“Gli estremisti di destra o di sinistra che vengono a Torino per boicottare la Fiera del Libro - dedicata quest’anno all’entità sionista - vogliono delegittimare lo stato di Israele". Questo è stato il commento dell'ambasciatore israeliano a Roma, Gideon Meir, alle contestazioni di questi giorni. Il fatto è semplice: si può delegittimare uno Stato? Si può certamente contestare il governo che guida una nazione, ma nessuno metterà mai in dubbio, per esempio, la legittimità della Francia, della Spagna o dell’Italia. E questo per il semplice motivo che quegli Stati sono costituti dalla terra dei padri dei francesi, degli spagnoli o degli italiani. Ognuna di queste nazioni ha o ha avuto problemi in alcune regioni (la Francia in Corsica, la Spagna nei Paesi Baschi e l’Italia nell’Alto Adige) perché in quelle terre abitano popoli che linguisticamente, etnicamente e culturalmente sono differenti dal corpo del resto della nazione. Ambizioni di forti autonomie, se non di vere e proprie secessioni, possono in certo casi essere legittime, ma questo non mina la “legittimità” della nazione nel suo insieme. Quella di Israele è, invece, proprio un’altra storia. Sessanta anni fa, con un’operazione resa possibile soltanto perché alla fine della guerra si era creata una spartizione del mondo da parte dei vincitori, Israele venne creato di sana pianta e non su una terra disabitata, ma sul territorio ove da millenni viveva il popolo palestinese ed una minoranza ebraica in millenaria e pacifica convivenza. Ma c’è di più. La Palestina, che scomparve come tale dalle cartine geografiche, divenne meta di un’intensa immigrazione ebraica. Non si trattò, come vollero farci credere i media, di un ritorno nella “patria perduta”, perché gli ebrei dell’est europeo sono discendenti di popoli che non hanno mai vissuto in Palestina. Il nome per un’operazione del genere è uno solo: invasione. Israele si è poi subito distinto come uno Stato ove è in vigore una evidente discriminazione razziale a danno del popolo palestinese indigeno, ormai da decenni in lotta per la sua stessa sopravvivenza e costretto in campi profughi simili a veri campi di prigionia. Questo e solo questo rende Israele una nazione la cui legittimità è “dubbia”, senza alcun sentimento razzista e tanto meno antisemita, visto che i palestinesi sono certamente semiti. Israele da sempre cerca di confondere antisemitismo e antisionismo e la difesa della legittimità da parte di Israele non è altro che una ammissione di come la stessa Tel Aviv nutra dubbi sulla sua legittimità. Nessuno in Francia, Spagna o Italia ha mai avuto problemi del genere. Per questo ci sembra inopportuno dedicare all’entità sionista la Fiera del Libro di Torino come ci sono sembrate sempre inopportune le visite dei nostri rappresentanti isituzionali a Gerusalemme, città occupata illegittimamente dai sionisti, così come ribadito decine di volte dalle risoluzioni dell’Onu. Non vorremmo poi che proprio attraverso operazioni come quella di Torino si legittimi invece il regime liberticida di Tel Aviv a danno del popolo palestinese, perché quello sarebbe un vero crimine contro l’umanità.
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