Il voto parlamentare sul famoso “pacchetto sicurezza” sarà solo la prova generale. Il vero terreno di scontro sarà la riforma della Giustizia, un tema che probabilmente verrà affrontato già a settembre prossimo. Allora, e solamente allora, si saprà fino in fondo se esistono margini per un dialogo tra maggioranza ed opposizione e quanto veramente pesa la dipietrista Idv all’interno del centrosinistra. Soprattutto si saprà se esiste realmente in Italia un partito delle toghe e quanto questo possa determinare le questioni politiche italiane. La nostra Costituzione separa chiaramente il potere giudiziario da quello legislativo e da quello esecutivo; certo è che una parte del Palazzo ha flirtato per troppo tempo con le toghe, affidando le proprie sorti elettorali più ad avvisi di garanzia e processi piuttosto che a programmi politici ed ideali. Potrebbe essere successo che, a lungo andare, qualcuno abbia provato fin troppo gusto a tracimare nei poteri altrui ed oggi voglia continuare a farlo e per questo deciso a sabotare qualsiasi riforma che possa rendere più difficile l’intromissione. Cossiga, che spesso ha espresso teorie dietrologiche apparentemente improbabili ma comunque sempre interessanti, ha, proprio ieri, affermato che dietro all’arresto di Del Turco e l’azzeramento della sua giunta ci sia addirittura un segnale mandato a Veltroni per convincerlo a non collaborare in alcun modo con Berlusconi, soprattutto in materia di riforma della giustizia. Non vogliamo nemmeno immaginare che ciò possa essere vero, perché sarebbe di una gravità imbarazzante: in pratica ci troveremmo di fronte ad un vero e proprio colpo di Stato, seppur consumato senza armi. Senza però andare troppo in là è sotto gli occhi di tutti la politicizzazione della giustizia, principale causa di sfiducia degli italiani sull’imparzialità dei tribunali. Già perché se un tempo Borrelli ripeteva per tre volte il suo “resistere” agli italiani basterebbe essere confortati sul fatto che la giustiza è sempre uguale per tutti.