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Caro Muammar

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Venerdi 12 Giugno 2009 – 10:26 – Ugo Gaudenzi stampa
Caro Muammar

Colonnello, ti do’ del tu perché, in fondo, la nostra è un’amicizia antica.
Data esattamente il 1 settembre del 1969, da quando, cioè, applicate all’inverso le tecniche di contro-colpo di Stato inventate dai padroni inglesi per proteggere il regime di re Idriss, riusciste, voi, un pugno di giovani ufficiali libici da te e da Jallud guidati, a rovesciare il governo manovrato da Londra e a iniziare un’impervia “terza strada”, la vostra “Rivoluzione Verde”.
Quella notte eravamo in tre a Roma a decifrare le vaghe notizie su quanto accadeva a Tripoli diffuse dalle stazioni radio arabe. L’allora addetto stampa della deserta ambasciata libica a Roma, Wail Zwaiter, l’amico, l’intellettuale palestinese rappresentante dell’Olp assassinato poi nel 1973 nella capitale da una squadra di killer del Mossad, a loro volta uccisi a Cipro nel 1985, un giornalista e scrittore, e un movimentista, il sottoscritto. E proprio chi ora scrive “tradusse”, si fa per dire, in Gheddafi il tuo nome arabo Qhatafi. Organizzando immediatamente, in quegli stessi giorni, comunicati, manifesti e scritte di evviva e di saluto alla rivoluzione araba e alla sua guida, “Gheddafi”.
Scavando nella memoria ricordo poi una lunga collaborazione con i tuoi rappresentanti, la traduzione in italiano e la diffusione del primo libretto “verde”, nonché qualche feroce accusa stampa sferrata al sottoscritto, sventata giudizialmente, di collusione con un inesistente “terrorismo libico”, e altre cose ancora.
Ecco perché ho il diritto di darti del tu, Colonnello.
Ed ecco perché posso, senza tema, dopo quarant’anni e tanti eventi trascorsi, criticare alcune tue affermazioni poco rispettose della verità storica.
Infelice, o quantomeno parziale, è stata la tua rappresentazione di una guerra coloniale fascista italo-libica. Poco felice l’accenno a Mussolini giustiziato.
Se si fanno i conti con la storia, si debbono fare completi.
Perché hai ricordato - tanto per fare qualche esempio - soltanto la (giusta) ribellione di una minoranza libica alle forze occupanti di Graziani e non 1) la precedente guerra di Libia contro i turchi collegata alle milizie arabe assetate di indipendenza, 2) la convinta partecipazione libica - gli askari - alle guerre fasciste in Africa, 3) la “spada dell’Islam” offerta al duce dagli imam di Tripoli, l’omaggio di questi alla tomba del mujahid Sidi Rafa, 4) la realizzazione in Tripolitania e Cirenaica di strade, città, scuole, ospedali, 5) la dura colonizzazione postbellica dei britannici, 6) la predazione dei beni degli italiani espulsi dalla Libia, 7) le relazioni amichevoli tra l’Italia Repubblica (caso Fiat, il Sid di Miceli (uomo di Moro) in tuo sostegno contro il tentato golpe dei seguaci di Idriss)?
Scusa, colonnello. Ma la storia è storia e non uno dei suoi singoli eventi.
E ti ripeto, poi, quanto andiamo chiedendo a tutta voce su queste colonne e non soltanto in questi giorni: quando straccerai una buona volta il velo delle menzogne atlantiche sulla tragedia di Ustica?
Non sarebbe questo un buon viatico per riannodare saldamente la storia comune, il futuro comune, delle nostre due sponde del Mediterraneo?
Con immutata stima.

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