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Gabbie salariali: i sindacati pronti allo scontro frontale

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Giovedì 13 Agosto 2009 – 11:44 – Fabrizio Di Ernesto stampa

Le gabbie salariali sono ormai terreno di scontro non solo all’interno della maggioranza ma, soprattutto, tra centrodestra e parti sociali, con i sindacati che sembrano pronti a rendere quanto mai infuocato un autunno che già si preannuncia caldo.
Il presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, dopo che nei giorni scorsi aveva aperto a questa incomprensibile trovata del leghista Roberto Calderoli, come gli capita sovente è tornato sui propri passi sottolineando: “Quando ho affrontato la questione delle retribuzioni legate al territorio, non ho mai parlato di gabbie salariali. E quando ho detto che mi sembra sia giusto discutere di questo rapporto mi riferivo semplicemente a qualcosa che già esiste”, provando quindi a rilanciare la contrattazione decentrata, secondo l’accordo già approvato da varie sigle sindacali, tutte fuorché la Cgil.
Anche il padano Calderoli, già autore del porcellum elettorale, è tornato sulla questione rilanciando la propria convinzione che le retribuzioni vadano collegate al potere d’acquisto. Secondo la sua visione della vicenda nel sud bisogna togliere l’Ires, l’imposta sul reddito delle società, alle aziende che aprono e creano nuova occupazione, magari per cinque anni, quindi vedere se questa fiscalità di vantaggio ha prodotto effetti positivi. Il sistema per lui rimarrebbe in equilibrio perché “recuperiamo l’Iva e i contributi di chi oggi lavora al nero, e laggiù ce n’è tanti”. La camicia verde ha pronta la formula magica anche per le regioni dell’inesistente padania con un intervento sulle imposte dirette, “sull’Irpef tanto per capirsi. Si tratterebbe di definire l’area esente in base al costo della vita. Dove questo è maggiore, anche l’area cosiddetta no tax dovrebbe essere più ampia. E viceversa. E gli aumenti in busta paga si trasformerebbero in incentivo vero, mentre ora se li mangiano le imposte”. I sindacati però, anche in vista della ripresa delle trattative per il rinnovo dei contratti dei metalmeccanici, si preparano allo scontro frontale, con la Cgil che non sembra minimamente intenzionata a fare sconti alla maggioranza di centrodestra. Il rosso Guglielmo Epifani (foto), segretario generale della Cgil, dopo aver ribadito la sua più totale contrarietà all’ipotesi di reintrodurre le gabbie salariali ha manifestato la volontà di opporsi con tutte le forze a questa norma, non escludendo la possibilità di ricorrere allo sciopero generale.
Il sindacalista romano ha definito le parole della Lega “regressive”, ricordando che in Italia ci sono già, di fatto, quattro gabbie salariali ovvero “le grandi diseguaglianze tra lavoratori del nord e lavoratori del sud, perché un occupato del settore privato del sud guadagna il 20-25 per cento in meno rispetto a un lavoratore del nord. E poi anche le differenze tra lavoro maschile e femminile, nell’ordine del 15-20 per cento. C’è poi una terza gabbia salariale che è quella del lavoratore italiano e un immigrato, che è pagato di meno. E infine quella tra un giovane e un meno giovane”.
Sul piede di guerra anche la Cisl che con il numero uno Raffaele Bonanni mette in guardia dall’insistere sulla strada delle gabbie salariali poiché, a quel punto, salterebbero tutti gli accordi sul nuovo modello contrattuale in quanto “abolirebbe il ruolo di sindacati e imprese”. Per Bonanni più utile sarebbe cancellare del tutto la tassazione sulla contrattazione integrativa ovvero quella che premia la produttività sia territoriale sia aziendale. La speranza è che il governo torni quanto prima sui propri passi gettando nel dimenticatoio l’assurda boutade sulle retribuzioni differenziate a seconda della zona di residenza. I salari italiani, sia al nord sia nelle regioni meridionali, sono ormai inadeguati al costo della vita e degli interventi mirati in materia sono sempre più necessari. Un governo attento ai bisogni dei cittadini anziché prendere in considerazione queste gabbie troverebbe il modo di rendere più pesanti tutti gli stipendi e rilanciare lo Stato sociale con un conseguente vantaggio per le tasche degli italiani ma ciò, almeno in questa Italietta liberista, più che politica appare pura fantascienza.

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