L’intervista rilasciata dal presidente serbo, Boris Tadic (nella foto) lunedì sera all’emittente televisiva Rts, ha scatenato un’accesa polemica negli ambienti politici e nell’opinione pubblica. Tadic aveva evocato, infatti, la possibilità di una spartizione del Kosovo Metohija, secondo linee etniche. Di fatto, tale partizione esiste già: la parte serba (in minoranza) che abita la parte nord del “neo-stato kosovaro”, da secoli fa parte della regione; non avrebbe senso, quindi, riannetterla nel momento in cui è da sempre annessa. Dopo aver insinuato tale possibilità, ieri, il capo dello Stato, in un’intervista all’agenzia di stampa Tanjug, ha precisato le sue parole, dichiarando che ha proposto “la partizione del Kosovo come soluzione” ma ne ha parlato solo “come una possibilità dopo che siano esaurite tutte le altre”. Il presidente serbo ha poi sottolineato che “gli intellettuali in Serbia e l’opinione pubblica internazionale stanno discutendo sulla questione di una partizione, opzione che è stata considerata in tutti questi anni per trovare una soluzione al futuro status del Kosovo. Posso pensare a ciò solo nel momento in cui tutte le altre possibilità saranno state esaurite, mentre la domanda se io oggi sosterrei una soluzione di questo tipo è assolutamente ipotetica”. Il capo dello Stato serbo ha poi nuovamente insistito sull’importanza della mozione che la Serbia ha presentato all’assemblea generale dell’Onu al fine di ottenere il parere consultivo della corte internazionale dell’Aja sulla questione della dichiarazione unilaterale d’indipendenza del Kosovo, avvenuta lo scorso 17 febbraio. “Questo assicurerà la stabilità politica nei Balcani e sottrarrà la questione del futuro status del Kosovo dall’arena politica, e la inserirà in un campo legale”, ha spiegato Tadic. Il presidente ha poi ribadito: “Confermo la mia personale posizione e linea politica ufficiale dello stato serbo, unanime su questo tema del Kosovo – e che prevede un’autonomia essenziale. La Serbia non riconosce né riconoscerà mai l’indipendenza del Kosovo”. La Serbia, o meglio ciò che rimane della Serbia, continua, infatti, a lottare per mantenere la sovranità ed integrità territoriale nella sua regione. Il voto delle Nazioni unite, in merito alla legittima richiesta diplomatica serba, è atteso per il prossimo 8 ottobre. Le previsioni geopolitiche di Tadic hanno scatenato numerose e differenti reazioni: se Dragan Todorovic, nuovo leader dell’Srs (il partito radicale serbo) ha dichiarato che la proposta di Tadic non fa altro che celare le sue vere intenzioni e cioè “arrendersi all’indipendenza di Pristina e venire a patti con l’America e la Nato”, il “presidente” albanese-kosovaro, ha dichiarato “inaccettabili” le parole di Tadic. Secondo il presidente dello staterello fantoccio, Fatmir Sejdiu, il Kosovo – accettato finora da meno di 50 degli oltre 190 membri dell’Onu, ma dal grosso dei Paesi occidentali – “è ormai uno stato internazionalmente riconosciuto. E il resto è pura futilità”. Jakup Krasnigi, presidente dell’illegittimo parlamento kosovaro, ha dichiarato che “il nostro messaggio per tutti coloro che professano una spartizione del Kosovo è che hanno perso il Kosovo per sempre”. Nel frattempo, il governo serbo ha rafforzato la sua alleanza con gli Usa: ieri, Dragan Šutanovac, il ministro della Difesa serbo, ha firmato a Bruxelles il “Security Agreement”, un accordo di scambio di informazioni militari sensibili e confidenziali con la Nato. Si tratta di un “accordo tecnico che consente l’implementazione delle linee guida del documento di presentazione in cui si dichiara che saremo membri completamente sviluppati ed attivi della Partnership per il programma della pace (PfP). Né più né meno di ciò”, ha spiegato il ministro. Belgrado era stata ammessa al programma già nel dicembre del 2006, assieme alla Bosnia e al Montenegro, ma a differenza di questi ultimi, la Serbia è stata restia nella cooperazione all’interno dell’alleanza. Da allora, i rapporti con la Nato si erano interrotti a causa anche delle dichiarazioni dell’ex primo ministro Vojislav Kostunica, che aveva apertamente accusato l’alleanza atlantica di voler creare un “protettorato” in Kosovo. Finalità che oggigiorno, grazie all’attuale governo filo-atlantico, torna ad essere concreta e realizzabile. |