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Fisco: nuovi regali del governo alle imprese

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Martedì 19 Maggio 2009 – 11:17 – Diana Pugliese stampa
Fisco: nuovi regali del governo alle imprese



Far decidere la politica economica agli imprenditori, spesso, è come mettere i topi a guardia del formaggio. Che siano di destra o di sinistra poco importa: le misure che propongono sono quasi sempre volte ad arricchire le casse aziendali, alleggerendo quelle dei lavoratori.
Il governo Berlusconi, eccezion fatta per alcune apprezzabili misure, non fa certo eccezione, puntellato com’è dai tanti rappresentanti del mondo imprenditoriale. Il ministro dello Sviluppo Economico, Claudio Scajola, intervenendo ieri a Genova al road show di Confcommercio su fiscalità e pmi, ha annunciato che dopo le molteplici misure già attuate a favore delle banche e delle imprese l’esecutivo sta lavorando a nuovi provvedimenti a sostegno delle piccole e medie imprese. Nelle intenzioni del governo, tali misure dovrebbero servire a contrastare le difficoltà delle pmi e a stimolare l’economia, obiettivo certamente apprezzabile, se non venisse raggiunto a scapito dell’interesse generale, alleggerendo il carico delle imprese ma non degli altri operatori economici.
Invece di ridurre l’Iva, mettendo in moto un circolo virtuoso in grado di riavviare il sistema, il governo mira ad introdurre nuove agevolazioni fiscali, come ad esempio la defiscalizzazione delle spese per l’assunzione di export manager. Sempre per sostenere le pmi, secondo quanto annunciato da Scajola, sarà accelerata la revisione degli studi di settore, sistema fiscale che, da una parte, costringe molte piccole aziende a pagare più di quanto dovrebbero ma, dall’altra, consente ai grandi giri di affari di mettersi al sicuro dagli accertamenti pagando molto meno di quanto dovrebbero, in una sorta di evasione legalizzata che non sarà risolta con le nuove modifiche.
A queste iniziative e agli strumenti di garanzia pubblica approvati per favorire l’accesso al credito, peraltro condivisibili, vanno aggiunti i numerosi ‘regali’ che il governo Berlusconi ha fatto nei mesi passati alle aziende: dalla riduzione dell’imposta sostitutiva per la rivalutazione degli immobili d’impresa alla nuova fiscalità di distretto, che consentirà alle aziende di optare per un regime agevolato ai fini dell’applicazione dell’imposta sul reddito delle società. Come ha spiegato lo stesso ministro, in pochi mesi sono state abolite ben 36.000 leggi, è stato avviato un processo di riduzione del 25% gli oneri amministrativi d’azienda e attuati “interventi di semplificazione” grazie ai quali le pmi hanno potuto risparmiare tra i 4 e i 5 miliardi l’anno. Qualche giorno fa, infine, dopo il via libera dalla Commissione, è stato varato il decreto che rende operativo il regime dell’Iva per cassa, permettendo alle imprese con un volume d’affari inferiore a 200.000 euro di versare l’imposta all’atto dell’effettiva riscossione e non alla fatturazione; nello stesso tempo, per aumentare la liquidità sono stati accelerati i rimborsi Iva ed è stato ridotto di 3 punti l’acconto Irap e Ires.
Aiuti su aiuti, dunque, solo in parte giustificati dall’elevata pressione fiscale gravante sulle imprese nostrane ma di certo utili ad infliggere nuovi colpi all’impianto giuridico del lavoro ed a socializzare costi e rischio d’impresa. “Sono d’accordo con il risultato dell’indagine di Confcommercio, secondo la quale più del 75% delle imprese ritiene che la pressione fiscale, previdenziale e contributiva sia eccessiva e costituisca un limite per la crescita e la competitività del Paese”, ha detto Scajola, aggiungendo che la crisi di liquidità delle imprese più piccole impone un uso attento della leva fiscale per liberare risorse per impieghi produttivi e “orientare le strategie aziendali verso soluzioni organizzative e gestionali in linea con le nuove sfide dell’economia globale”; le stesse che, a ben vedere, corrodono i diritti dei lavoratori.
A tutte queste elargizioni gli imprenditori rispondono con nuove richieste e la messa in cig e mobilità dei dipendenti più onerosi. Ben poco convincono dunque le sbandierate buone intenzioni di Scajola, che auspica “una fiscalità più equa e razionale, che sappia coniugare certezza delle regole, fermezza nella lotta all’evasione, rispetto per le esigenze delle imprese”: ciò cui si assiste è l’affermazione di logiche volte a socializzare i costi, imporre nuovi modelli contrattuali e criteri retributivi e tagliare il prelievo fiscale e, con esso, i servizi dello Stato. Gli utili, invece, continuano ad andare nelle casse aziendali.

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