Giovedì 4 Giugno 2009 – 11:09 – Michele Mendolicchio
Quando ci si dà la zappa sui piedi poi non ci si può lamentare per essere stati tagliati fuori dagli accordi tra i due partiti egemoni che hanno introdotto la soglia del 4%. E’ quello che sta accadendo nell’area della cosiddetta sinistra radicale. “C’è una grossa questione di democrazia aperta nel nostro Paese”, lamenta l’ex diessino Cesare Salvi “I 5 partiti che oggi sono in Parlamento stanno sbarrando in ogni modo la strada agli altri, colpendo la democrazia”. E dice anche che la battaglia dei radicali e soprattutto della Bonino con l’occupazione degli studi Rai è più che giusta e che dovrebbero far propria anche i cartelli della sinistra radicale. Dunque, secondo il leader di Socialismo 2000 che fa parte del cartello elettorale del rifondarolo Paolo Ferrero, cui aderiscono anche i Comunisti italiani di Diliberto, la colpa di questa probabile esclusione anche dall’Europa sarà da addebitare al Pd e al Pdl. Ma questa chiave di lettura dell’ex esponente della Quercia mal si confà con la valutazione complessiva della questione. Se la sinistra radicale è fuori dal Parlamento italiano e quasi sicuramente da quello europeo è colpa della politica suicida portata avanti in questi ultimi 15 anni. Sia Rifondazione che i Comunisti italiani come gli stessi Verdi entrando a far parte dei vari governi di centrosinistra, sin dal primo governo Prodi del ’96, hanno in pratica accettato quelle politiche che loro avevano sempre condannato. E parliamo, innanzitutto, del finanziamento alle guerre democratiche su diktat degli amerikani, dal bombardamento di Belgrado sotto il governo D’Alema alla guerra in Iraq e a quella afghana, e della legge Treu sul lavoro, poi seguita dalla legge Biagi, che ha fatto tabula rasa dei diritti, lasciando i lavoratori nella precarietà e con stipendi da fame. E lì si è rotto il rapporto di fiducia con il proprio elettorato che per questo li ha puniti, mettendoli fuori da Montecitorio e da Palazzo Madama. E ora anche da Strasburgo.