I fatti di Nassiriya hanno i loro capri espiatori: i generali Vincenzo Lops e Bruno Stano, per cui è stata chiesta la condanna a 10 e a 12 mesi, e il colonnello Georg Di Pauli, rinviato a giudizio, accusati di non aver messo in atto le misure necessarie per garantire la sicurezza nella base “Maestrale”, dove il 12 novembre 2003 morirono 19 militari. In senso figurato, un “capro espiatorio” è qualcuno a cui è attribuita tutta la responsabilità di malefatte, errori o eventi negativi e deve subirne le conseguenze ed espiarne la colpa. La ricerca del capro espiatorio è l’atto irrazionale di ritenere una persona, un gruppo di persone, o una cosa, responsabile di una moltitudine di problemi e, nello stesso tempo è anche un importante strumento di propaganda. Stavolta i capri espiatori che il governo vuole sacrificare sull’altare “della Patria” per salvare l’insalvabile, ovvero la sua reputazione. Quella reputazione che lo porta a spalleggiare gli Usa nelle loro assurde imprese di democrazia export, celando l’appoggio belligerante sotto le mentite spoglie di una “missione umanitaria”, di quelle tanto pubblicizzate quanto finte “peace keeping”. E così nel processo in corso davanti al gup Militare di Roma per i fatti di Nassiriya, il pubblico ministero, per i generali dell’esercito Vincenzo Lops e Bruno Strano, che si sono avvicendati al comando del contingente italiano in Iraq, ha chiesto condanne, rispettivamente, a 10 e 12 mesi di reclusione. Mentre per il colonnello Georg Di Pauli, comandante dell’Unità specializzata multinazionale dei Carabinieri, che aveva la sua base al “Maestrale”, è stato richiesto il rinvio a giudizio. Numerose inoltre le parti civili costituitesi in giudizio, che hanno chiesto un risarcimento complessivo, che ammonta a diversi milioni di euro. Lops e Starno, intanto, hanno chiesto e ottenuto di essere processati con rito abbreviato, mentre per Di Pauli è previsto quello ordinario. La decisione del gup è attesa tra circa 20 giorni, la prossima udienza è stata infatti fissata al 10 dicembre prossimo, dopo che si saranno svolte le arringhe delle rispettive difese degli imputati. Il procedimento a carico degli imputati era stato sospeso, meno di un anno fa, per alcuni problemi di notifica. La prescrizione del reato contestato è comunque prossima. Intanto l’avvocato di parte civile Francesca Grazia Conte, ieri ha motivato l’assurda richiesta spiegando: “Abbiamo depositato documenti e memorie che provano in modo incontrovertibile che i vertici del comando militare in Iraq sapevano dei pericoli imminenti che stavano passando i nostri soldati. È sconvolgente che non si siano allestite difese a protezione della base Maestrale così come la logica imponeva”.. Adesso è indubbio il fatto che una base militare italiana che si trova in un Paese alla cui occupazione contribuiscono quotidianamente anche gli stessi militari italiani non sia il luogo più sicuro del mondo, ma anzi necessiti di misure di sicurezza adeguate. Ma come può il governo italiano che continua a ribadire che i nostri militari sono in missione di pace, fare ammenda e annunciare che realmente la contingenza reale, in Iraq come in Afghanistan, sia quella succitata e quindi prendersi le responsabilità e ammettere che in una situazione di guerra, nella quale si trovano e alla quale contribuiscono attivamente anche le truppe italiane, i militari necessitano di maggiori misure di sicurezza che non siano quelle accordate per le peace keeping. Come porre rimedio a questo fatto? Facile: trovare tre capi espiatori, tre alti ufficiali e farli processare, portando avanti la tesi accusatoria che la caserma era “in pericolo imminente” - pur non motivando il perché - e che loro dovevano garantire sicurezza ai loro sottoposti. A nessuno poi, hanno pensato nel governo, verrà in mente di chiedersi per quale motivo la caserma doveva essere “in pericolo imminente” se chi ci viveva, come si sostiene, stava portando avanti una missione di pace. Peccato però che in tanti se lo chiedono ed hanno anche la risposta; perché la risposta è ogni giorno sotto gli occhi di chi riesce a vedere ed ad andare oltre quello che viene asserito dalle istituzioni ogni qual volta tentano di mistificare la realtà di vere e proprie guerre d’occupazione a cui i militari italiani partecipano in prima linea.
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