Altro che possibile ripresa economica. La recessione è sempre più una realtà. Nei Paesi membri del sistema dell’euro, il Prodotto interno lordo è crollato infatti del 2,5% rispetto all’ultimo trimestre del 2008. Si tratta del calo più significativo da quando è stata adottata la moneta unica. Secondo i dati forniti da Eurostat, il dato più negativo ha riguardato la Germania (-3,8%), seguita da Austria e Olanda (-2,8%), Italia (-2,4%), Spagna (-1,9%), Belgio (-1,6%) e Francia (-1,2%). Complessivamente nei 27 Paesi membri dell’Unione europea il calo è stato del 2,4% con la Gran Bretagna che ha registrato un meno 1,9%. Il risultato peggiora di molto se si ragiona su base annuale. Nel primo trimestre del 2009 il PIL è diminuito infatti complessivamente del 4,8% nella zona euro e del 4,5% nei 27 Paesi membri. Guida la classifica sempre la Germania ( con un meno 6,9%), seguita da Italia (-5,9%), Francia (-3,2%) e Spagna (-3,0%). In particolare ha influito un calo del 4,2% degli investimenti, dell’8,1% dell’export e del 7,2% delle importazioni e per quanto riguarda le famiglie il calo (-0,5%) della spesa per i consumi, che rappresenta il dato più preoccupante perché denota che l’aumento generalizzato di povertà accomuna pensionati, dipendenti e disoccupati ed è un fenomeno che non conosce confini. Molti, troppi, non ce la fanno più ad arrivare alla fine del mese e le entrate mensili finiscono per lo più per essere utilizzate per le spese fisse di casa, gas, luce e condominio, e penalizzano per forza di cose le spese alimentari. Questa tendenza, se non ci si pone rimedio con l’aumento delle buste paga e delle pensioni, potrebbe comportare effetti domino a catena con il crollo della domanda globale e quindi con non pochi problemi per le aziende che saranno così obbligate a ridurre la produzione. Uno scenario che in passato abbiamo già visto e che ha causato la depressione degli anni 30 sfociata poi in una guerra mondiale. Una lezione che purtroppo non sembra aver insegnato niente ai governi che oggi come allora hanno permesso agli speculatori di svolgere indisturbati il loro lavoro. Da parte loro le aziende italiane si trovano obbligate a sperare in un futuro roseo pur non nascondendosi le difficoltà del momento. L’uscita dalla crisi economica sarà lunga e complessa, ha ammesso il presidente di Confindustria, Emma Marcegaglia. Certamente, ha aggiunto, ci sono alcuni segnali di miglioramento ma è altrettanto vero che c’è ancora una situazione di grande difficoltà. E allora, bisogna continuare ad agire sull’emergenza e “fare le riforme che sono assolutamente necessarie”. Insomma la solita richiesta di più Mercato e di meno intervento statale diretto nell’economia che è accettabile solo quando la mano pubblica apre i cordoni della Borsa e finanzia le banche e le imprese. Marcegaglia non ha poi scordato di fare un appello all’unità del Paese sulla scia dell’invito fatto da Giorgio Napolitano in occasione del 2 giugno. Napolitano è ritornato ieri sulla questione sottolineando che il superamento della crisi economica richiede da un lato un difficile equilibrio tra azioni volte al sostegno delle imprese e del sistema del credito e dall’altro una particolare attenzione alle aree meno sviluppate del paese, la tutela dell’occupazione e la difesa del reddito dei lavoratori e delle famiglie. “La coesione sociale è un bene assoluto del Paese e occorre lavorarvi” ha confermato il presidente di Confindustria, sottolineando come i dati sulla disoccupazione in Europa diffusi dall’Eurostat (in aprile si è attestata al 9,2% contro l’8,9% di marzo), mostrano la complessità di una crisi che rischia di alzare una barriera tra chi ha tanto e chi ha niente. Visto poi che secondo le previsioni la disoccupazione non potrà che peggiorare. Sparge invece ottimismo a piene mani Silvio Berlusconi che ha ribadito la sostanziale salute e stabilità del nostro sistema bancario che non è stato interessato né infettato da titoli tossici. Il Cavaliere ha ricordato che lo Stato, attraverso i Tremonti bond, ha messo 12 miliardi di euro a disposizione di quelle banche che avessero necessità di aumentare il loro patrimonio e che in tal modo potrebbero tornare a finanziare l’economia reale. Purtroppo le banche attualmente sono impegnate semmai a chiedere alle piccole imprese e ai privati cittadini di rientrare delle proprie esposizioni.
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