Passata la stagione inquisitoria di Mani pulite che ha spazzato via una interna classe politica, portando alla ribalta personaggi “alternativi” come Silvio Berlusconi e Antonio Di Pietro, gli italiani si erano forse illusi che il preoccupante e dilagante fenomeno della corruzione fosse stato finalmente vinto. Nulla di più errato, almeno stando a quanto denunciato ieri dalla Corte dei conti. Secondo l’organo di rilievo costituzionale infatti questo malcostume all’interno della pubblica amministrazione é un fenomeno “rilevante e gravido di conseguenze in tempi di crisi”, tanto che il volume d’affari si attesterebbe oltre i sessanta miliardi di euro, almeno questa è la stima fatta dal servizio anti-corruzione e trasparenza del ministero della P.A. Secondo il procuratore generale Furio Pasqualucci saremmo di fronte ad una vera e propria “tassa immorale ed occulta pagata con i soldi prelevati dalle tasche dei cittadini”, facendo poi notare come al danno si aggiunga anche la beffa, dal momento che ancor più grave e per giunta non monetizzabile è il danno che questo atavico malcostume arreca agli enti pubblici sul piano dell’immagine, della moralità e della fiducia. Tra le pesanti ripercussione che questa situazione potrebbe avere c’è infatti anche la possibilità di ostacoli per i possibili investitori esteri decisi a piantare le tende nel Meridione; tanto che, sempre Pasqualucci, sottolinea come la vastità di questa piaga determini la necessità di mettere in atto “una decisa azione di contrasto”. La magistratura contabile punta infatti l’indice accusatorio contro l’insufficienza dell’azione repressiva messa in atto dal mondo politico. Per quanto riguarda poi la diffusione della corruzione, Sud d’Italia ai primi posti visto che il podio vede, la Sicilia, da dove arriva il 13% delle denunce, la Campania, da Napoli e dintorni più di un decimo di tutte le denunce, e la Puglia, ferma al 9,44%; quarto posto per la Lombardia, che genera più del 9% di tutte le denunce facendo “poco meglio” della Calabria. La Corte ha comunque voluto precisare che questo violento atto d’accusa non vuole essere una sorta di requisitoria contro l’amministrazione pubblica, ma al contrario “punta ad un migliore funzionamento dell’apparato amministrativo perché il mal funzionamento di essa può di fatto degradare le leggi a mere enunciazioni e privare di concreto contenuto l’azione di qualsiasi governo”. Questa la posizione espressa dal presidente Tullio Lazzaro, che ha poi sottolineato l’importanza del controllo operato dal suo organismo, rimarcando polemicamente la mancanza di una indipendenza finanziaria che il nostro Paese ancora non riesce a garantire. Proprio Lazzaro ha quindi sintetizzato meglio il senso delle proprie parole spiegando che questa indipendenza consiste “nel ricevere le risorse necessarie dal Parlamento e non dal governo”, salvo esprimere il proprio rammarico per il fatto che nel corso degli anni molte promesse sono state fatte ma che fino ad oggi non si è mai passati dalle parole ai fatti. Per non inimicarsi totalmente la maggioranza di centrodestra, subito dopo il presidente della Corte dei conti si lancia in una vera e propria sviolinata nei confronti del ministro Renato Brunetta e della sua norma antifannulloni che ha anche affidato nuove competenze alla Corte. “È - ha spiegato - probabilmente un primo passo ma è un passo di grande importanza. Fa aumentare la fiducia del cittadino nelle istituzioni. Al contrario la sfiducia è il rotolare del primo macigno di una valanga capace di travolgere anche gli stessi organi della democrazia”. Lazzaro ha quindi concluso il proprio intervento definendo un dovere per il legislatore affidare alla Corte dei conti tutti i mezzi giuridici necessari per poter assolvere alle proprie prerogative “nell’interesse esclusivo dei cittadini”, anche perché solo attraverso gli effetti dei controlli si potranno realizzano quei principi dell’agire amministrativo, dell’amministrare giustizia, dello svolgere ciascuno il proprio ruolo. L’allarme lanciato dalla Corte è quanto mai grave, anche se purtroppo non stupisce minimamente; va però anche rilevato che la magistratura contabile è un semplice organo di controllo privo di poteri reali, avanzare richieste per ottenerne di maggiori a chi poi dovrebbe essere posto sotto la lente d’ingrandimento appare forse troppo utopistico. Insomma il classico caso di tanto rumore per nulla.
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