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I misfatti degli eurocrati di Bruxelles

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Mercoledì 22 Luglio 2009 – 8:44 – Ugo Gaudenzi stampa
I misfatti degli eurocrati di Bruxelles

Quattro anni fa andava oltre, nella sua città natale, a Belgrado, Dragos Kalajic (foto), l’“eretico” intellettuale serbo, il nostro amico, il fondatore, assieme a “Rinascita” di “Evropa Nacjia”, il periodico portavoce della volontà di riscossa della nazione europea tutta.
Dragos, nei primi anni Novanta, era stato il testimone scomodo della distruzione della Jugoslavia e, a fianco del suo popolo, il Serbo, un popolo che la comunità d’Occidente aveva deciso di depredare della propria sovranità e indipendenza, era stato chiamato al Senato della Repubblica Srpska di Bosnia.
Lì, accanto ai suoi connazionali, aveva vissuto sotto le bombe all’uranio impoverito gentilmente offerte dagli occidentali per “pulire etnicamente” sia la Srpska che la Krajna (come accaduto poi anche per il Kosovo) dalle popolazioni autoctone serbe.
Come migliaia di altri cittadini – non esclusi tanti militari italiani che hanno poi partecipato sia alla cosiddetta “pacificazione” in Bosnia che al ripristino di una falsa pace dopo i bombardamenti del 1999 contro la Serbia – anche Dragos probabilmente aveva dovuto offrire la sua vita sull’altare degli esperimenti atlantici con bombe e munizioni mortali cortesemente riversate dagli aggressori esterni sulle terre serbe.
Intanto sono trascorsi 14 anni dalla fine del conflitto civile in Bosnia Herzegovina, ma lo Stato balcanico continua ad essere sottoposto a stretta tutela dell’Occidente. Un “Alto (o “speciale”) Rappresentante” – immesso nella carica dagli Accordi di Dayton (accordi di pace a senso unico, e cioè applicati fin qui esclusivamente in favore dell’entità musulmana di Sarajevo, mentre alla parte serba-ortodossa è stata imposta una sorta di sovranità limitata) del 1995 - continua a svolgere, senza alcun diritto, il ruolo – non previsto dal negoziato del ‘95, ma attuato nei fatti – di “viceré” dei governi e delle organizzazioni occidentali auto-proclamatosi “regolatrici” del conflitto nei Balcani.
Le stesse “autorità” che hanno poi continuato a completare nel 1999 il loro compito colonizzatore scatenando l’aggressione militare della Nato alla Serbia fino al successivo distacco della provincia serba del Kosovo Metohija regalata, nel nome della “geopolitica atlantica” a quella zona franca e grigia dei Balcani – Montenegro-Albania-Macedonia - dove ogni traffico “politico” o criminale è possibile per il profitto occidentale.
Tale “Alto-Speciale Rappresentante” d’Occidente – oggi l’austriaco Valentin Inzko, il settimo della serie, succeduto il 26 marzo di quest’anno allo slovacco Miroslav Lajcak, diventato ministro degli esteri di Bratislava - sta di questi tempi utilizzando i suoi poteri (illegittimamente) per intervenire nella vita politica interna delle entità federate nella Bosnia Herzegovina addirittura procedendo all’annullamento o all’adozione di leggi, o dichiarando la decadenza di pubblici ufficiali nominati dai governi e dai parlamenti “sovrani” (sic). Non appena insediato al suo incarico, il diplomatico austriaco, che è di etnia slava, ha infatti provveduto rapidamente subito a due rilevanti “decisioni”. La prima, quella di “dimettere” il funzionario dei servizi di sicurezza serbi Radislav Jovicic reo di aver curato per il suo governo un dossier sull’organigramma di “sua maestà il viceré”, la seconda – sempre sulla stessa linea di piaggeria nei confronti dei musulmani-bosniaci – di procedere ad una visita ufficiale ad Ankara, lo Stato-Protettore della comunità bosniaca arroccatasi a Sarajevo e tutelata dalle armi occidentali. Per discutere, così recita il comunicato dell’altro giorno, sulla “normalizzazione europea” della Bosnia, destinata a diventare assieme al Kosovo “indipendente” e all’Albania, secondo gli eurocrati di Bruxelles, parte integrante dell’Unione europea, quell’entità extranazionale agli ordini di Washington e di Londra. Tre Paesi-cavalli-di-Troia da modellare come “democratici” per aprire quindi la strada all’ingresso della stessa Turchia nell’Unione. E’ la Turchia, infatti, la chiave di volta della geopolitica atlantica di assedio alla Russia, all’Iran e all’Asia centro-meridionale, alle sue materie prime e ai suoi dispositivi strategici.
Poi i vari “viceré”, da Inzko a Karzai, assolto il loro compito, potranno anche fare le valigie. Gli ordini per l’ulteriore “pacificazione” saranno inviati direttamente da Bruxelles (Nato) e da Israele.

Se il “nuovo ordine atlantico” non crollerà prima.

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