 1910 nella vita di Bombacci, vuole semplicemente esprimere inconfessato entusiasmo per un italiano, un socialista di spessore. Se mi sarà possibile, tornerò sulla vita rossa di Bombacci.
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