Il Pd è ormai al bivio. Secondo Enrico Letta come alternativa a Bersani c’è solo il baratro. “Siamo al 26%, sotto non c’è nulla, ecco perché ho scelto Bersani”, questo il monito dell’esponente sostenitore della mozione dell’ex ministro della lenzuolata. Pur apprezzando Franceschini, dice che occorre un cambiamento radicale di rotta per ridare slancio al partito. “La sinistra di Dario -ha sottolineato- è molto esigenziale e si è espressa molto anche in questa campagne per le europee. Sul conflitto di interessi credo sarebbe più utile fare la riforma del sistema radio televisivo che non è ancora arrivata perché abbiamo dovuto salvare il partito Rai, abbiamo fatto come Tafazzi”. Ma oltre alle sterzate di Letta ci sono le sferzate di D’Alema. L’ex segretario della Quercia bacchetta la via del liberismo intrapresa da Franceschini, che a suo dire indebolirebbe il partito. Secondo Baffino il principale sbaglio del giovane Dario e dei suoi supporter è stato quello di tagliare i ponti con il passato, facendo balenare l’idea che tutte le responsabilità siano legate ad una questione di età. Invece per D’Alema il problema non è generazionale ma piuttosto quello di costruire un’alternativa credibile. L’analisi di Baffino è spietata ed è rivolta, logicamente, ai cosiddetti nuovisti. Dice che il problema non è quello di combattere le tradizioni e la storia dei partiti che hanno dato vita al Pd, come sta facendo Franceschini, ma semmai quello di far nascere un partito in rapporto alle esigenze dei cittadini. “Anche il meccanismo congressuale è pensato come se esistessimo solo noi: una gigantesca conta interna, che avviene in due fasi e produce una stagnazione lunga mesi”, questo l’altro aspetto negativo segnalato da Baffino. Ma la goccia che ha fatto traboccare il vaso, come abbiamo già accennato, riguarda proprio il leaderismo. Questa scelta intrapresa da Franceschini fa davvero perdere le staffe al lìder Massimo. La giudica del tutto sbagliata anche perché si tratterebbe di una brutta copia, in quanto come originale c’è già Berlusconi che in fatto di liberismo la dà da bere a tutti. E quindi su questo terreno non si è fatto altro che indebolire la struttura del partito. “Il segretario ha voluto caratterizzare la sua candidatura innanzitutto contro quelli che c’erano prima”, prosegue l’ex ministro degli Esteri “e il risultato paradossale è tutti quelli di prima lo sostengono, salvo il sottoscritto. Questo, ripensandoci, fa ritenere che ci si rivolgesse contro una sola persona”. Baffino è amareggiato da queste polemiche pretestuose tra l’ala dei cosiddetti nuovisti, guidati da Franceschini, e l’ala delle cosiddette mummie, alla cui testa c’è Bersani e D’Alema. Ma la diatriba tra le due correnti di pensiero non è legata solamente ad una questione generazionale ma anche ad una questione patrimoniale. Pare che Franceshini abbia messo gli occhi sulle sedi dell’ex Pci-Pds-Ds-Pd che D’Alema non ha nessuna intenzione di mollare. Sulla querelle degli immobili spiega che è stata appositamente creata una fondazione a garanzia del debito precedente non a carico del Pd. “Protagonista di questa decisione -dice- fu Piero Fassino. Se Franceschini vuole contestare la decisione, ne parlino tra loro. E se vuole il patrimonio, prenda anche i debiti”. L’ultima stoccata è dedicata “all’amico” Walter Veltroni: “Ha avuto una opportunità e l’ha usata male”. Ma la stessa cosa si potrebbe dire di D’Alema che di opportunità ne ha avute diverse. Però lui continua ad essere il lìder Massimo…
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