Per impedire che in futuro possano verificarsi crisi finanziarie ed economiche come quella che stiamo subendo, sarà necessario basarsi su principi morali superiori a quelli dei banchieri. In questa fase non bisogna affidarsi ai banchieri ma alla politica e ai politici saggi. Lo ha detto Giulio Tremonti, concludendo i lavori del convegno sul tema “Il mondo dopo la crisi”, organizzato dall’Aspen Institute di cui è presidente. Il ministro dell’Economia ha inteso così ribadire la sua ostilità o meglio diffidenza nei confronti di un mondo bancario corresponsabile di aver provocato il crack finanziario del 2008 a causa delle proprie speculazioni e messo sotto accusa per avere dimenticato il proprio ruolo principale, ossia quello di finanziare l’economia reale. Le banche, pensa Tremonti ma non è il solo, sono così preoccupate di rimediare agli investimenti sbagliati o azzardati realizzati l’anno scorso che hanno messo in atto una stretta creditizia che ha danneggiato le famiglie e le piccole e medie imprese che rappresentano la struttura portante del nostro sistema produttivo. La stessa misura dei “Tremonti bond” è stata pensata infatti per offrire alle banche la possibilità di ricapitalizzarsi e tornare a finanziare le imprese. Una possibilità che ieri è stata raccolta dalla Banca popolare italiana per la cifra di 1,45 miliardi di euro. Ci vogliono, ha insistito il ministro, regole nuove e mentalità nuova per gestire l’economia nel dopo crisi. La pietra angolare, il punto di riferimento di Tremonti resta quindi quello della “economia sociale di mercato” nella quale, ha spiegato, “la regola è qualcosa di più, qualcosa di spirituale ma non per questo meno necessaria”. A giudizio del ministro dell’Economia, non sarà facile gestire il percorso di uscita dalla crisi. Sono ancora in circolazione enormi quantità di debito che contengono in sé un forte rischio di inflazione. Ma, ha ammonito, “un mondo che è convinto di cavarsela con la testa e la cultura dei banchieri, va a sbattere. Bisogna invece imparare a gestire i popoli individuando criteri etici e morali superiori alla moralità dei banchieri”. Insomma, ha insistito, non si può iniziare il nuovo secolo con i mezzi del vecchio. Non si può fare un’economia globale con un diritto locale. Non si può lasciare che ognuno vada per conto suo visto che poi tali azioni si riflettono a livello globale. “Le nostre idee che puntano a regole che debbano essere globali stanno facendo strada – ha spiegato Tremonti – e allora o le regole saranno condivise dai popoli o ci stiamo solo preparando alla prossima crisi”. Senza che questo significhi, ci pare di capire, che debba nascere un super potere mondiale messo in grado di obbligare tutti i Paesi ad accettare le regole da esso pensate. Soprattutto perché, ma Tremonti non poteva dirlo, i candidati a ricoprire tale ruolo, Fondo monetario internazionale e Banca mondiale, hanno ampiamente dimostrato di essere corresponsabili della crisi per la loro pretesa di imporre soluzioni omogenee ai singoli Paesi “beneficiari” dei loro finanziamenti. Politiche all’insegna delle privatizzazioni e delle liberalizzazioni più sfrenate che, specie nei Paesi cosiddetti “emergenti”, hanno distrutto il tessuto sociale ed hanno moltiplicato per mille gli effetti della tempesta finanziaria dello scorso anno. Più possibilista, anzi di più, su un super potere, il direttore generale della Banca d’Italia, Fabrizio Saccomanni. A suo avviso, i mercati vanno regolamentati. Bisogna estendere il perimetro della regolamentazione quanto più possibile per impedire che l’innovazione finanziaria si spinga da aree regolamentate ad aree non regolamentate. Saccomanni ha però respinto l’idea secondo cui la crisi ha dimostrato che ci debba essere una maggior presenza dello Stato nel capitalismo del futuro. Semmai, ha replicato, è necessario correggere i difetti del sistema finanziario e stabilire regole chiare. Sono in ogni caso “ottime” le azioni intraprese dal governo Usa e dalla Federal Reserve per aiutare il sistema finanziario, insomma i regali alle banche, anche se “forse sono inferiori a quanto promesso”. Altri soldi agli speculatori? In ogni caso è necessaria una cooperazione più stretta tra Usa e Europa, coinvolgendo pure i Paesi asiatici, come quella che si realizza al Financial Stability Board, presieduto guarda caso dal governatore Mario Draghi. Così per Saccomanni il Fondo Monetario unitamente al FSB dovrebbe agire da controllore dell’intero sistema finanziario internazionale. Come premessa di un unico grande potere mondiale…
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