Il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano oggi pomeriggio, essendosi completata la costituzione dei gruppi parlamentari, inizierà le consultazioni per la formazione del nuovo governo. La “liturgia” sarà quella di sempre. I primi a salire al Colle saranno i presidenti di Senato e Camera; seguiranno i rappresentanti dei gruppi parlamentari fino al pomeriggio di domani quando le consultazioni si concluderanno con i presidenti Emeriti della Repubblica, ovvero gli ex inquilini del Quirinale. Una vera e propria inutile manfrina, visto che il nome del presidente incaricato è noto da tempo, fin dal pomeriggio nel quale si materializzò la vittoria elettorale di Berlusconi e la disfatta di Veltroni, l’unico altro possibile candidato a Palazzo Chigi. Se non altro la parata di politici verso lo studio “alla vetrata” sarà più breve del solito visto che i gruppi, a meno di deroghe che però non appaiono probabili, saranno solamente sei, meno della metà del record di quattordici nella legislatura precedente. Viene da chiedersi che senso abbia un sistema istituzionale nel quale il presidente del consiglio dei ministri non è un premier, nonostante quasi tutti i media si ostinino a chiamarlo così, perché non è eletto direttamente dagli elettori e perché non nomina i ministri, ma viene a sua volta individuato da un presidente della Repubblica che però ha limitatissimi poteri ed un ruolo tutto sommato quasi solo di rappresentanza. Quando poi il sistema elettorale era maggioritario esistevano, almeno sulla carta, diverse possibilità di maggioranza di governo e le consultazioni del presidente potevano avere un senso. Ma adesso il ruolo del Quirinale è men che notarile, basterebbe un distributore automatico di incarichi con tanto di nomina di ministri incorporata. E tanto varrebbe che quando Berlusconi salirà al Colle per ricevere l’incarico sciolga direttamente la riserva e venga inviato alle Camere per il voto di fiducia, visto che il Cavaliere quel giorno avrà già in tasca la sua bella lista di ministri già pronta. Queste inutili liturgie non fanno altro che allontanare ancor di più gli italiani dalla politica. Dopo una campagna elettorale fin troppo lunga e zeppa di improbabili promesse (bipartisan) è ora di vedere i fatti, anche se gli italiani hanno già capito che, come al solito, i fatti non saranno in loro favore. Del resto la crisi è mondiale e per ripararsi dai guasti prodotti da un capitalismo sempre più selvaggio servirebbe una terapia d’urto a base di massicce dosi di socialismo e di sovranità nazionale: medicine che non sono alla portata di nessun governicchio che ha bisogno della benedizione di Washington e che rappresenta gli interessi della cricca mondialsita invece di quelli del popolo italiano che lo ha formalmente eletto. La sfida Berlusconi-Veltroni vale un derby calcistico e per questo è stata persino entusiasmante da vedere, ma come uno spettacolo qualsiasi. Il partito degli italiani, quello capace di guidare la lotta di liberazione dal mondialismo in parlamento certamente non c’è. E forse proprio per questo si concede tanta importanza alla liturgia di contorno, un trucco inventato dall’altra parte del Tevere, tanto tempo fa. |