Riccardo Villari, senatore eletto nelle liste del Partito Democratico, non molla la poltrona della presidenza della Commissione di vigilanza Rai. Toro Seduto, questo sembra ormai il nome più corretto per lui, non vuole proprio saperne di lasciare il suo posto a Sergio Zavoli, collega di partito e presidente in pectore fino a ieri, poiché frutto di una riuscita ma tardiva mediazione tra Pd e Pdl. Villari si sente investito da una missione istituzionale e tira dritto per la sua strada che a questo punto sembra diversa da quella del Pd. L’ufficio di presidenza del Pd al Senato ieri ha espulso il parlamentare dal partito, ma questi potrebbe ancora ricorrere davanti all’assemblea del gruppo democratico di palazzo Madama e questo allungherebbe i tempi lasciando ancora nell’imbarazzo generale Veltroni e compagni. Se Villari venisse infatti espulso, il centrosinistra potrebbe ancora rivendicare in qualche modo la poltrona, che per regolamento spetta alla minoranza, altrimenti sarebbe difficile boicottare a lungo i lavori di commissione, comunque presieduta da un uomo del Pd. Quella del boicottaggio attraverso la non partecipazione ai lavori sembra infatti essere la strada scelta ora da tutto il centrosinsitra che in questo modo impedirebbe anche la nomina del presidente Rai, per la quale serve una maggioranza qualificata non raggiungibile in queste condizioni. Ma queste sono manovre che non possono essere protratte all’infinito. Intanto la maggioranza se la ride e certo si compiace per la scelta effettuata: è stato infatti individuato l’uomo giusto, quello che la poltrona non la molla, mai. Stravaganti invece le polemiche scatenate dal centrosinistra perché il problema sta tutto in casa loro, semmai è Veltroni che dovrebbe mettersi sotto un mattone ricordando le sue parole di solo qualche giorno fa: “non ci sono problemi, Villari si dimetterà immediatamente”. Questo teatrino poco edificante ci spinge a qualche considerazione sulle polemiche scatenate da alcuni a favore di una riforma elettorale che riporti in auge il voto di preferenza. Il rapporto diretto tra eletto e cittadini, gli unici verso i quali il parlamentare in teoria risponde, è una pura astrazione e diventa anzi un pretesto per svincolarsi dalle indicazioni di partito ogni qual volta gli fa più comodo, magari accampando questioni morali o “istituzionali”, come nel caso in questione. La degenerazione della politica italiana passa invece anche per la diminuita autorevolezza dei partiti, verso i quali non esiste più alcun senso di disciplina, e questo è la conseguenza diretta della degenerazione degli ideali. Infatti il fenomeno della transumanza politica da uno schieramento all’altro è moda recente e questo avviene perché non si percepiscono sostanziali differenze tra gli uni e gli altri: non le percepiscono gli eletti, figuriamoci gli elettori. Migrazioni in massa dal Pci alla Dc o viceversa ai tempi di Togliatti e De Gasperi sarebbero state impensabili, infatti si contano sulle dita di una mano dal dopoguerra fino alla fine della cosiddetta prima repubblica, poi è stato il caos. In ogni caso Toro Seduto non molla, anzi sembra dire “uomo rosso non avrai il mio scalpo”, ma vien da chiedersi chi sarebbe l’uomo rosso. Veltroni? Rosso? Ma per piacere, al massimo vorrebbe essere... abbronzato.
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