Siamo di fronte ad una crisi economica globale e la reazione deve essere una reazione globale. Altrimenti, se ogni Nazione andrà avanti con interventi autonomi e non coordinati, si avranno effetti inferiori a quelli necessari per sostenere una ripresa. Per il ministro dell’Economia, Giulio Tremonti, ascoltato dalle commissioni riunite Bilancio e Politiche comunitarie alla Camera, le misure adottate rappresentano il massimo che si poteva fare. Certo, ha spiegato, si possono pure ipotizzare forme di azione più intense ma questo prenderebbe tempo e “presuppone condizioni politiche che non sono ancora presenti”. Un riferimento alla mancanza di un unico intervento da parte di un’unica struttura europea che avrebbe avuto una portata maggiore del Piano di “appena” 200 miliardi varata dalla Commissione europea alla quale si affiancheranno i singoli provvedimenti dei singoli Stati. Se fosse stato possibile impostare un solo intervento, ha voluto dire Tremonti, questo sarebbe stato caratterizzato da risorse maggiori e con un diverso e maggiore impatto sull’economia europea. Laddove non si capisce bene se quando Tremonti usa il termine “condizioni politiche” voglia lamentare l’assenza di una Autorità centrale europea dotata di maggiori poteri politici, economici e finanziari o invece intenda sottolineare con compiacimento che proprio la cosiddetta “arretratezza” del nostro sistema bancario abbia risparmiato all’Italia i disastri che si sono registrati in Gran Bretagna e Belgio. Un sistema arretrato che, non essendo troppo aperto ai nuovi strumenti finanziari, non si trovava nelle condizioni di poter speculare. Tremonti ha poi ricordato che “misure più ambiziose”, come l’emissione di bond europei da parte dell’Unione, e non solo da parte della BCE, “attualmente non hanno un sufficiente grado di consenso politico”. Tali titoli infatti sono i soli che permetterebbero di finanziarsi ai Paesi con un alto deficit come appunto l’Italia. Mentre per motivi opposti sono osteggiati dai Paesi con i conti pubblici più a posto. Non per niente Tremonti ha ammonito i deputati della commissione Bilancio a non pensare che i ministri al governo, lui in primis, possano fare i fenomeni. Si deve essere prudenti e attenti e rispettare il Patto di stabilità. La realtà politica deve tenere conto delle grandezze dello scenario che abbiamo di fronte. Ci sono margini di manovra rispetto ai conti pubblici, nel senso che il tetto del 3% del disavanzo rispetto al PIL può temporaneamente sforare seppure di poco. Ma tali margini devono avere un’approvazione comune. Non ci possono essere azioni atipiche e unilaterali. “Il nostro vincolo – ha aggiunto - non è il Patto, ma il mercato finanziario”. Nel senso che se sforiamo troppo sul rapporto disavanzo|PIL il mercato finanziario internazionale potrebbe penalizzarci non comprando più i titoli del nostro debito pubblico. In ogni caso, ha precisato Tremonti, non è detto che gli interventi di sostegno all’economia debbano per forza di cose essere fatti tutti in deficit, ossia emettendo titoli di Stato. Oltretutto non tutti gli interventi fatti in deficit sono in grado di produrre un sostegno all’economia, mentre invece ci sono interventi non in deficit ma che producono sostegno all’economia. Come appunto quelli del decreto legge anticrisi che intervengono in una situazione di bisogno e per proteggere i ceti sociali più vulnerabili ma che intendono anche e soprattutto trasmettere quanto più possibile un effetto di fiducia e fare sì che alcuni interventi siano velocizzati. Tremonti ha quindi difeso la “social card” e nel respingere l’accusa di voler ghettizzare i beneficiari ha ricordato che uno strumento del genere venne lanciato dal Presidente americano John Kennedy che a suo avviso non era certamente uno ansioso di ghettizzare. Allo stesso modo ha insistito, le risorse che andranno alle famiglie non possono essere considerate “una elemosina”. A suo giudizio, in situazioni di difficoltà 3-4 euro al giorno non sono un’elemosina. “Nei salotti – ha ironizzato riferendosi ai radical chic di sinistra - la definiscono elemosina ma non è giusto”. Oltretutto le detrazioni fiscali contenute nel decreto legge anticrisi per molte famiglie ammontano a più di 400 euro. Quanto alle bollette della luce e del gas, Tremonti ha assicurato che esse scenderanno in modo significativo in quanto la norma contenuta nel decreto anticrisi, blocca i diritti delle tariffe che vengono addebitate dalla Pubblica amministrazione come contropartita dei servizi pubblici erogati. Il decreto legge non poteva intervenire direttamente sul costo delle tariffe ma il governo ha attivato un meccanismo dentro le Autorità dell’Energia e della Concorrenza per raggiungere tale obiettivo.
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