Qualche giorno fa, “il Giornale”, commentando il primo editoriale del nuovo direttore di “Liberazione”, Dino Greco, titolava “Aridatece Sansonetti”. Non c’è che dire: dalla sua - come dire, ah: “angolazione” - il quotidiano della famiglia Berlusconi ha sicuramente ragione. Infatti questo sindacalista della Fiom imposto dalla segreteria del prc alla direzione del quotidiano del partito non è un giornalista verace come il predecessore. Non ha quell’onniscienza, quell’eclettismo che si apprendeva all’Unità, prima a San Lorenzo e poi al Tritone. Non è un Veltroni-più-a-sinistra, insomma. Figuriamoci: nell’elencare il disastro finanziario, di diffusione e di “linea” della precedente gestione, questo neo-direttore – come nota stupito il Brambilla del Giornale - si è permesso addirittura di condannare il narcisismo confuso ed eclettico, la disorganizzazione, la fuga nel residuale e la ricerca di ribalta mediatica e cioè quella linea direttrice che negli ultimi anni aveva fatto sprofondare quel giornale (e quel partito) nell’archivio delle futilità, degli oggetti non necessari nemmeno ai meno ortodossi tra i comunisti. Dulcis in fundo, il commento simil-berlusconiano, con un’ironia tutta da interpretare, faceva notare la stranezza (sic) insita nella “nuova linea” di Liberazione, semplificata da Dino Greco in due o tre frasi: risolvere “il problema della sciagurata rimozione del lavoro dalla stessa cultura della sinistra” e “uscire dalla nicchia del ristagno” per “ricostruire una rappresentanza politica” sociale. Lungi noi patrocinare chi forse non gradisce essere difeso da gente che non ama tout-court il “comunismo” ma che si batte per un’unità di pensiero nazionale e socialista. Non possiamo, però, esimerci da una difesa d’ufficio di una dichiarazione d’intenti che, in tempi di totale sfascio sociale, risolleva il Lavoro come un valore, da tutelare e riorganizzare - con i suoi doveri, con i suoi diritti, con la sua spinta propulsiva - per il benessere di tutta la collettività, nazionale ed europea. Certo: a Brambilla e al Giornale difendere il lavoro, l’attività dell’uomo, sembrerà un’anacronismo. Ma noi (e a quanto pare, almeno nelle intenzioni, anche in altri lidi) crediamo il contrario. E’ di estrema urgenza e attualità. |