inv RICERCA 
inv
inv
rinascita.Info
inv
inv
L'EUROPA, UNA VOLONTÀ UNICA, FORMIDABILE, CAPACE DI PERSEGUIRE UNO SCOPO PER MIGLIAIA DI ANNI. NIETZSCHE
inv
inv
inv
inv
PAGINA PRINCIPALE > ACCESSO :: LIBERO
inv
Cultura
inv

Quel famigerato “campo della morte”

invia
Venerdi 26 Giugno 2009 – 11:51 – Mark Weber stampa
Quel famigerato “campo della morte”


Buchenwald viene ampiamente considerato come uno dei più famigerati “campi della morte” nella Germania del tempo di guerra. Ma questa immagine accuratamente coltivata ha poco a che vedere con la realtà. Oggi, a più di 60 anni dalla fine della Seconda Guerra Mondiale, quanto accadde in questo campo merita un diverso giudizio ben più obiettivo.

Storia e funzione
Il campo di concentramento di Buchenwald si trovava su una boscosa collina fuori da Weimar, in quella che poi divenne la Germania dell’Est. Fu aperto nel luglio del 1937. Fino a prima della guerra quasi tutti i detenuti erano criminali professionisti o prigionieri politici (la maggior parte di loro ardenti comunisti). Ben 2.300 prigionieri di Buchenwald furono amnistiati nel 1939 in onore del 50esimo compleanno di Hitler.
Allo scoppio della guerra nel settembre del 1939, la popolazione del campo era di 5.300 persone.
Il numero aumentò arrivando a 12.000 all’inizio del 1943 e poi incrementò rapidamente poiché molti lavoratori stranieri, specialmente polacchi, ucraini e russi, vi furono deportati per essere utilizzati nell’industria bellica (nota 1).
Durante gli anni della guerra, Buchenwald fu allargata diventando un vasto complesso con oltre cento fabbriche satellite, miniere e officine sparse in una vasta area della Germania. La più importante di queste era probabilmente lo stabilimento sotterraneo di Dora che produceva i razzi V-2. Nell’Ottobre del 1944 divenne campo indipendente di Nordhausen (Mittelbau). (nota 2).
Molte migliaia di ebrei arrivarono a Buchenwald dall’Ungheria e da vari campi orientali nel 1944 e 1945. La maggior parte furono evacuati via ferrovia da Auschwitz e da altri campi minacciati dall’avanzata dell’Armata Rossa. (nota 3).
Il numero di detenuti aumentò enormemente durante gli ultimi mesi della guerra: 34.000 nel novembre 1943, 44.000 nell’aprile 1944 e 80.000 nell’agosto 1944. Il picco mensile fu raggiunto alla fine di febbraio 1945, quando 86.000 detenuti erano ammassati nel campo gravemente sovraffollato. Circa 30.000 prigionieri furono evacuati da Buchenwald nella settimana prima dell’arrivo dell’esercito americano (11 Aprile 1945). Un totale di 239.000 persone furono internate nel campo fra il 1937 e l’aprile del 1945. (nota 4).

Il Comandante e sua moglie
Il primo comandante, Karl Koch, diresse Buchenwald dal 1937 agli inizi del 1942, quando fu trasferito a Majdanek. Si dimostrò essere un amministratore brutale e corrotto che si arricchì rubando valori a numerosi detenuti i quali furono poi uccisi per non lasciare traccia di questi furti.
Il medico del campo, Dr. Waldemar Hoven, uccise molti detenuti in collaborazione con Koch e l’organizzazione comunista clandestina del campo. Koch fu poi in seguito giudicato, da un tribunale delle SS, colpevole di omicidio e corruzione e quindi condannato a morte. (nota 5).
Sua moglie, Ilse Koch, fu coinvolta in molti crimini del marito ma l’accusa infondata che avesse delle lampade ed altri articoli prodotti con la pelle dei detenuti uccisi non era vera. Questa asserzione fu fatta dall’accusa durante il processo di Norimberga. (nota 6). Il generale Lucius D. Clay, comandante in capo delle forze americane in Europa e governatore militare della zona di occupazione americana in Germania, dal 1947 al 1949, riesaminò attentamente il caso di Ilse Koch nel 1948 e trovò che, qualunque misfatto avesse compiuto, l’accusa riguardante le lampade in pelle umana era senza fondamento. Egli trasformò la sentenza da ergastolo a quattro anni di prigione ed informò il dipartimento dell’esercito di Washington che: “non ci sono prove convincenti che Ilse Koch avesse selezionato i detenuti da uccidere per averne la pelle o che fosse in possesso di articoli fatti in pelle umana” (nota 7).
Durante un’intervista nel 1976 Clay ricordava così il caso:
“Processammo Ilse Koch. Fu condannata all’ergastolo ed io lo trasformai in una detenzione di quattro anni. Alla nostra stampa non piacque tutto questo. Essa fu distrutta dal fatto che un reporter intraprendente, che per primo entrò nella sua casa, le affibbiò il simpatico nome di “La Yena di Buchenwald” e vi trovò alcuni paralumi che descrisse essere fatti di parti umane.
Risultò che quelle parti erano di capra, ma durante il processo continuavano ad essere parti umane. Era impossibile per lei ottenere un processo equo.
I tedeschi la presero e le diedero 12 anni per come aveva trattato il suo popolo, ma, a dire il vero, non si trattava di un crimine di guerra nel vero senso della parola.
Questo era il genere di cose con le quali avevamo a che fare ogni volta”. (nota 8)

I detenuti: vita e morte
Non c’è dubbio che siano state commesse atrocità nei confronti di detenuti di Buchenwald.
Tuttavia, almeno per una gran parte di esse, furono commesse non dalle guardie tedesche delle SS ma dall’organizzazione clandestina comunista del campo che ottenne quasi l’intero controllo del campo dopo il 1943. Questa rilevante situazione fu confermata in un dettagliato documento del controspionaggio militare americano del 24 Aprile 1945, intitolato: Buchenwald: un rapporto preliminare. (nota 9). Questa analisi confidenziale rimase secretata fino al 1972.
In una breve premessa, il capo del controspionaggio militare Alfred Toombs chiamò questo rapporto segreto “uno dei racconti più significativi finora scritto su un aspetto della vita della Germania nazista”, perché “racconta come i prigionieri di Buchenwald organizzarono loro stessi un terrore mortale all’interno del terrore nazista”. Toombs aggiunse che l’accuratezza della stesura del rapporto fu confermata in modo imparziale.
Mentre grandi quantità di prigionieri iniziavano ad arrivare al campo durante gli anni della guerra, diceva il rapporto confidenziale, le SS in sotto-organico di numero, ritennero necessario affidare una sempre più ampia fetta di amministrazione del campo agli stessi detenuti. In pratica ciò significava che già nel 1943 la bene organizzata e disciplinata organizzazione comunista di prigionieri aveva preso il virtuale e totale controllo delle operazioni interne del campo.
Il rapporto dichiarava: “I commissari-fiduciari avevano ampi poteri sui loro colleghi detenuti. In un primo momento questi venivano scelti quasi esclusivamente fra i criminali tedeschi. Questo periodo durò fino al 1942. Poi, poco a poco, i comunisti iniziarono a prendere il controllo di questa organizzazione. Erano i detenuti più anziani, con 10-12 anni di reclusione alle spalle. Si coalizzarono con estrema tenacità, mentre gli elementi criminali si preoccupavano solo dei loro singoli vantaggi ed avevano una scarsa coesione di gruppo. I comunisti mantennero un’eccellente disciplina e ricevevano un certo numero di direttive dall’esterno del campo. Essi avevano cervelli e qualifiche tecniche per gestire le varie industrie stabilite nel campo.
I loro tentativi incontravano la resistenza dei criminali ma, lentamente, questi persero il potere, in parte per minacce e in parte con l’aiuto delle SS. Diversi criminali furono uccisi a botte, impiccagioni o iniezioni di fenolo nel cuore o di aria o latte nelle vene. Le iniezioni erano una specialità del medico del campo Dr. Hoven che divenne un sostenitore della fazione comunista.
Oltre a posizioni di rilievo nell’organizzazione fiduciaria, vi erano un numero di roccaforti-chiave comuniste nell’amministrazione del campo. Una era l’organizzazione della fornitura dei pasti, tramite la quale gruppi privilegiati ricevevano razioni ragionevoli mentre altri venivano portati a livello di fame. Un’altra era l’ospedale, presieduto quasi esclusivamente da comunisti. Le sue strutture erano ampiamente riservate a curare i membri del loro partito.
Un’altra roccaforte comunista era la Stanza del Vestiario…
Ogni fiduciario tedesco riceveva un buon vestiario e altre cose di valore. I comunisti, a Buchenwald, dopo dieci o dodici anni di reclusione, erano vestiti come uomini d’affari di successo.

Alcuni indossavano giacche di pelle e piccoli cappelli rotondi della marina tedesca, evidentemente l’uniforme della rivoluzione.
Come risultato di tutto ciò: “Invece che mucchi di corpi o uomini smarriti che morivano di fame, gli americani (che si impossessarono del campo) trovarono a Buchenwald un’organizzazione disciplinata ed efficiente.
Ciò viene messo in conto indubbiamente al comitato del campo autonominatosi, un gruppo quasi puramente comunista sotto il comando dei leaders politici tedeschi.

Chi furono i veri sterminatori?
I commissari-fiduciari, che nel tempo divennero quasi esclusivamente comunisti tedeschi, avevano il potere di vita e di morte su tutti gli altri detenuti. Potevano condannare un uomo o un gruppo di persone a morte certa. I commissari comunisti furono direttamente responsabili di una larga parte delle brutalità commesse a Buchenwald.
I capi del blocco comunista, diceva il rapporto, picchiavano personalmente i detenuti e, talvolta, obbligavano gli occupanti di intere baracche a rimanere a piedi nudi nella neve per ore, apparentemente su loro personale iniziativa. I comunisti uccisero molti detenuti polacchi che si rifiutavano di sottomettersi alle loro leggi. Obbligarono detenuti francesi a consegnare migliaia di pacchi della Croce Rossa. Il rapporto menzionava inoltre il nome di alcuni capi comunisti del campo particolarmente brutali.
Fu confermato che il medico del campo, Dr. Hoven, era stato un importante alleato comunista che uccise numerosi prigionieri politici anticomunisti e criminali con iniezioni letali. Un’inchiesta condotta dalle SS scoprì le sue attività durante la guerra e fu condannato a morte per omicidio ma a causa della penuria di medici durante il periodo bellico, l’esecuzione fu rinviata dopo 18 mesi di galera. Dopo la guerra i comunisti tentarono di proteggere il loro alleato, ma Hoven fu condannato a morte per una seconda volta da un tribunale militare americano e giustiziato nel 1948.
I comunisti del campo mantennero strette relazioni con il ben organizzato partito comunista clandestino all’esterno del campo. Da Buchenwald un detenuto usciva regolarmente per stabilire un contatto con un corriere comunista che portava notizie ed istruzioni. Legato alla fedeltà per il suo partito, questa persona non approfittò mai dell’opportunità per fuggire. L’organizzazione comunista militare del campo aveva tre mitragliatrici, cinquanta fucili ed un certo numero di bombe a mano. I comunisti tedeschi vivevano meglio degli altri gruppi, anche al momento della liberazione del campo, diceva il rapporto, essi si possono notare facilmente dal resto dei detenuti per via delle loro guance rosee e la loro buona salute, nonostante siano rimasti in detenzione per un periodo molto più lungo degli altri.
Alla fine gli autori del rapporto mettevano in guardia contro la nozione semplicistica che gli ex detenuti meritavano fiducia e dovevano essere aiutati solo perché erano stati internati in campi tedeschi. Alcuni sono infatti dei “banditi”, criminali da tutta l’Europa oppure lavoratori stranieri in Germania che erano stati sorpresi a rubare. Vengono trattati brutalmente e sono brutti da guardare.
E’ facile qui adottare la teoria nazista che essi fossero non-umani!
Un libro pubblicato nel 1961 dal Comitato Internazionale di Buchenwald, diretto dai comunisti, di Berlino Est descrive orgogliosamente le attività comuniste clandestine del campo. Vi era un giornale clandestino al campo, un trasmettitore radio illegale, un’orchestra di detenuti (che suonava canzoni comuniste), una vasta biblioteca e perfino un’organizzazione militare. Si tenevano cerimonie comuniste e convegni politici ed inoltre veniva intensamente boicottata la produzione bellica tedesca. (nota 10).
L’ex detenuto di Buchenwald Ernst Fedem, ebreo, dopo la guerra spiegò come l’organizzazione comunista del campo cooperò con le SS per aumentare il suo potere ed eliminare gli oppositori e gli indesiderabili. Egli ricorda che il leader della sezione ebraica dell’organizzazione comunista del campo, Emil Carlebach dichiarò molto francamente che per lui contavano solo i suoi amici comunisti e che chiunque altro poteva morire. Fedem disse di aver visto con i suoi occhi due episodi di brutalità commessi da Carlebach che fu un anziano del blocco dal 1942 al 1945. In un caso egli ordinò la morte di un detenuto ebreo per aver presuntamene maltrattato dei prigionieri in un altro campo. In un’altra occasione Carlebach picchiò a morte personalmente un anziano detenuto ebreo perché si stava riposando nelle baracche. (nota 11).
In modo analogo, un inglese che trascorse 15 mesi a Buchenwald riferì dopo la guerra che l’organizzazione comunista del campo non considerava i detenuti ebrei particolarmente degni di essere mantenuti in vita. (nota 12).
Negli anni recenti diverse organizzazioni omosessuali hanno sostenuto che migliaia di omosessuali furono “sistematicamente sterminati” nei campi di concentramento tedeschi. Mentre era vero che molti furono internati come criminali, nessun omosessuale fu mai ucciso dai tedeschi per quella sola ragione. Val la pena ricordare che durante gli anni 30 e 40 il comportamento omosessuale era considerato un odioso crimine nella maggior parte del mondo, inclusi gli Stati Uniti.
(ndt: al riguardo si consiglia leggere l’articolo in proposito al sitohttp://ita.vho.org/039_Mito_sterminio_omosessuali.htm di Jack Wikoff tradotto da Andrea Carancini)
Nel 1981 un ex internato di Buchenwald ricordava: “gli omosessuali erano oppressi dal regime nazista per via dei loro costumi morali, ma a Buchenwald molti di essi non furono uccisi dai nazisti mai dai prigionieri politici comunisti a causa del comportamento degli omosessuali ritenuto aggressivo e offensivo” (nota 13).
Le condizioni giornaliere erano molto migliori di quanto molte descrizioni possano suggerire.
I detenuti potevano ricevere ed inviare due lettere o cartoline al mese. Potevano ricevere soldi dall’esterno. I detenuti venivano pagati per il loro lavoro con una speciale moneta del campo che potevano usare per acquistare una vasta gamma di prodotti nello spaccio del campo. Giocavano a calcio, pallamano e pallavolo nel tempo libero. Le partite di calcio si tenevano al sabato e alla domenica sul campo di calcio locale. Una grande libreria offriva una vasta gamma di libri. Funzionava anche un cinema-teatro. Vi era una varietà di spettacoli e gruppi musicali organizzavano regolari concerti nella piazza centrale. Un bordello nel campo, che all’arrivo degli americani impiegava 15 prostitute, era a disposizione di molti detenuti. (nota 14).

Centro di sterminio?
Gli americani che arrivarono a Buchenwald nell’aprile del 1945 trovarono centinaia di detenuti malati e molti cadaveri non sepolti. Foto orribili di queste crude scene furono fatte immediatamente circolare nel mondo e sono state ripetute diverse volte, dando l’impressione che Buchenwald fosse un diabolico centro di sterminio di massa.
Il governo americano incoraggiò quest’impressione. Un rapporto dell’esercito americano su Buchenwald preparato per l’Alto Quartier Generale Alleato in Europa e reso pubblico alla fine di Aprile 1945, dichiarava che la missione del campo era quella di un centro di sterminio. (nota 15).
E due settimane dopo, fu redatto un rapporto congressuale americano sui campi tedeschi, usato in seguito come documento al processo di Norimberga, che descriveva anch’esso Buchenwald come un “centro di sterminio”. (nota 16).
Questa descrizione superficialmente plausibile è comunque completamente sbagliata.
La grande maggioranza di coloro che perirono a Buchenwald morirono durante i caotici mesi finali della guerra. Essi soccombettero alle malattie, spesso aggravate dalla malnutrizione, nonostante gli sforzi tristemente inadeguati di mantenerli in vita. Essi furono vittime non di un programma di sterminio ma piuttosto di un terribile sovraffollamento e di gravi mancanze di cibo e forniture mediche in seguito ad un crollo generale della Germania durante la tumultuosa fase finale della guerra.
Insieme a queste vittime di guerra indirette vi erano anche detenuti in salute.
B.M. McKelway ispezionò Buchenwald, subito dopo la presa da parte degli americani, in qualità di rappresentante di un gruppo di editori e proprietari di giornali americani. Egli affermò che “ molti delle centinaia di detenuti che vedemmo sembravano essere in buona salute mentre altri che soffrivano di dissenteria, tifo, tubercolosi e altre malattie, erano scheletri viventi “ (nota 17).
Una singolare indicazione che Buchenwald non era un campo di sterminio è il fatto che alcuni degli internati erano bambini troppo piccoli per lavorare. Circa un migliaio di ragazzi, dai 2 ai 16 anni, erano ospitati in due baracche speciali per bambini. Trasporti ferroviari di bambini ebrei arrivarono dal 1942 al 1945. Alcuni arrivarono da Auschwitz nel 1943. Altri bambini ebrei arrivavano dall’Ungheria e dalla Polonia (nota 18).
Il rapporto confidenziale dell’esercito americano del 24 Aprile 1945 faceva notare la “ straordinaria visione dei bambini che scorrazzano avanti e indietro, strillando e giocando “. (nota 19).
Trent’anni dopo la guerra, perfino il famigerato “cacciatore di nazisti” Simon Wiesenthal ammise che “ non c’erano campi di sterminio sul suolo tedesco “ (nota 20).
La menzogna delle camere
a sas
Forse la menzogna più crudele che circolò su Buchenwald dopo la guerra fu l’accusa che i tedeschi sterminarono i detenuti nelle camere a gas. Un rapporto ufficiale del governo francese, presentato al tribunale di Norimberga come documento d’accusa, con molta immaginazione affermava: “ogni cosa era stata programmata fin nei minimi dettagli. Nel 1944, a Buchenwald, fu allungato un binario ferroviario in modo che tutti i deportati fossero inviati direttamente alla camera a gas.
Alcune di queste camere a gas avevano un pavimento che si apriva inclinandosi scaricando i corpi direttamente nella stanza con il forno crematorio”. (nota 21).
Il pubblico ministero britannico al processo di Norimberga, Sir Harley Shawcross, nella sua arringa di chiusura dichiarò: “l’assassinio fu commesso come una specie di produzione di massa nelle camere a gas e nei forni” di Buchenwald e di altri campi (nota 22).
In un libro pubblicato nel 1947, il parroco francese Georges Henocque, ex cappellano dell’Accademia Militare di Saint-Cyr, sostenne di aver visitato l’interno di una camera a gas a Buchenwald che descrisse in dettaglio. Questa particolare storia fu citata come un buon esempio del tipo di bugie olocaustiche che perfino personalità in vista sono capaci di inventare. (nota 23).
Un altro prete francese ed ex detenuto, Jean-Paul Renard, fece una simile affermazione circa il campo nel suo libro pubblicato subito dopo la guerra: “vidi migliaia e migliaia di persone andare verso le docce. Invece che acqua scendevano su di loro gas asfissianti”.
Quando l’ex internato francese a Buchenwald Paul Rassinier fece notare al prete che non c’era alcuna camera a gas nel campo, Renard rispose: “a bene, ma era solo un modo di dire…e siccome queste cose esistevano da qualche parte, non è poi così importante”. (nota 24).
In un libro pubblicato nel 1948, lo scrittore ebreo ungherese Eugene Levai sostenne che i tedeschi avessero ucciso decine di migliaia di ebrei ungheresi a Buchenwald in camere a gas. (nota 25).
Anche un libretto ampiamente distribuito e redatto dalla Anti-Defamation League ebraica del B’nai B’rith riportava il racconto che la gente veniva gassata a Buchenwald. (nota 26).
Nel 1960 la storia delle gasazioni a Buchenwald fu ufficialmente definita una favola. In quell’anno, Martin Broszat dell’Istituto di Storia Contemporanea di Monaco dichiarò specificatamente che nessuno fu gassato a Buchenwald (nota 27). Il Prof. A.S. Balachowsky, un membro dell’Institute de France dichiarò nel Novembre 1971: “vorrei confermarvi che nessuna camera gas è mai esistita a Buchenwald”. (nota 28).
La scrittrice di olocausto Konnilyn Feig ammise nel suo libro intititolato I Campi della Morte di Hitler che a Buchenwald non c’era alcuna camera a gas. (nota 29). Oggi nessun storico serio afferma la storia delle gasazioni a Buchenwald.

Quanti perirono?
Il numero delle persone che si stima abbiano perso la vita a Buchenwald mentre era sotto il controllo tedesco, varia tremendamente. Secondo l’ex detenuto Elie Diesel, il prolifico scrittore ebreo ed ex premio Nobel per la pace nel 1986, a Buchenwald venivano mandate a morte 10.000 persone al giorno (nota 30). Questa affermazione totalmente irresponsabile è purtroppo fin troppo tipica della retorica di quest’uomo che fu perfino scelto per condurre il direttivo ufficiale del museo dell’Olocausto del governo americano.
L’edizione del 1980 del World Book Encyclopaedia sostenne che più di 100.000 persone morirono in quel campo, (nota 31).
La Encyclopaedia Judaica indicò il numero di 56.549 (nota 32). Raul Hilberg, scrivendo nell’edizione del 1982 dell’Encyclopaedia Americana, affermò che più di 50.000 persone morirono nel complesso di Buchenwald (nota 33).
Il rapporto del controspionaggio dell’esercito americano del 24 Aprile 1945 (sopra citato) affermò che il numero totale di morti certificate era di 32.705 (nota 34). Un rapporto governativo americano del Giugno 1945 su Buchenwald indicava un totale di 33.462 vittime, delle quali, più di 20.000 perirono negli ultimi mesi caotici della guerra. (nota 35).
L’accreditato International Tracing Service (ITS) di Arolsen, una filiale della Croce Rossa Internazionale, affermò nel 1984 che il numero di morti documentate (di ebrei e non ebrei) a Buchenwald era di 20.761, più altri 7.463 nel campo di Dora (Mittelbau). (nota 36).
Mentre anche questi numeri ridotti sono ancora alti, è importante rendersi conto che la grande maggioranza di coloro che perirono a Buchenwald furono sfortunate vittime di una guerra catastrofica e non della politica tedesca. La maggioranza delle rimanenti vittime furono uccise su ordine dell’organizzazione comunista clandestina del campo. Diverse centinaia furono anche uccise dai bombardamenti alleati.
In un solo raid aereo contro una grossa fabbrica di munizioni vicino al campo principale, i bombardieri inglesi uccisero 750 persone, inclusi 400 detenuti. (nota 37).

Atrocità americane e sovietiche
In seguito all’occupazione americana di Buchenwald nell’Aprile del 1945, circa 80 fra guardie tedesche e funzionari del campo furono sommariamente giustiziati. I detenuti picchiarono brutalmente i tedeschi fino alla morte, talvolta con l’aiuto e l’incoraggiamento dei soldati americani (nota 38).
Fra i 20 e i 30 americani si davano allegramente il turno a picchiare a morte sei giovani tedeschi. (nota 39). Dei detenuti requisirono perfino delle jeep americane e si recarono nella vicina città di Weimar dove si diedero al saccheggio e uccisero a caso dei civili tedeschi. (nota 40).
Dopo la guerra la polizia segreta sovietica prese a condurre Buchenwald come campo di concentramento per “potenziali nemici di classe“ ed altri “probabili pericolosi” civili tedeschi.
Nel Settembre del 1949, più di 4 anni dalla fine del conflitto, vi erano ancora 14.300 detenuti nel “campo speciale”. (Quando Buchenwald era sotto il controllo tedesco, il numero dei prigionieri non raggiunse le 14.000 unità fino al Maggio del 1943). Le condizioni erano orribili. Perfino l’ufficiale sovietico responsabile dei campi di concentramento tedeschi, Generale Merkulov, denunciò la grave mancanza di ordine e pulizia, in particolare a Buchenwald. Almeno da 13.000 a 21.000 persone morirono nella Buchenwald gestita dai sovietici ma nessuno fu mai punito per i maltrattamenti o le morti in questo famigerato campo. (nota 41). Un ex detenuto descrisse così i suoi cinque anni di orribile reclusione, umiliazioni, interrogatori e annichilimento nel campo gestito dai russi:
“Le persone non erano che numeri. La loro dignità veniva volutamente calpestata. Venivano fatti morire di fame senza pietà e consumati dalla tubercolosi fino a ridurli a scheletri. Il processo di annichilimento era sistematico ed era stato ben testato per decine di anni. Le grida e i gemiti di coloro che soffrivano mi risuonano ancora nelle orecchie tutte le volte che il passato mi riaffiora alla mente nelle notti insonni. Dovevamo guardare impotenti le persone mentre morivano, come creature sacrificate fino all’annichilimento.
Molta gente senza nome cadde nella macchina distruttiva del NKVD (polizia segreta sovietica) dopo il crollo del 1945. Furono ammassati insieme come bestiame dopo la così detta “liberazione” e vegetarono in molti campi di concentramento. Molti furono sistematicamente torturati a morte.
Fu costruito un memoriale per i morti del campo di Buchenwald. Fu scelto un numero di fantasia per le vittime. Intenzionalmente sono state onorati solo i morti nel periodo 1937-1945. Come mai non vi è un monumento che ricorda i morti dal 1945 al 1950? Nel periodo post-bellico furono scavate innumerevoli fosse comuni attorno al campo. (nota 42).
In un atto di stupefacente ipocrisia, i dirigenti comunisti della “ Repubblica Democratica Tedesca “ del dopoguerra trasformarono il campo di Buchenwald in una specie di santuario secolare. Ogni anno centinaia di migliaia di persone visitano i luoghi, completi di musei, torre campanaria, sculture monumentali e memoriali dedicati, abbastanza ironicamente, alle “vittime del fascismo” (nota 43).
Non c’è niente che ricordi ai visitatori le migliaia di tedeschi dimenticati che perirono miseramente durante gli anni del dopoguerra quando il campo era gestito dai sovietici.
La storia di Buchenwald, come la storia di qualsiasi altro campo di concentramento tedesco in tempo di guerra, è un microcosmo nell’intero racconto dell’olocausto. Il ritratto ampiamente accettato di Buchenwald, come quello di altri campi tedeschi, è in aspro contrasto con la verità poco conosciuta.

(Tratto dal Journal of Historical Review Inverno 1986-1987 (vol. 7, n. 4), pagg. 405-417 - Traduzione a cura di Gian Franco Spotti)

inv
inv archivio :: abbonati :: inv
inv invinv^ inv
inv
In Primo Piano :: libero
continua :: libero ::
inv
Gli ultimi 5 titoli :: libero
prima pagina ::
inv
Gli ultimi 5 titoli :: abbonati
  • Prossimamente
abbonati al giornale ::
inv inv inv
inv
inv
© rinascita soc. coop. ed. a r.l. - 2002–09
inv
inv invinv
inv
inv
inv