Una catena di esplosioni ha devastato martedì notte la città di Jaipur, capitale del Rajasthan. Sette esplosioni in meno di 12 minuti hanno provocato almeno 80 vittime e 150 feriti. Le bombe sono state piazzate in prossimità di un tempio induista, nei mercati e perfino nelle vicinanze del monumento simbolo della città, l’Hawa Mahal. L’esplosivo era stato collocato su biciclette e risciò abbandonati nei luoghi dell’esplosione. La polizia avrebbe già fermato e interrogato quattro sospetti in relazione al loro possibile coinvolgimento negli attacchi. Già qualche mese fa il Rajasthan, Stato turistico per eccellenza, era stato colpito da un attacco terroristico. Difatti, lo scorso ottobre, un ordigno era saltato in aria nel santuario sufi dedicato al santo Khwaja Moinuddin Chishti ad Ajmer, provocando tre morti e una ventina di feriti. Si era pensato, in quel caso, a una sorta di ‘avvertimento’ ai musulmani moderati, visto che la Dargah di Ajmer è meta di pellegrinaggio e di devozione non soltanto da parte di musulmani ma anche di induisti. L’attacco a Jaipur, invece, colpisce la capitale di uno Stato governato dal partito nazionalista hindu del Bjp. Obiettivi differenti che, secondo gli analisti, farebbero però parte di una strategia del terrore che ormai da tempo affligge l’India, negli ultimi due anni teatro di azioni terroristiche che hanno avuto come obbiettivo città sacre per gli induisti come pure moschee, mercati e altri luoghi affollati. Dietro quasi tutti gli episodi in questione, secondo alcuni analisti, ci sarebbe la stessa mano: quella dell’organizzazione islamica integralista con sede in Bangladesh dell’Harkat-ul-Jihadi-al-Islami (HuIJ) legata alla rete terroristica del fantomatico Osama bin Laden. Scopo dell’organizzazione sarebbe prendere il potere in Bangladesh e convertire lo Stato in una nazione integralista sulla scia dell’Afghanistan dei Talibani, luogo in cui i miliziani dell’organizzazione si sarebbero addestrati prima di spostarsi in Pakistan sotto l’ala protettrice dell’Isi, il servizio segreto pakistano. Con ogni probabilità però, la risposta più immediata è anche quella giusta: il Pakistan c’entra, ma in prima istanza per la annosa questione del territorio conteso del Kashmir. Che poi si possa servire di gruppi terroristici del Bangladesh non è una ipotesi da escludere. La collocazione geografica dello Stato colpito dalle bombe di martedì notte, che confina sia con il Pakistan sia con il Kashmir, è sicuramente più indicativa riguardo alle motivazioni della nuova strage. E non sembra un caso che, proprio ieri, l’India abbia accusato il Pakistan di violare il cessate il fuoco in Kashmir. Pare infatti, secondo quanto riportato ieri dal quotidiano “Times of India”, che nella notte di martedì le truppe di Islamabad abbiano sparato con mortai ed artiglieria pesante contro un posto di confine indiano in Kashmir. L’accusa viene dall’esercito indiano e sarebbe avvenuto nella regione del Tangdhar, nel nord del Kashmir, al confine tra la zona indiana e quella pakistana della regione. Si tratterebbe quindi della seconda violazione in pochi giorni degli accordi di cessate il fuoco firmati da India e Pakistan nel novembre 2003. Venerdì scorso infatti ranger pakistani hanno aperto il fuoco su un gruppo di presunti terroristi che cercavano di scappare oltre il confine indiano.
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